Arles: tra pittura e storia


Campi di grano bruciati dal sole, distese di lavanda a perdifiato, donne nerborute su carri che seguono lenti i sentieri di campagna, alberi che tagliano malinconici il blu della notte: Vincent Van Gogh ha dipinto così la Provenza e Arles, città in cui si trasferì nel 1888 e in cui trascorse uno degli anni più tormentati della sua vita, ma al tempo stesso di grande ispirazione artistica. I famosi Girasoli vennero dipinti proprio quell’anno. E Arles ne trabocca ancora.

Di origine celto-ligure, la città vide sul suo territorio prima i greci, poi i romani che la trasformarono in un importante centro commerciale. Basta entrarvi e camminare tra i suoi viottoli stretti, per scoprire i tesori che il passato ci ha lasciato. L’anfiteatro (Les Arènes) e il teatro romano (Thèâtre Antique) sono perfettamente conservati e vengono ancora utilizzati per spettacoli teatrali, balletti, corride e manifestazioni d’ogni genere.

Il primo, costruito intorno al I secolo d. C. subì tutta una serie di ristrutturazioni e venne di volta in volta modificato a seconda delle esigenze del periodo, trasformandosi da Arena a fortezza e piccola città. Il teatro fu invece costruito per volere dell’imperatore Augusto intorno al 25 a. C. Basta muoversi di pochi metri dall’Arena per vederlo, silenziosamente accoccolato su un rettangolo di terra brulla e ossequiato da quel che resta del palcoscenico, dell’orchestra e del fossato in cui essa prendeva posto.

E poi, più distanti, ecco colonne, rovesciate o in piedi, con capitello o monche, simili alla base di un vecchio tronco, che risalgono dalla terra come folletti. Ma i folletti di cui è piena la città sono le giovani coppie, i ragazzi in gita, i bambini che corrono verso Piazza della Repubblica indicando la Cattedrale che vi si affaccia. Si tratta della Chiesa di San Trofimo, o, per dirla in francese, Saint Trophime. Uno sguardo veloce, gettato sulla piazza prima di entrare in chiesa basta a cogliere tutti i dettagli del luogo. La fontana rotonda con obelisco al centro e facce bronzee di lato, accoglie i turisti che cercano un luogo fresco in cui sedere e ristorarsi, guardando dentro i sacchetti pieni dei souvenirs comprati e alzando gli occhi un po’ verso la cinta delle case antiche, tutte finestre alte e slanciate e un po’ alla Cattedrale, uno degli esempi più importanti di romanico provenzale del XII secolo. Austera e semplice nella struttura, con un campanile seminascosto dalla facciata, stupisce per il portico riccamente decorato e scolpito con figure che rappresentano il Giudizio Universale nella Lunetta, mentre sui capitelli si possono distinguere L’Annunciazione e la Natività.

Dominati da tali bellissime sculture, si entra in chiesa e si viene colpiti dall’austera semplicità della sua struttura e dalla povertà dei suoi addobbi. Ma il chiarore delle colonne si unisce alla luce che entra dalle finestre immergendo l’abside in un lampo continuo. Una luminosità diversa è invece quella che coccola le pareti calde del chiostro, cui si accede dalla chiesa stessa: costruito fra il XII e XIII secolo, è composto da due gallerie riccamente scolpite. Gli alberi e i piccoli arbusti che sfiorano le colonne ne abbracciano quasi il colore e si indorano leggermente. L’atmosfera è quella medievale; è come camminare con la sensazione d’avere accanto non il turista belga, ma frate Guglielmo del Nome della Rosa. Pacate, le ombre che ondeggiano sulle pareti e sui sedili, sembrano recitare l’ora media, rigorosamente in latino. Le attrattive di Arles vanno però anche oltre gli antichi monumenti e le chiese.

Piacevole è, ad esempio, passeggiare sulle sponde del Rodano che in questa città apre il suo delta. Lunghe passerelle piene di bandiere rosse accolgono uomini sonnacchiosi in cerca di ristoro e pittori che come Van Gogh lavorano en plein air. Piccoli battelli si scorgono in attesa sui moli. Caricano turisti per una crociera sul fiume. Mentre il mistral soffia violento e fa muovere le fronde degli alberi che occupano la riva opposta alla città.

Arles è una città silenziosa, luminosissima, viva, nonostante gli anni di storia che si porta sulle spalle, come uno zaino un po’ consunto. Una città dove la bellezza è quella discreta dei piccoli negozi, delle case che si nascondono all’interno di cortili verdeggianti, lì dove l’edera ha assunto il colore brillante dei ricami. E tutto profuma di lavanda e si fa rosa per il volo degli eleganti fenicotteri che abitano la Camargue.

Testo di Flavia Catena | Foto web

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