Il mio grosso, grasso matrimonio turco

Ricetta per un perfetto grosso, grasso matrimonio turco. Ingredienti: due sposi innamorati, abbondati quantità di amici e parenti, corpi liberi e sfrenati sulle note di melodie mediorientali, emozione e progetti futuri, un abito bianco alternato a colore e tradizione, uno spropositato numero di portate di delizioso cibo turco, il tutto condito da una spolverata di genuinità, passione ed entusiasmo.

Tempo di cottura: un’intera notte da ricordare per tutta la vita. A fare da cornice al lieto evento è il suggestivo paesaggio della città di Antiochia, conosciuta anche come Antakya, terra di confine tra Turchia e Siria, impregnata di storia e sacralità, situata sulle sponde del fiume Asi Nehri, l’antico fiume Oronte. Nei secoli passati era riuscita a guadagnare il titolo di “Regina d’Oriente“, grazie alla propria vivacità commerciale e culturale. Oggi, invece, è famosa specialmente per ospitare la chiesa rupestre che prende il nome di Grotta di San Pietro, in cui l’Apostolo predicò per la prima, primissima volta nel corso della storia. Il luogo del ricevimento, un elegante palazzo in stile ottomano non molto distante dal centro urbano, si prepara ad accogliere centinaia di ospiti in trepida attesa. Sulle tavole imbandite, vestite di candide tovaglie bianche, risalta il blu intenso delle bomboniere, costituite da piccoli Nazar Boncuk, ovvero il tipico talismano di matrice turca a forma di occhietto che serve a respingere gli spiriti negativi. In attesa che arrivino tutti gli invitati, mi viene offerto del . Bisognerebbe cambiare l’espressione “fumare come un turco” in “bere il tè come un turco”. Lo chiamano çay, lo servono in piccoli bicchierini di vetro dalla forma affusolata e, accompagnato da secolare ritualità, lo si consuma a qualsiasi ora del giorno e della notte. Viene servito sempre troppo caldo quindi, nell’attesa che si raffreddi, si approfitta di quei pochi minuti per godersi un attimo di pausa e per scambiare due chicchere in compagnia. I genitori degli sposi, cercando di camuffare quel misto di emozione e nervosismo, sorridono orgogliosi davanti all’entrata del palazzo, dando il benvenuto alle sempre più numerose macchine che giungono davanti all’ingresso. Sì, lo voglio. E’ finalmente tutto pronto, che la festa abbia inizio! Una volta a tavola non riuscivo a trattenermi dal voler assaggiare tutto. Il cibo era delizioso. Grazie alla sua posizione geografica, Antakya presenta numerose affinità con la cultura araba, specialmente per quanto riguarda la sfera culinaria. Il mio palato, quindi, aveva davanti a sé l’imbarazzo della scelta: generosi piatti di hummus, salsa di ceci e semi di sesamo, condita con dell’ottimo olio di oliva, aglio, succo di limone, prezzemolo tritato e paprica. E poi ancora falafel, polpettine fritte e speziate a base di fave, alternate a generosi piatti di olive e muhammara, una salsa cremosa di peperoncino, pane grattugiato e noci. Il tutto innaffiato da litri di fresco vino bianco e raki, una bevanda altamente alcolica nonché motivo di vanto nella tradizione turca, costituita da acqua, anice e menta. E’ incredibile come degli ingredienti così semplici possano dare vita a piatti così ricercati. Gli sposi, dopo essere gloriosamente entrati nella sala, accolti dagli applausi di tutti i presenti, hanno salutato ogni singolo ospite. Lei, avvolta in un bellissimo abito bianco, portava con sé un cestino all’interno del quale gli invitati porgevano in dono una moneta d’oro. In alternativa, chi preferiva regalare direttamente del classico ma sempre ben gradito denaro, lo attaccava con una spilla da balia direttamente sulla giacca del festeggiato. Le danze si aprono sulle note di abili percussionisti e suonatori di zurna, uno strumento a fiato tipico dei paesi arabi. A partire da quel momento il ritmo mediorientale inizia a scorrere nelle vene di ogni invitato, impossessandosi dell’intera sala. Come da tradizione, anche se per pochi minuti, tutti i presenti hanno la possibilità di ballare con la coppia e di festeggiarla, quindi, attraverso il potente fascino della musica. Decine e decine di mani nuotano libere nell’aria, facendo schioccare le proprie dita. Il compito degli uomini è piuttosto semplice: mantenere le braccia alte e distese lungo i lati, compiendo dei piccoli passi intorno alla propria figura. Le donne, invece, più femminili, fanno roteare le proprie mani in alto, come se avessero un’invisibile matita tra le dita con la quale disegnare tante immagini differenti, per poi, a fine serata, indovinarne il profilo. Moderne danzatrici del ventre con i tacchi alti ripercorrono fiere secoli di storia attraverso i movimenti del proprio corpo. Avevo la sensazione di trovarmi all’interno di un film, circondata da un autentico, puro e bellissimo spirito turco, osservata e silenziosamente protetta dai numerosi occhietti porta fortuna intenti a scacciare ogni tipo di energia negativa. Sapori e colori mediterranei di una terra non troppo lontana che si incontrano per tessere un filo unico che unisce tradizione a contemporaneità. La testimonianza di un popolo che continua ad ammaliare grazie alla propria essenza genuina. Una finestra su un panorama ricco di sfumature dai colori caldi, accesi, vivi. Un innato bisogno di condivisione e ospitalità che, purtroppo, troppo spesso ha smesso di far parte del nostro quotidiano. Una giovane coppia che conferma, davanti agli occhi di centinaia di testimoni, la solidità del proprio amore. Un frammento di mondo nel mondo. Un frammento di musica nella musica. Un frammento di bellezza nella bellezza. Tutto nel tutto. Un grosso, grasso matrimonio turco.



Testo e foto di Cristina Buonerba

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