Un itinerario spirituale intrapreso da credenti ma anche da sempre più numerose persone in cerca del sé, lungo strade dichiarate Patrimonio dell’Umanità.
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Era circa l’anno 813 quando venne ritrovata a Compostela, in Galizia, la presunta tomba di San Giacomo il Maggiore. Il Cammino di Santiago è da sempre legato a questo luogo di culto che si intreccia all’immagine del Santo che, nell’iconografia, viene rappresentato come un alfiere soprannaturale, vessillo della ribellione spagnola al dominio islamico. Figlio di Zebedeo, Giacomo era uno dei 12 apostoli. Dopo la resurrezione di Cristo per molti anni viaggiò per la penisola iberica compiendo opera di evangelizzazione. Tornato in Palestina fu fatto decapitare dal re Erode Agrippa che temeva il troppo potere dell’apostolo. I suoi discepoli Attanasio e Teodoro ne raccolsero il corpo e lo trasportarono segretamente con una nave nei luoghi della predicazione. Sbarcati nei pressi di Finisterre si addentrarono in Galizia e gli diedero sepoltura. Le vie che conducono a Santiago di Compostela sono infinite, provengono da tutta Europa e sono costellate di meraviglie architettoniche che hanno reso possibile l’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco di questa zona. Anticamente, il pellegrino prima di partire si liberava dei propri averi, dovendo spesso vendere o ipotecare i beni per poter finanziare il viaggio. La scelta di fare un pellegrinaggio era normalmente
una libera decisione personale per chiedere una grazia, per adempiere ad un voto o per una personale ricerca religiosa. In molti casi, tuttavia, era imposto come pena dal giudice o come penitenza dal confessore per colpe o peccati di particolare gravità. Chi era ricco aveva la facoltà di mandare una persona a fare il pellegrinaggio in propria vece. I pellegrini, per darsi sostegno e proteggersi reciprocamente, avevano l’abitudine di viaggiare in gruppo. I pericoli erano rappresentati dallo stato precario delle strade, dalle calamità naturali e soprattutto dai banditi che popolavano le strade. Il percorso totale da percorrere prevede ottocento chilometri e il più frequentato è quello che parte da Roncisvalle e passa attraverso le province della Navarra, Rioja, Castilla e Galicia. Camminare lungo queste strade fa scoprire la percezione dell’immensità dello spazio aperto
mentre si osserva l’orizzonte che cambia continuamente, cosa ormai dimenticata da chi vive in città. Tutti sono pellegrini ma ognuno ha le sue motivazioni. C’è chi è credente e cammina pregando, c’è l’appassionato di fotografia che, in abbigliamento tecnico, percorre l’itinerario immortalando le bellezze architettoniche. Ci sono giovani freaks che camminano scherzando e schiamazzando e anziani che procedono convinti che questa sia una perfetta preparazione atletica per affrontare un gelido inverno inglese. Molte sono le donne che viaggiano in solitaria. Un’attrice di teatro canadese che prova l’acustica nella cattedrali, una casalinga austriaca che su cartoncini disegna con la china gli scorci più caratteristici per poi inviarli agli amici. . Poi c’è la pietra a rendere speciale l’itinerario. Oltre all’infinita spirale che attualmente vanta un diametro di trenta metri e che continua a crescere con il passare dei pellegrini, ci sono le pietre utilizzate per fermare i foglietti con i messaggi per altri viaggiatori, o quelle che formano composizioni piane o erette che ricordano ancestrali opere creative. Antico linguaggio di chi cammina. Di pietra sono fatte le chiese, tante lungo il Cammino, più belle quelle sobrie fuori dalle grandi città che custodiscono un silenzio religioso e commovente dove si sente la profondità del pellegrinaggio. All’imbrunire si arriva ad un Albergue, sorta di ostelli, per soli pellegrini, distanziati al massimo da venticinque chilometri. Si presenta la credencial bollata all’ultimo albergue dove si è riposato, si prende
una doccia e si gode del senso di libertà dato dalla promiscuità tipica degli stanzoni con decine di letti a castello. Si mangia insieme in piccole osterie per pellegrini dove le portate sono spesso una zuppa di vegetali (la migliore secondo me quella di aglio e pomodoro), un piatto di carne, frutta, yogurt ed una fetta di torta. L’arrivo a Santiago per alcuni è meraviglioso: con tutto lo zaino si lasciano cadere davanti alla grandiosa facciata della cattedrale intrisi di stanchezza ed euforia, increduli e stralunati. Altri restano delusi dal caos della città e dallo sfarzo all’interno della cattedrale, il colore dell’oro è dappertutto moltiplica la poca luce filtrata dalle vetrate policrome, niente di più lontano dal silenzio cui ci si abitua durante il Cammino, gli orizzonti si sono ristretti ed il cielo è ritagliato dai palazzi. Chi non si accontenta
riparte per l’altra fine del Cammino, l’ultima. In un paio di giorni a piedi, o in un paio di ore in autobus, si arriva a Finis Terrae, il faro sulla costa rocciosa dell’oceano, dove con un po’ di fortuna, si incontra la nebbia che si alza sul mare, l’infinito. Lungo questo Cammino, più che in altri luoghi, ci si può davvero sentire cittadini del mondo perché è il mondo stesso che si riunisce qui.
Testo e foto di: Gavino Lo Giudice
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