“Il più bello dei mari è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto”
Nazim Hikmet
Per quanto diversi possiamo essere, condividiamo la nostra umanità ed un comune destino su questa terra, come continuiamo a formare e ad essere formati dal nostro ambiente. Tutte le nostre esperienze, si realizzano nel paesaggio che permette e riflette tutto della vita quotidiana. Il paesaggio è il linguaggio universale, e la conoscenza di esso è qualcosa di intimo e basato su sentimenti molto profondi. Chi è abituato a immaginare come uniche destinazioni marittime le classiche città rivierasche come Rimini o Riccione, oppure le coste più belle della Sardegna e della Sicilia, o magari, andando un po’ più lontano, le isole greche o spagnole dovrà riordinare un po’ le sue idee inserendo nell’elenco anche una città turca che da una quindicina di anni o forse più, è diventata una delle capitali del turismo nel Mediterraneo: Antalya.
Affacciata sul Mar Mediterraneo, è cresciuta rapidamente negli ultimi decenni soprattutto grazie alla spinta dell’industria turistica e oggi conta più di un milione di abitanti. Le sue origini sono molto antiche: passata dal dominio persiano a quello di Alessandro Magno, deve il suo primo nome, Attaleia, ad Attalo II di Pergamo che la ricostruì nel II secolo a.C. Duecento anni più tardi, cadde sotto il dominio romano e poi bizantino, quando divenne una base logistica per le imprese dei crociati. Nonostante sia in gran parte una città moderna, Antalya conserva ancora il porto romano, e le mura bizantine. Ha tutte le caratteristiche di una città orientale. A livello paesaggistico è vermente particolare, ed è una vera gioia per gli occhi. Vasta e fertile la pianura della Pamfilia che si estende dalle montagne dei Tauri fino al Mediterraneo, è attraversata da numerosi fiumi, ed è famosa per la presenza di cascate. Città attraente, con viali di palme e la sua nota marina.
Il più famoso munumento è l’Yivil Minare (letteralemente, minareto scanalato) che domina il panorama della città. L’altro minareto è il Kesik Minare (minareto spezzato) e sorge nella parte orientale della città vecchia. Risalendo dal porto, si passa attraverso Kaleici, la città vecchia appunto, è un bazar attraversato da una rete di viuzze fitte di negozi di artigianato, gioielleria e ogni tipo di souvenir. In tutta la zona, dichiarata di interesse storico, è proibita la costruzione di edifici moderni. Così le antiche case turche, caratterizzate da una facciata immacolata e da un secondo piano sporgente, sono state restaurate e convertite in hotel, ristoranti di lusso e negozi di tappeti, hanno ceduto al “commercio”. Il paese è pieno di bar e ristoranti di stile europeo. Per gustare il pesce il posto migliore è l’Halk Pazari (mercato della gente) dove vi sono un’infinità di ristorantini dall’arredamento semplice, ma che offrono gustosissimi piatti turchi. Lo shopping ad Antalya è un paradiso per gli appassionati, ed io sono la prima. Vi è un’offerta enorme di lavori artigianali fatti a mano: tappeti, ceramiche, oggetti in rame e pipe di schiuma di mare. Anche i gioielli sono un buon acquisto da fare in Turchia: gli artigiani orafi sono molto bravi e la produzione è molto vasta. Molto caratteristici sono i mercati rionali di Antalya (tra cui consiglio quello di Isiklar il mercoledi’) con frutta, ortaggi e spezie di tutti i generi. Vi è un’offerta enorme di belle boutique di Antalya con prezzi molto vantaggiosi. Oltre che per le spiagge è famosa per essere la città delle marmellate. Vi sono marmellate di Antalya dai gusti più inconsueti: ai fiori di limone, all’anguria, ai datteri , al pompelmo rosa e, specialità tra le specialità, alla melanzana. Nei villaggi intorno ad Antalya durante l’inverno vivono i yörük, popolazioni semi nomadi che fabbricano tappeti a mano usando colori vegetali e la lana delle pecore che posseggono. I colori dei tappeti: blu, rosso e verde scuro, riflettono la loro cultura nomade. L’ arte del tappeto si perde nella notte dei tempi: in Asia Minore sono stati rinvenuti frammenti che risalgono all’antichità. Si differenziano per tipo di fabbricazione, a mano che sono i più pregiati, e a macchina. Per materiale (in ordine di valore: seta, lana, cotone, nylon), per uso (tappeti da preghiera, di piccole dimensioni; kilim, sumak e cicim, tessuti; tappeti veri e propri, annodati), per il nodo (senneh, ghiordès) e per provenienza, con riferimento al nome della città. Difficile stabilire il valore di un tappeto, occore considerare molte cose, e al posto di cercare il “grande affare”, entrate in un negozio di fiducia e comperate quello che vi piace di più, tenedo presente che se un tappeto è molto antico non lo potete esportare, ma sarà difficile tornare a casa senza una di queste meraviglie, resistere sarà molto difficile.
Testo: Samantha Lamonaca
Foto: Giovanni Tagini