Marco Polo, qualche secolo fa, la definì “la più nobile città del mondo e la migliore“ e se ad oggi la competizione per il primato di nuova capitale del globo è aperta, Hangzhou resta di sicuro la più bella città di tutta la Cina. Hangzhou si adagia mollemente attorno al Lago dell’Ovest, il West Lake
che è il simbolo e il cuore della città, un tranquillo specchio d’acqua che riflette le immagini degli alti grattacieli a nord e sul quale navigano indolenti piccole imbarcazioni. Hangzhou e il suo lago, quasi una storia d’amore che si sviluppa nelle lunghe passeggiate che si possono fare ai suoi bordi, tra i parchi più belli e curati che sia mai stato dato di vedere: minuscole pagode sorgono dall’acqua, vecchi cinesi passeggiano e fanno ondeggiare la braccia in ripetitivi esercizi ginnici, piccoli scoiattoli giocano a rincorrersi nell’erba tagliata di fresco che pare un campo da golf. C’è una cura quasi maniacale per l’ordine e l’estetica di questi parchi tanto che addirittura i fili elettrici dei lampioni, che illuminano le fronde degli alberi di notte, sono mascherati con della finta corteccia da cui spuntano delle foglie di plastica di un verde acceso. Nel mezzo del lago le due isole, l’isola di Yinghzhou (dove nelle notti di luna piena le pagode vengono riempite di candele e il riflesso del satellite si specchia in tre piccoli stagni) e il Padiglione del Lago, attraggono gli abitanti del luogo che vi si recano durante il fine settimana
per scampagnate in famiglia o per celebrazioni fastose, quali erano già state descritte nel Milione. Le torri di pietra che Marco Polo descriveva nel suo racconto sono andate per la maggior parte distrutte e sono state ricostruite secondo i nuovi canoni del turismo cinese. Sorprende giungere ai piedi di un’enorme pagoda grazie a una scala mobile, ma non c’è niente di strano: modernità e tradizione sopravvivono in tutto il paese a volte in toni contrastanti ma ad Hangzhou convivono in un connubio armonioso. Il
quartiere di Wushan è un classico esempio di ricostruzione ben riuscita: le facciate dei vecchi edifici sono state preservate e restaurate e interi palazzi sono stati eretti conservando lo stile e il gusto dei loro più antichi vicini. Nelle strade pedonali si succedono bancarelle e spacci di tè, commercianti di tabacco e negozi di souvenir, vetuste farmacie ed una miriade di ristorantini che vengono assaltati da orde di golosi. Hangzhou nasconde anche la prima scuola d’arte del paese e in un edificio moderno è possibile ammirare le opere degli studenti che spaziano dalla calligrafia cinese fino a sculture di gusto contemporaneo. E l’arte esce dalle mura di questo grosso immobile in cemento per invadere la città ed il suo lungolago: la scultura di un bufalo nero spunta dall’acqua del West Lake a ricordare una vecchia leggenda, un pescatore di bronzo cerca di arpionare un pesce invisibile e anziani dall’aspetto centenario tracciano sull’arenaria delle passeggiate, con enormi pennelli intrisi nell’acqua, arzigogolati
ideogrammi che lentamente evaporano. All’epoca del grande esploratore italiano qui vivevano già un milione e seicentomila persone, oggidì sono sette i milioni i cinesi che qui abitano, ma grazie alle lunghe strade e ai larghissimi marciapiedi non si ha mai l’impressione di trovarsi in un luogo affollato: la città ha saputo svilupparsi in modo coscienzioso mantenendo l’essenza che Marco Polo aveva captato più di settecento anni fa. A tratti, sembra di stare a New York o sugli Champs Elysées a Parigi: i negozi di lusso si affacciano sulla strada principale bellissime donne abbigliate elegantemente con le migliori marche europee e dai tacchi vertiginosi (qui, per qualche ragione, le donne sono davvero più belle) sgambettano velocemente lungo i viali della città, lussuose macchine occidentali da tremila di cilindrata percorrono ordinatamente le strade della città e, grandissimo segno di civiltà, ai semafori, per proteggere i ciclisti e i motociclisti dal caldo e dalle intemperie, sono sistemate delle tende che li
riparano, nell’attesa del verde, nelle corsie a loro riservate. Anche la vita notturna di questa città non ha niente da invidiare all’occidente: la sera comitive di giovani alla moda, donne dalle minigonne minimaliste e ragazzi dai jeans attillati e dalle pettinature improbabili, affollano le discoteche e i bar karaoke nei pressi del West Lake e ballano e bevono costosi cocktail e birra ghiacciata fino alle ore piccole del mattino. All’uscita dei locali dei piccoli chioschi improvvisati offrono spiedini di carne e ravioli al vapore a chi vuol fare un ultimo spuntino prima di andare a dormire. Hangzhou, simbolo eclatante del capitalismo alla cinese, è una città ricca e non si vergogna di dimostrarlo e dopo aver visto l’opulenza dei propri abitanti non sorprende vedere il concessionario della Ferrari di fianco a quello della Porsche e quello della Lamborghini attaccato a quello della Rolls Royce. Di sicuro, nei sobborghi della città vivono le masse povere che permettono ai neocapitalisti cinesi uno stile di vita che fa a botte con lo stereotipo di una Cina in via di sviluppo, ma non si vedono, sono nascoste, lontane. Hangzhou offre al visitatore straniero un’immagine della Cina che sorprende, quella di un paese che ha finalmente realizzato il sogno americano all’interno dei propri confini e si propone al mondo occidentale dicendo “lo vedi? Non sono poi così male”. Hangzhou, venite anche voi per essere sorpresi.
Testo e foto di Matteo Il blog di Matteo
Chi è Matteo?
Della stessa serie:
1 – Easy Rider
2 – Dimentica Halong Bay
3 – Sapa la vera gemma del Vietnam
4 – Cina un continente sconosciuto
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