PICCOLEITALIE
Se qualcuno ancora non conoscesse la prosa ritmica di Osvaldo Guerrieri, potrebbe iniziare da qui. Da questo pezzo di bravura che riflette intera la sua capacità – oserei dire classica – di tenere insieme gli opposti in un insieme di grande armonia. Critico teatrale insignito del Flaiano, scrittore di testi teatrali messi in scena in Italia e all’estero, ma soprattutto narratore di libri che graffiano il cuore grazie a una scrittura che nulla lascia all’improvvisazione e a tratti sembra quasi poesia, Guerrieri, Premio Mondello 2009 con L’insaziabile, autore del recente long seller: I torinesi, vanta titoli da leggere, tutti, con immenso piacere. Difficile scegliere quale segnalare ma, tra gli altri, vogliamo ricordare: Natura morta con violino oltremare, romanzo «nato dal peggiore impulso della nostra vita, la ricerca della felicità», con l’ausipicio di vederlo ristampato in libreria.
Un teatro affacciato sul mare
C’è una bellezza che spaventa. E’ quella di Posillipo, o forse converrà dire di Pausylipon, per andare più facilmente all’origine del sentimento che questa porzione di Napoli trasmette al visitatore. Pausylipon ha un significato affettuoso. Vuol dire “sollievo dal dolore”. Forse è stato così, una volta. Forse è ancora così, per qualcuno. Pausilypon ti rapisce con l’aspetto selvaggio di una terra nata da chissà quale tormento. Non per caso, poco più in là, verso Cuma, il suolo ribolle di zolfo e spalanca la bocca dell’Averno che fu violata dal passo prudente di Enea. A Pausylipon non c’è traccia d’inferno. Anzi la natura sembra esplodere con tutte le sue energie. Ogni cosa qui sembra eccessiva. Il mare è di un blu senza eguali e non dà tregua alla costa porosa, trafitta, scavata, che proprio nel mare sembra trovare la propria ragione in un rapporto di violenza che stordisce.
Andare a Pausylipon significa entrare in uno scenario che non potremmo immaginare più fascinoso. Napoli da una parte e la penisola sorrentina dall’altra. E poi Capri, simile a una testa di donna adagiata sul mare. E il Vesuvio. Che altro può desiderare una pupilla? Ma Pausylipon è soprattutto altro. E’ la Villa degli Spiriti; è la Grotta di Seiano, che infilandosi per quasi ottocento metri dentro la collina, punta dritta verso il porto di Cuma; è il parco sommerso di Gaiola, che consente di ammirare i resti di porti, ninfei e peschiere spinti sott’acqua da un bradisismo. Pausylipon è soprattutto la villa di Pollione, la villa della crudeltà.
All’apparenza nulla sembra più civile, più elevato. I resti ci parlano di una dimora sontuosa, costruita per dar pace al corpo e allo spirito. Il suo proprietario ha voluto persino corredarla di un teatro affacciato sul mare. Apparenza. Questo complesso che ci pare tanto ammirevole, era in realtà un luogo d’inferno.
L’uomo che lo costruì – Polione – era un liberto potentissimo e ricchissimo. Oltre che per il lusso e le orge, aveva una sfrenata passione per i piraña, che allevò nella pescheria della villa. La predilezione per questi pesci carnivori non era gratuita. Quanti servi incauti, quanti ospiti molesti fece spolpare Polione da questi pesci dai denti di ferro? Una sera mostrò il suo macabro spettacolo nientemeno che ad Augusto. L’imperatore inorridì, ma non esitò a prendere possesso della villa quando Polione gliela lasciò in eredità.
Ecco che cos’è Pausylipon, la città che avrebbe dovuto dar sollievo al dolore. Ecco lo spavento di sottile grana metafisica che soltanto la bellezza sa trasmettere quando è al suo vertice. Ma lo spavento si può anche amare.
Osvaldo Guerrieri
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