Una data rimarrà per sempre impressa nella storia di Agadir: il 29 febbraio 1960. Un giorno da dimenticare, il giorno in cui la terra ha tremato e distrutto, trasformando questa città in un cumulo di rovine. Gli abitanti se lo ricordano bene quel giorno, in cui morirono più di 12.000 persone. Dalle rovine rinasce la storia, anche quella di Agadir.
Dell’antica Agadir, di cui si incominciò a parlare nel XVI secolo, quando i portoghesi vi costruirono il fortino di Santa Cruz de Cap de Gué, non è rimasto nulla. Perse anche le testimonianze della dominazione del sultano sadiano Mohammed ech-Cheikh, che strappò la città agli europei nel 1541. Non esiste più nulla, eccezion fatta per le mura della kasba sulla sommità della collina di Cap Ghir che domina la baia.
Terra sfortunata Agadir, di ombre e luci. Ma dalla cenere si risorge e il tragico evento ebbe l’effetto di far diventare Agadir città di vacanze. Simbolo di questa trasformazione è il lungomare, che con l’ampio boulevard Mohammed V e la baia è stato trasformato in un unico grande lido in cui sono sorti alberghi, villaggi turistici, bar, ristoranti e discoteche.
Una seconda giovinezza resa possibile anche dal clima mite e il mare smorzato dall’impeto dell’onda oceanica dall’ampio promontorio di Cap Ghir.
Nonostante i suoi punti di forza Agadir è solo il punto di partenza per un viaggio ben più ampio, ben più ammaliante di una lunga spiaggia, la città esaurisce in fretta le sue attrattive. Una di queste è il vasto porto dove è bene recarsi per assaporare un’autentica esperienza culinaria. Dietro il mercato del pesce baracchini grigliano senza sosta il pesce fresco appena pescato a pochi dirham. Un’altra attrattiva è il Marché Municipal, il souk cittadino dove fare incetta di souvenir marocchini e berberi.
Ma Agadir è il punto di partenza verso il grande sud, base di partenza per un viaggio verso le aride vallate dell’Anti Atlante, ai confini con il mare di sappia sahariano. Verso nord, costa atlantica. Una manciata di chilometri e si raggiunge il colorato paesino di Taghzazout. Qui si radunano surfisti da tutto il mondo, come succede a Calangute in India o a Kuta in Indonesia. In questo brullo tratto di costa atlantica c’è il famoso Anchor Point, e i siti chiamati Boiler e Killer in cui è possibile praticare il surf tutto l’anno, in particolare d’inverno, il momento migliore, perché i tiepidi venti provenienti da sud rendono il clima piacevolmente mite, sui 20 di massima da novembre a marzo. Una sosta è d’obbligo per ammirare le gesta dei surfisti che qui si radunano tutto l’anno e, perché no, provare a cavalcare l’onda con i numerosi camp, i corsi per principianti.
Lasciate le gesta dei surfisti alla ricerca dell’onda perfetta si veleggia verso sud, transitando per Agadir e le sue trafficate strade (scendere verso sud lungo la N1 fino a Tiznit, da qui prendere la direzione est lungo la n°104 in direzione di Assaka, per poi proseguire verso Tirhmi, per salire al Col du Kerdous, seguire per Tiffermit, Tizgui e giungere presso lo straordinario passaggio lunare che circonda Tafraoute), itinerario indispensabile per raggiungere il villaggio di Tafraoute. Qualunque sia la vostra strada, lo spettacolo della natura vi rimarrà impresso nel cuore, perché a detta di molti, il percorso che collega Tiznit a Tafraoute rappresenta una della strade più spettacolari dell’intero Marocco. Tafraoute è un magico villaggio a 1000 metri di altezza, situato in una conca granitica alle pendici del Djebel el Kest (2359 m) che fa da sublime cornice a tutta la vallata, che nella parte settentrionale prende il nome di Valle degli Ammeln, il nome di un tribù che qui conta 26 villaggi posizionati in un contesto geologico dal fascino ancestrale. Una strada corre da est verso ovest lungo la Ameln Valley per una lunghezza di 11 km con deviazioni verso le kasbah e i ksour più caratteristici. Uno dei villaggi più visitati è Oumesnat, dove si trovano case caratteristiche come La Maison Traditionelle, oppure si trovano bei paesaggi presso Anameur.
Tafraoute non offre molto dal punto di vista artistico, se non il suo affascinante intreccio di case dai colori tradizionali, che vanno dal rosso al color mattone fino al giallo ocra. E’ comunque il punto dove poter trovare una sistemazione per la notte (ci sono 4 hotel discreti ed un campeggio) e trovare qualche ristorante dove mangiare qualche piatto tipico della cucina berbera.
Tra le escursioni consigliate intorno a Tafraoute da non perdere è quella che conduce a sud della città presso il villaggio di Agard Oudad, sito delle celebri “rocce dipinte” opera di Jean Verane artista belga che ha spalmato 18 tonnellate di vernice, sulla falsa riga del deserto blu del Sinai, sempre sua opera. Per chi vuole poi avventurarsi tra rocce e villaggi remoti può compiere un’escursione in fuoristrada lungo le gole intorno Tizerkine e Temguilcht tra i paesaggi più spettacolari del sud del Marocco.
Lasciate alle spalle le pendici e i paesaggi lunari di Tafraoute si torna sul mare, questa volta verso il villaggio berbero di Mirleft, perfetto avamposto per scoprire le bellezze dei dintorni. Qui il turismo è ancora placido, scandito per lo più dai surfisti e da giovani in cerca del Marocco più autentico. Proprio a una manciata di chilometri, tra Mirleft e Sidi Ifni, si può visitare la maestosa spiaggia di Legzira (o El Gzila): 8 chilometri di sabbia, stretta tra l’acqua e le alte pareti rocciose e chiusa da due enorme archi scavati nella pietra rossa, sculture maestose che lambiscono l’oceano, incorniciando un paesaggio impossibile da dimenticare.
Testo e foto di Marco Trabucchi