A meno 25° gradi la neve produce un suono caratteristico. È uno scricchiolio asciutto che si propaga nel silenzio dell’alba. Mentre i primi raggi di sole dipingono le vertiginose pareti delle Dolomiti di Sesto, raggiungo Wolf, il pilota di dirigibili che ho incontrato qualche giorno fa. Mi ha stregato con il suo sogno di essere il primo nella storia a circumnavigare le leggendarie Tre Cime di Lavaredo a bordo di uno zeppelin e abbiamo trascorso gli ultimi tre giorni tentando l’impresa.
Un sogno rimasto a lungo nel cassetto: erano, infatti, i primi del ‘900, durante quella Grande Guerra che ha tanto segnato questa regione, quando i tedeschi tentarono più e più volte, senza riuscirci, questo volo. Erano mossi da ragioni belliche; noi, invece, siamo attratti dalla bellezza selvaggia di quelle pareti dolomitiche, dal desiderio di ammirarle da vicino, da ogni lato. Aiuto come posso il pilota mentre spoglia la cabina di ogni peso superfluo: restano due sedili ancorati a una semplice struttura di tubi in lega leggera. Intorno il vuoto e le taniche di combustibile: una parte per mantenere gonfio l’enorme siluro di nylon che giganteggia sopra di noi, l’altra per muovere le due eliche, che ci devono spingere fino alle “Drei Zinnen”. Intorno a noi, lo spettacolo del festival delle mongolfiere. Non appena la luce del sole raggiunge il vasto campo di volo, alle porte di Dobbiaco, inizia una febbrile attività: decine di equipaggi danno il via alle operazioni di montaggio e gonfiatura di altrettante mongolfiere. Prima viene collegato il cestino al pallone poi un potente ventilatore inizia a spingere aria fredda nel telo. Quando la struttura raggiunge un determinato volume si può dar fuoco ai bruciatori a propano che riscaldano l’aria nel pallone che gradualmente si alza e comincia a fluttuare nell’aria.
È uno spettacolo che toglie il fiato: per l’eleganza delle mongolfiere, per l’esplosione di colori, per l’atmosfera appassionante che permea questa mattina di cristallo. Ci sono equipaggi italiani, francesi, tedeschi, inglesi e tanti visitatori mossi dal semplice desiderio di provare la tranquilla emozione del volo aerostatico. Uno stile di volo unico, un leggero galleggiare nell’aria circondati solo dal silenzio della natura. Un approccio radicalmente diverso da ogni altro: a bordo di una mongolfiera, infatti, è assai difficile prefiggersi un obiettivo preciso. Il vento è padrone e il viaggiatore-pilota può solo sfruttarne al meglio la spinta. Proprio questa è la differenza fondamentale fra mongolfiera e dirigibile. Quest’ultimo fu ideato nella seconda parte dell’ottocento proprio per liberare il volo aerostatico dalla schiavitù del vento e rendere il pilota protagonista del volo. Il dirigibile è un aeronave tanto impressionante per via della mole, che si sostenta grazie alla spinta di un gas più leggero dell’aria, galleggiando, secondo il principio di Archimede, in base al volume di aria spostata, allo stesso modo delle mongolfiere, e che si muove spinto da motori come gli aerei. Accesi i motori, raggiunta la dovuta pressione e temperatura del gas nello scafo, il nostro dirigibile si stacca dal suolo e fluttua a mezzo metro di altezza. Due membri dello staff liberano le cime che ci trattengono e Wolf da gas. Con sorprendente dolcezza e agilità il mostro di gas e nylon si libra nell’aria. Saliamo accompagnati da decine di mongolfiere: manciate di coriandoli iridescenti nel cielo indaco. Fiammate che punteggiano le vertigini dei “Monti Pallidi”. Lontano dalle note della Carmina Burana o della Cavalcata delle Valchirie, si affacciano alla mente quelle di un valzer dove istantanee di colore ruotano sospese con elegante lentezza.
Col salire della quota l’effetto del vento è più marcato e la nostra corte di palloni ci lascia, spinta verso ovest: oggi le mongolfiere seguiranno il corso della Val Pusteria verso il confine austriaco. Per noi è il momento di puntare a sud, verso il lago di Landro e poi verso le “nord” delle Tre Cime. Lo zeppelin avanza con i motori a pieno regine accompagnato da ali di roccia: le Crode Fiscaline, la cima dei Tre Scarpieri, la Croda Rossa: il teatro della Grande Guerra. Immagino quante volte i soldati di allora devono aver visto uno spettacolo come questo: un uccello ciclopico lanciato verso i monti. Siamo di fronte alle pareti delle “Drei Zinnen” quando la voce roca di Wolf rompe l’incanto. C’è troppo vento da nord, dice, «noi arrivare prestissimo e tornare mai più». Ancora una volta la natura doma i titani dei cieli: nonostante quasi un secolo di migliorie, gli zeppelin rimangono sensibili ai capricci del vento. Torniamo indietro e prendiamo la scia delle mongolfiere. In un attimo ci siamo lasciati alle spalle gli spettri della storia e torniamo nel colore del “Balloon festival”.
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