“Quanno nascette Ninno a Bettlemme
Era nott’ e pareva miezo juorno.
Maje le stelle – lustre e belle –
Se vedetteno accossì:
E a cchiù lucente
Jett’a chiammà li Magge all’Uriente”
(Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)
Esco dall’aereoporto e leggo su una scritta cubitale “Napoli Capodichino” ma non serviva certo l’insegna per capire dove mi trovo: la vita brulicante di questa città, il suo carattere scanzonato e contemporaneamente complesso ti entrano subito dentro. La metà del sangue che mi scorre nelle vene appartiene a questi luoghi e si risveglia appieno, le orecchie percepiscono la cadenza tipica partenopea e una parte di me si sente di nuovo a casa. Trovare qui lo spirito vero del Natale può sembrare una missione impossibile e blasfema, però i miei ricordi tracciano, con contorni sfumati, immagini di una profonda dedizione popolare mista a pura superstizione. In fondo, la festa comandata è carica di diverse valenze: il consumismo, la religiosità sincera, la voglia di calore familiare, gli scongiuri e tanto altro. Tolgo lo zaino dalle spalle e consulto la guida leggendo le notizie riguardo la Via San Gregorio Armeno: si tratta di una strada del centro storico di Napoli situata tra il quartiere “Spaccanapoli” e la Via dei Tribunali; ha una storia secolare che risale alla dominazione romana e un tempo collegava il Decumano Maggiore (attuale Via dei Tribunali) con il Decumano Inferiore (attuale Via San Biagio dei Librai). Qui sorgeva un tempio dedicato a Cerere a cui venivano offerte piccole statuine in terracotta fabbricate nelle botteghe dei dintorni, poi questa tradizione si è conservata ed evoluta nei modi che conosciamo. Oggi, quando si parla di Via San Gregorio Armeno, si parla della Via dei Presepi per antonomasia ed è qui che si concentrano i migliori laboratori artigianali specializzati nella produzione dei personaggi che popolano il presepe. Mentre mi dirigo verso la meta ripenso a quando ingenuamente chiedevo a mia madre il significato dei cornetti rossi da cui ero attratto sia per la forma che per
il colore vivo, e lei mi spiegava che, secondo l’immaginario folkloristico, sono dei talismani contro il malocchio. Sorrido notando dei turisti che, fermi davanti ad alcune mattonelle e piatti, cercano di capire cosa significano scritte del tipo “ccà nisciuno è fesso” (qui nessuno è fesso), “nun sputà ‘n cielo ca ‘nfaccia te torna” (non sputare verso il cielo perchè ti ricade sulla faccia) oppure “te piace ‘o Presepio?” (ti piace il Presepe?). Finalmente vedo l’indicazione di Via San Gregorio Armeno e noto che la viuzza, essendo mattina presto, non è ancora congestionata di folla. Sorprende ritrovare un personaggio della commedia dell’arte su queste bancarelle, ma si potrebbe stabilire senza esagerare l’equivalenza Pulcinella = Napoli. La maschera dal vestito bianco e dall’adunco naso nero rappresenta la leggerezza, l’allegria e la malinconia tipica locale: uno spiccato senso teatrale e melodrammatico che anima i gesti quotidiani della gente comune e dei commercianti. Quel che
distingue le statuette dei pastori del capoluogo campano è la cura per i dettagli che sottolinea una volta di più l’attenzione per il rito della preparazione del presepe. Mi fermo a contemplare tutto questo per fissarlo sia nella memoria digitale della macchina fotografica che nel cuore poiché questi manufatti esprimono amore e dedizione popolare. Gli acquirenti sono in grado di comporre un angolo della loro casa in mille modi diversi grazie alla Sacra Famiglia, al bue, all’asinello, ai Re Magi rappresentati in innumerevoli posizioni e costumi. Inoltre è anche possibile acquistare i personaggi animati che si muovono grazie a dei meccanismi particolari infornando pizze, tosando pecore, rimescolando pentole e arrotando metalli. Le figure sono appoggiate su mensole a digradare come scale su cui si affollano e i prezzi che le accompagnano arrivano fino a quattro cifre. Il costo di questi capolavori è giustificato dall’insuperabile
tecnica che li ha modellati. Infatti le botteghe sono tante, ma solo alcune continuano la tradizione dei maestri presepiali. In una di queste c’era un uomo che poteva fregiarsi del titolo di maestro presepiale per eccellenza: Giuseppe Ferrigno. Ora l’arte è stata tramandata al figlio Marco che si rivela un degno erede e mi spiega volentieri la storia, la tecnica e i materiali utilizzati per la realizzazione delle opere di famiglia. L’impresa ha una tradizione molto antica risalendo addirittura al 1836 e, in una prima fase, prevedeva il restauro dei pastori e non l’ideazione, avviatasi in seguito grazie proprio a Giuseppe che riesce a dare uno splendore incredibile alla semplice terracotta. Le sue figure sono ispirate alla Napoli del XVIII secolo e sono state riconosciute a livello internazionale a Parigi, New York e persino alla corte del Re di Spagna. Lo stile che anima i personaggi di questa bottega mi fa rimanere a bocca aperta perché lascia trasparire il rispetto del canone classico, unendolo all’innovazione e alla ricerca del bello. Le statuette vanno dai 6 ai 60 centimetri e ogni elemento costitutivo è in realtà un componente
d’eccezione: occhi in cristallo, arti in legno, testa in terracotta, frutti in cera, strumenti in madreperla, accessori in argento, ricami in oro e abiti in seta di San Leucio. Stringo la mano a Marco ringraziandolo ancora una volta per aver condiviso con me la sua passione e, continuando la passeggiata, noto con piacere che lo spirito satirico di queste parti è rimasto inalterato. Le caricature in terracotta dei protagonisti dello sport, dell’attualità e del gossip fanno capolino sulle bancarelle e riesco a distinguere Michael Jackson, Lele Mora con Fabrizio Corona, Barack Obama, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Maradona, Pietro Taricone e tanti altri. L’ultimo luogo che visito in questa strada è il Monastero di San Gregorio Armeno retto dall’ordine delle Suore Crocifisse Adoratrici. Chiudendo il cancello sembra di aprire al contempo la propria anima e di poterla finalmente ascoltare: il silenzio lascia che i passi lungo la scalinata
riecheggino e la confusione di prima sembra un lontano ricordo. La Chiesa è stata eretta sulle rovine del Tempio di Cerere e sono state completate da poco le operazioni di restauro che hanno reso ancora più belle opere grandiose come il soffitto ligneo intagliato e decorato dal pittore fiammingo Teodoro d’Errico. L’emozione indimenticabile è per me quella di sedermi nel chiostro allontanando ogni altro pensiero mentre la pace mi invade. Qui, seduto vicino alla fontana marmorea barocca affiancata dal Cristo e dalla Samaritana di Matteo Bottiglieri, una serenità sconosciuta mi invita a tornare nel mondo con rinnovata energia. Adesso sono pronto a rispondere alla domanda di Eduardo De Filippo che nella commedia “Natale in Casa Cupiello” dice: “te piace ‘o presepio ?”
Testo, foto e video di Mauro Pinto
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