Un viaggio per gli occhi tra la ricchezza architettonica esagerata delle chiese del Salento e le decorazioni esuberanti dei suoi palazzi. Uno stile barocco unico, reso possibile dall’abilità degli scalpellini e dalla tenerezza della pietra leccese utilizzata. Che indurisce nel tempo per conservare fantasmagorie straordinarie.

I tronchi ritorti degli ulivi centenari sono figure scolpite dalla forza del vento. Figure impietrite nei secoli in pose fantastiche da un sole che si immagina rovente anche in una grigia, umida giornata dicembrina. La luce di cui si dice sia composto il colore di Puglia riesce a bucare le nuvole e riflette sui palazzi lucidi di pioggia le mille cromie create dal tempo sulla pietra leccese di cui sembra costruita l’intera città. Materiale tenero allo scalpello ma poco resistente, ha permesso la realizzazione di decorazioni preziose come arazzi sugli edifici che però si deteriorano facilmente e necessitano di una costante manutenzione. Le facciate delle chiese sono un tripudio di figure allegoriche, simbologie religiose e non, in una gara cristallizzata nel tempo fra architetti che si contendevano il primato della decorazione più ricca.

Oppure, come nel caso di Santa Irene e Santa Croce a Lecce, costruite nello stesso periodo, erano gli operai stessi in gara a chi completava prima il cantiere. Si può dire che la costruzione della Basilica di S. Croce cominciò nel 1510 con la cacciata degli ebrei, a cui furono requisite case e proprietà per trasformare l’area, già sede di un monastero del XIV secolo, in una importante zona monumentale. Completata a più riprese fra il 1549 e la metà del secolo successivo da insigni architetti della città, Santa Croce è il più compiuto esempio del barocco leccese. Strega lo sguardo anche del più frettoloso e distratto dei passanti la lunga balconata sorretta da telamoni: sei figure umane in abiti turchi, che alludono ai prigionieri catturati dalla flotta veneziana durante la battaglia di Lepanto, e sette figure animali, che potrebbero invece alludere alle potenze cristiane alleate. Per gli appassionati cultori del barocco sarà facile passare decine di minuti a scoprire volti nascosti tra fiori, croci e simboli arcani, a perdersi nel fasto dello splendido rosone ai cui lati si trovano le statue di Papa Celestino V e San Benedetto o ad ammirare le due statue femminili rappresentanti la Fede e la Fortezza e la ricchezza del prezioso timpano. All’interno della chiesa, a croce latina, sono presenti 17 altari fatti eseguire dalla nobiltà leccese che competono per ricchezza e originalità. Vincitore fu considerato l’architetto Antonio Zimbalo che, in un intricatissimo bassorilievo, racconta tutta la vita di S. Francesco da Paola. L’elaborata facciata non ebbe unanime consenso: considerata inizialmente di pessimo gusto, venne rivalutata nel XX secolo quando furono pubblicati numerosi studi sui suoi simbolismi e oggi ha preso la sua definitiva rivincita, quale consacrato capolavoro del barocco e simbolo stesso della città.
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