Leoni albini – Sudafrica

L’esperto risponde. A cura di AIEA – Associazione Italiana Esperti d’Africa www.espertiafrica.it




Domanda: Durante il mio recente viaggio in Sudafrica, presso la spettacolare riserva di Thornibush, il ranger ci ha molto parlato dei famosi leoni bianchi del Timbavati. Il mio inglese è mediocre e non ho ben capito se questi leoni sono albini o meno. Potreste darmi una risposta adeguata a questo mio quesito?


Risposta: Buongiorno Michele, innanzi tutto complimenti per aver scelto questa riserva, il livello di preparazione dei ranger è elevatissimo (hanno quasi tutti la certificazione Fgasa level 3 con 4 anni di esperienza certificata), secondo perché la ricchezza faunistica di questa riserva la pone come una delle migliori di tutta l’area. Passiamo adesso alla tua domanda, assolutamente interessante, che prevede una spiegazione molto dettagliata. Iniziamo con il definire il concetto di albinismo e differenziarlo da quello di leucismo.

L’albinismo è definibile come un’anomalia genetica che diminuisce o elimina totalmente i pigmenti melanici (melanina) nel corpo di mammiferi, uccelli, rettili, pesci ed anche nei petali dei fiori. Questa anomalia (genotipo) si manifesta con una serie di caratteristiche fenotipiche particolarmente visibili come peli bianchi, iride rosso/viola ed eliofobia (problema trascurabile per i mammiferi dotati di pelo perché l’epidermide è protetta, ma terribilmente inabilitante per le capacità visive).

Anche il leucismo (leucos significa bianco in greco antico) è una particolarità genetica dovuta da un gene recessivo definito chinchilla o inibitore cromatico che, a differenza dell’albinismo, fa depositare i pigmenti di melanina solo nella punta del pelo e portando l’iride dei leoni ad un colore giallo (normale), verde, blu e declinazioni cromatiche miste dei suddetti colori. Queste modifiche fenotipiche, secondo alcune ricerche, non creano particolari problemi ai leoni bianchi, anzi, li rendono più attivi nei periodi caldi rispetto ai leoni “biondi” poiché il pelo ha una elevata capacità riflettente dei raggi solari. In alcuni libri viene invece detto che il colore del manto li rende particolarmente visibili alle prede… entrambe le affermazioni sono soggette a molte contraddizioni.

Esistono altre specie famose affette da leucismo, basti pensare alle meravigliose tigri bianche. In natura il contrario del leucismo è l’iper melanismo, ovvero la sovrapproduzione di melanina. L’animale più famoso ipermelanico è la pantera nera, nome comune dato al leopardo ipermelanico.

Detto ciò passiamo a definire anche tassonomicamente i leoni bianchi. Il nome scientifico del leone africano è Panthera leo, tutti i leoni che vivono nel Parco Kruger e nelle aree limitrofi hanno una nomenclatura per speciazione trinominale: Panthera leo krugeri, proprio per definirne l’area geografica di provenienza. I leoni bianchi non hanno un nome scientifico diverso dal resto dei leoni dell’area perché non sono una specie diversa ma solo una variante (per gli albini si usa il termine “aberrazione”), quindi il nome scientifico dei leoni bianchi del Timbavati è proprio Panthera leo krugeri.

La diffusione dei leoni affetti da leucismo è molto localizzata, posso affermare che la maggior parte di essi si trovi nella zona compresa fra Timbavati e Rhino Post, nel parco nazionale Kruger. Ci sono stati casi di leucismo anche nel parco Hluhluwe Umfolozi e qualche “avvistamento” in Zimbabwe. La chinchilla è un gene recessivo e quindi sono molteplici le “combinazioni” che possono dare vita a cucciolate bianche. Possiamo dire che la cucciolata di due leoni bianchi sarà bianca (pura) mentre la cucciolata di un leone bianco ed uno “normale” avrà solo il 25% di probabilità di avere cuccioli bianchi.

Storicamente i leoni bianchi del Timbavati sono diventati famosi negli anni ‘70 grazie all’omonimo libro di C. McBride (The white lions of Timbavati; Chris McBride 1970).

Oggi ci sono più leoni bianchi in cattività piuttosto che in natura.

Davide Bonben