Il 14 giugno è iniziata quella che possiamo chiamare fase 2 del nostro viaggio. I primi due mesi che hanno visto Silvia esplorare alcuni progetti viaggiando in “solitaria” sono finiti e adesso siamo finalmente tutti e due con lo zaino in spalla. Dopo aver trascorso qualche giorno a San Josè, seguendo il nostro itinerario, dopo circa cinque ore di autobus, siamo arrivati a Monteverde dove stiamo lavorando presso il Centro Cientifico Tropical, situato all’interno della Reserva Biològica Bosque Nuboso. Ogni mattina alle 6.15 prendiamo il bus che in venti minuti ci porta alla riserva e torniamo a casa con il bus delle 16.
La foresta nuvolosa è davvero ben organizzata e le persone che lavorano per il Centro Cientifico Tropical sono molto preparate e lavorano con molta passione. Il primo giorno infatti ci hanno esposto i loro progetti, spiegato l‘importanza dell’educazione ambientale attraverso delle presentazioni videovisive, parlato della storia della riserva e ci hanno fatto fare un piccolo tour guidato. Si tratta di una organizzazione privata senza fini di lucro, i cui obiettivi principali sono la protezione, conservazione, ricerca ed educazione. Il turismo infatti rappresenta solo un elemento assolutamente aggiuntivo e complementare all’attività. Basta pensare che di più di 4000 ettari di foresta solo il 3% è accessibile ai turisti attraverso dei sentieri.
La cosa interessante è che i funzionari in carica ci hanno dato piena libertà nel proporre idee e progetti in funzione della riserva. Adesso stiamo pensando a come poterli aiutare a sviluppare i loro progetti di educazione ambientale, abbiamo già in mente alcune iniziative da intraprendere nelle scuole locali e idee dal punto di vista del marketing strategico e non vediamo l’ora di proporgliele. Intanto lunedì andremo nella scuola di San Luis insieme alla responsabile del CCT Mercedes per attuare un progetto di riforestazione. Siamo ospiti della signora Adilia, una signora che vive ormai da sola in una modesta casa che si trova nel piccolo paese di Santa Elena. E’ una casa umile, piccola ma accogliente, con i muri in cemento grezzo e le camere separate da pannelli di legno. Il soffitto è in lamiera e quando piove il suono della pioggia sembra amplificato di almeno cento volte, ma a noi non dispiace. Adilia è una gentilissima signora tica di 62 anni. Ci da un letto dove dormire, ci prepara la colazione, ci cucina la cena e ci offre sempre delle buonissime tazze di caffè costaricano prodotto nella finca (fattoria) a pochi km da qui. Il valore aggiunto di questa homestay è dato dal fatto di sentirci a casa nostra, di farci lunghe chiacchierate e condividere momenti piacevolissimi dove Adilia ci insegna i segreti della cucina locale e ci mostra orgogliosa i suoi prodotti di sartoria e di artigianato creati utilizzando materiali riciclabili. Inoltre grazie ai suoi contatti con molte persone ci ha dato la possibilità di accedere gratuitamente a dei tour costosissimi (parliamo di 30 dollari a persona).
La sensazione non è quella di sentirsi trattare come ‘semplici turisti’, e quindi come mucche da mungere, ma da viaggiatori che vogliono aiutare e che vogliono vivere lo stile di vita locale. La gente del luogo appena sa che siamo volontari e che stiamo viaggiando nel loro Paese per il nostro progetto, cerca in tutti i modi di aiutarci e ci fa sconti (come ad esempio sull’autobus per raggiungere la riserva anziché 1000 Colones, ne paghiamo solo 450) e ci tratta con molta stima e rispetto per quello che facciamo.
Per scoprire chi sono Silvia e Toti leggi questo articolo.
Testo e foto di Love4Globe