Grecia. Folegandros, un tuffo nelle Cicladi


Si estendono nell’orizzonte infinito, che qui sembra innamorarsi di un’unica e inebriante tonalità, l’azzurro, che esplode in faccia in pieno sole e acceca gli occhi nel tumulto orgasmico del gioco intrigante dei colori. Sono una moltitudine, variamente estese, alcune grandi, altre minuscole, come se la mano di un gigante dall’alto potesse raccoglierle in tanti frammenti da sbriciolare in tasca. Le isole greche affondano nel mare separate da Atene soltanto da poche ore di traghetto, mondi paralleli dove ritrovare il respiro del tempo che si ferma e il ritmo del mare, libero e forte contro gli scogli accidentati all’orizzonte.

Folegandros è così: una piccola terrazza sulle Cicladi, che insieme a Sikinos, Ios, Anafi e Santorini durante l’estate attrae i viaggiatori in cerca dei territori mitici della Grecia, dove cogliere al volo un passaggio in barca a vela per lanciarsi alla conquista dell’estate.

Il gomitolo delle strade delinea la fortezza di Chora, capoluogo dell’isola, costruito su una collina a 300 metri sopra il livello del mare, dove il traffico è proibito e i caratteristici edifici bianchi traboccano di glicine e gerani, mentre Karavostasis, il porto di Folegandros, accoglie suadente l’arrivo dei numerosi italiani che ogni anno amano tornare qui, in un’isola selvaggia e schiva, lontana dalla feste chiassose di Ios. Se amate scavare tra le memorie archeologiche non dimenticate di effettuare una visita al museo del folklore, nel villaggio di Ano Meria, dove scoprirete che nel Dna di Folegandros scorre anche la tumultuosa Italia. Durante il 1200 l’isola venne infatti conquistata dal veneziano Marco Sanudo e rimase nelle mani del governo veneziano fino al Cinquecento, quando gli Ottomani si sostituirono a Venezia. Una storia complessa e stratificata, che rende questo luogo il nucleo di domini accidentati sul mare, mentre i secoli vanno ormai perdendosi nel conteggio delle clessidre e la natura si riappropria di ciò che l’uomo dimentica con facilità.

Ouzo e rakomelo caldo speziato, la tipica grappa preparata con il  miele, insieme alla frutta dolcissima vi rinfrancheranno dal caldo bruciante. Olive saporite, olio profumato, pomodori e carne arrosto ricreano con sottile abilità il gioco dei sapori estivi, da condividere con gli amici, accompagnati dal vino rosso, che depista i sensi e immerge nella nebbia di un territorio mentale allegramente sfocato.

A Folegandros potrete praticare vela, snorkeling, surf e kytesurf, oltre a un’estrema varietà di sport outdoor, tra cui pesca e trekking. E se le vacanze in Grecia accompagnano la dolce voglia di non far niente perché non rilassarsi in qualcuno tra i lidi più ricercati della zona? Tra le spiagge più belle troviamo Livadaki e Katergo insieme a Aghios. La baia di Vathi e le Grotte di Georgitsi rapiscono il cuore grazie all’acqua cristallina e al folto verde degli alberi che si innalzano respirando forti di vita. Naturalmente potrete raggiungere gran parte della costa in caicco, partendo da Karavostasis fino a Ampeli e Poudaki, dove tuffarsi incontrando le grand bleu che abbiamo imparato ad amare nell’omonima pellicola di Luc Besson. Il profumo del pesce fresco appena cucinato si mescola alla bellezza semplice di paesaggi illuminati dal miracolo di una luce sfolgorante. Un buon libro da leggere, cellulare spento e un costume: qui vi servirà poco altro.

Talvolta il vento secco del Mar Egeo, il meltemi, soffia imbizzarrito sull’isola, che si ripara tra i muretti a secco, dietro le persiane dipinte d’azzurro, mentre qualche mulo si sposta, lento e carico di merce, sulle stradine del posto, in cui, durante la sera, le case intonacate di bianco si accendono di luci e le taverne lanciano richiami inebrianti.

L’anima selvaggia delle Cicladi vibra nell’aria limpida. E dal mare gli spettri evanescenti del tramonto tuffano l’antico Kastro duecentesco nel pigmento liquido capace di rovesciare il blu nell’indaco gentile. E all’improvviso la magia di un tempo differente si fa palpabile e sincera.


Testo di Maddalena De Bernardi | Foto di Giovanni Tagini


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