Il viaggio come libertà di esperire, lontano dalle logiche commerciali e dallo stress della vita (e della vacanza) moderna.
Zaino in spalla e via verso luoghi sconosciuti, armati solo di curiosità, spirito d’avventura e di una mappa aggiornata.
Questo è ciò che conta per un backpacker, un seguace di quella che può essere definita una vera e propria filosofia del viaggiare: il backpacking.
Il termine inglese letteralmente significa zaino, uno zaino che contiene principi e azioni che scandiscono l’esplorazione di terre straniere. Viaggiare con mezzi locali, dormire in ostello o comunque in alloggi economici, mangiare il cibo tipico del luogo e dimenticare ogni forma di lusso, muovendosi con lo zaino in spalla senza alcun programma prestabilito: il backpacking è un modo di vivere il viaggio che consente di conoscere i luoghi che si visitano in presa diretta, calandosi completamente nella quotidianità locale e approfondendo la conoscenza delle persone senza alcun filtro. Il budget per questo tipo di esperienze è volutamente scarso, proprio per evitare che il denaro (e ciò che con il denaro si può comprare) crei barriere invisibili tra il visitatore e l’autoctono. La spontaneità e la naturalezza dell’esperienza sono valori cardine che muovono chi decide di intraprendere un percorso di questo tipo: non ci sono orari né ritmi forzati in quanto è fondamentale abbandonarsi al flusso vitale e di conoscenza che attraversa ogni luogo nuovo, spesso oscurato dall’aspetto puramente consumistico del viaggio.
Questo modo di muoversi ha diversi vantaggi: l’essere slegati da orari, strutture e mezzi in particolare rende il backpacker immune da quegli “stati di comodità” che, quando vengono meno, diventano veri e propri “stati di disagio”. E’ sufficiente uno sciopero dei treni o un temporale improvviso per mandare in crisi un turista che imposta canonicamente la propria vacanza, mentre la stessa situazione non scomporrebbe minimamente un “viaggiatore con lo zaino”, pronto a sostituire un treno con un autobus o ad approfittare della pioggia per vedere un museo. Visitare un posto nuovo senza l’imposizione di forme di “svago forzato” (come ad esempio le snervanti attività proposte nei villaggi turistici) evita inoltre che si torni a casa più stanchi e stressati di quando si è partiti.
Il fenomeno del backpacking è molto diffuso nel Nord Europa ma da alcuni anni ha preso piede anche in Italia, con la nascita di forum e siti web dedicati.
Essere cosmopoliti, camaleontici, divenire abitanti di ogni luogo che si visita non significa però essere ingenui: un backpacker infatti non viaggia quasi mai da solo e generalmente tiene aggiornata una o più persone fidate sui suoi spostamenti, si informa previamente sulle profilassi mediche da adottare, calcola sommariamente il budget minimo di cui può aver bisogno durante la permanenza e prepara con cura i documenti di viaggio.
E’ importante ricordare che essere liberi, contrariamente a quanto possa sembrare ad un’analisi superficiale, non significa essere sprovveduti
Testo di Alessandra Narcisi