Il paesino di San Pedro de Atacama è la frontiera convenzionale tra Cile e Bolivia, poiché il deserto e le Ande non si prestano a divisioni così nette.
Con un bus-navetta arrivo di fronte ad una baracca di lamiera che dovrebbe essere la dogana cilena. Dopo 3 giorni di escursione tra il Salar de Uyuni e il deserto caratterizzati da vento incessante e una temperatura tra i -18° e i -35° ho completamente dimenticare l’usanza della doccia e il sottile piacere di un vestito pulito.
La doganiera mi chiede, retoricamente, se può guardare dentro lo zaino per controllare che non ci sia prodotti organici, paranoia essenzialmente cilena. La guardo, piegando la testa leggermente di lato e con molta sfrontatezza le rispondo: ” Guardi pure, tanto ci trova solo roba sporca”. Non riesco a finire la frase che lei ha tirato già fuori un calzino lurido. Prima le si tratteggia in viso il disgusto, poi la risata e infine esplicita il molto convincente ” vai vai”.
San Pedro, cittadina turistica di frontiera abbarbicata in una stretta valle desertica, è un’entità strana anche nel poco inquadrabile Cile. Questo fazzoletto di terra è attrazione per viaggiatori e per turisti di tutte le tasche, per il suo deserto aridissimo, e per trafficanti di piccolo cabotaggio. Gli stretti sentieri, che dalle Ande scendono nella vallata, sono il percorso preferito dei mulos che trasportano la cocaina boliviana. Una sigaretta è una buona scusa per attaccare bottone, sopratutto quando si capisce al volo che tu e chi ti sta di fronte siete gli unici europei, né guiris né yankee (guiris è termine iberico per indicare una persona del nord Europa-Inghilterra).
L’hai capito già dal primo viaggio quanto sia apprezzata dagli abitanti la disponibilità a scambiare due parole. E Vidal, dopo due anni e mezzo viaggiando in America Latina, l’ha capito da molto tempo. Incominciamo con poche battute per rompere il ghiaccio, io e Vidal, per proseguire di argomento in argomento senza avere la percezione dello scorrere del tempo,ma solo il piacere della condivisione. E in quel momento non pensavo che, da uno scambio veloce, potesse nascere il gusto di uno di quegli incontri che rendono speciale un viaggio. Non c’è nemmeno bisogno di scuse per gli inviti a pranzo e a cena, solo la voglia di stare insieme: il solitario italiano, il perdido Vidal da Barcellona e Soledad, la bella bruna cilena all’ottavo mese di gravidanza.
Le preoccupazioni di una (futura) madre sulla situazione del Cile;la fiducia di un futuro padre nel ritorno in europa; dubbi esistenziali di un viaggiatore innamorato del continente; la situazione economica della Spagna; la crisi. Assorbire come una spugna tutta l’umanità che si incontra durante questo pezzo di strada…che cos’è se non questo il viaggio? Emozionarsi nello scoprire che hai la stessa identica motivazione di Vidal nel percorrere le strade di questo continente, provare a spiegare, emotivamente più che razionalmente, agli amici cileni che la straordinaria ricchezza di questo Latino America sta nelle sue genti e nel suo calore umano.
Quella sera fummo io e Vidal, gli europei, a dichiarare straziante, eterno, incondizionato amore per le genti di questo continente: cioè al viaggio.
Testo e foto di Gianni Branca
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