Tuerredda è forse la spiaggia più bella della Sardegna. Il mare, qui, è di un blu talmente intenso da assomigliare al più remoto dei mari tropicali.
Vado a trovare in quel di Teulada il mio caro amico Gigi, giù nel basso Sulcis a due passi appena da capo Spartivento; estremo e arroventato lembo sud dell’ambitissima terra di Sardegna. Lui fiero ed ospitale mi porta in giro per la fenicia costa fin presso Baia Chia, allorchè attonito e basito ti scorgo ordunque il panorama ineguagliabile di sa Tuerredda!Forse la più bella e caraibica delle spiagge italiane, causa le tipiche parvenze coralline.
Con gli splendidi fondali trasparenti del mare turchese, intercalati da ampie chiazze al blu cobalto, come grosse orme lasciate tanto tempo fa dal signore dei profondi abissi Poseidone.La sabbia fine è di un chiarore unico, farinosa e candida tal quale borotalco. Provoca un fortissimo risalto col verde scuro della vegetazione folta sulla collinetta prospicente: ricca di odorosi e mediterranei arbusti, di palme e mimose, oltre che di lecci e pini. Dopo un attimo ti noto le forme esuberanti della dottoressa Anna Rita dai netti lineamenti etnici sardo-catalani, dal due pezzi ridotto e lo charme incontenibile.
Mi fermo una mezz’ora ad ammirar la torre e l’omonimo isolotto, da dove sovente il grecale trasporta sbuffate di iodio e salsedine.Mentre alle mie spalle il refolo di maestrale mi regala le inebrianti essenze della flora, composta di ginepri, lentisco e carrubi.Uno scenario celestiale, mitologico ed arcano, da “magic dream” di un eden ormai perduto. Fortunatamente le folate del vento mitigano la temperatura purtroppo elevatissima. Direi africana. Ed allora dopo aver bevuto un bicchiere ghiacciato di “su murtaucci” Zedda Piras, nel meriggio inoltrato la signora Anna desnuda del griffato reggiseno, s’immerge lieta nella frescura delle acque incantate.
Quel mare a tratti smeraldino sembra ingoiare il suo bel corpo dal colorito bronzo-arancio, come la mia affamata bocca due ore prima s’era divorata un gran piatto di malloreddus alla campidanese.
Nell’attimo sublime traspare una rimembranza mitica del Tirreno: lei tutta avvolta dell’azzurro, fa proprio venire in mente la ninfa Calypso o meglio la divina maga Circe.
Testo di Luigi Cardarelli
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