Come si decide la meta di un viaggio? Nel mio caso è piuttosto casuale, nasce da banalità come la vacanza precedente bagnata dalla pioggia o come la folgorazione ricevuta da un’immagine; questa volta è sorta da un’occasionale saluto a conoscenti di Innsbruck che mi chiedevano quando sarei passato a trovarli e la mia risposta guascona è stata “..magari ad agosto in bicicletta”. Il dilemma è “partire o non partire”; questa volta sono solo. Non sono abituato a viaggiare da solo, non sono un “solitario”. Ho a disposizione una settimana e mi piacerebbe raggiungere le Alpi in sella ma resterei poi senza tempo per completare il giro che mi sono proposto; ingoio il rospo e prendo il treno per Bolzano alle ore 12 di una giornata che segna 35°C.
Il treno solca la Padania ingiallita e nella carrozza la ventola dell’aria condizionata fa un rumore ritmico fastidioso coperto solo dalla cacofonia dell’infinita telefonata di una donnona magrebina. Le evidenti etnie dei compagni di viaggio e la concomitanza dell’arso paesaggio fa sembrare questo un convoglio in transito in un’altra zona del mondo; mi lascio cullare un po dalla fantasia. Nella val d’Adige l’ambiente si colora di verde. Arrivo a Bolzano in perfetto orario, nel tardo pomeriggio. Mi ospita Barbara D., insegnante di ed.fisica e sportiva a 360° conosciuta qualche settimana prima sul forum dei cicloviaggiatori e poi incontrata nel suo viaggio pedalato nelle mie zone. Barbara D. vuole accompagnarmi per un tratto della mia prima tappa che da Bolzano raggiunge Merano ed infila la Val Passiria in cerca del valico per l’Austria.. e tutto, o quasi, a suon di pista ciclabile. Faccio la lingua lunga per stare al suo ritmo.
Un caffè, una fetta di torta e una pacca sulle spalle a S.Leonardo e mi ritrovo solo con davanti il cartello che segnala il Passo del Rombo a 29,5 km. La temperatura è di circa 30°, la strada comincia a salire impegnativa mentre la mia baldanza si affievolisce ad ogni colpo di pedale. Dopo 7 km raggiungo Moso in Passiria che sono uno straccio; mi rendo conto che non potrei fare un km di più con tutto quel caldo e con 60 km già alle spalle. Quasi ho vergogna di me stesso quando mi decido a prendere una stanza nella prima pensione che vedo. Dormo quasi tutto il pomeriggio, anche perchè a Moso non c’è veramente granchè da vedere; finalmente arriva l’ora di cena e mi tuffo in uno splendido piatto di canederli ed un paio di birre.
Satollo, dormo ancora come un bimbo tutta la notte. Sono le 7,15 e sono già in sella. L’ombra resta pigra su tutto il versante della salita ed io godo finalmente la strada che scorre lenta sotto le gomme. Salgo piano perchè non conosco questa via misurando le forze e osservando il versante opposto già illuminato dal sole. Piacevole sorpresa, la strada nel tratto centrale regala alcuni km in falso piano anticipando, anche visivamente, il versante ultimo da risalire. Sto affrontando il Passo del Rombo o Timmelsjoch. L’avevo intravisto sulla carta stradale e valutato sommariamente come opzione per rientrare dall’Austria in vece del Brennero piuttosto trafficato. Poi la ricerca in internet mi aveva rivelato un passaggio aspro, lungo, alto… una sfida insomma.
Decido di affrontarlo subito come tappa iniziale del mio giro … ed eccomi qua che mi assaporo tornante dopo tornante, tunnel dopo tunnel, foto dopo foto, barretta dopo barretta. Lungo la via del passo strane costruzioni narrano di situazioni locali; piccoli musei che raccontano della vita in montagna, dei minatori nella parte italiana, dei contrabbandieri e curiosità varie. Così raggiungo i 2509 mt slm e mi scatto una foto trionfante. Non riesco a stare fermo a lungo; giusto il tempo di fare evaporare un poco di sudore dalla maglia e dal bandana e mi tuffo nella lunghissima discesa che taglia la Oetztal (valle dell’Oetz). L’asfalto è un nastro grigio, discendente -per me-, adagiato dolcemente fra alte e dormienti montagne Ogni tanto mi fermo per far raffreddare i cerchi scottati dai freni mentre ciclisti stradali sfrecciano a velocità folli; altri a salire hanno l’espressione che ben esprime il sacrificio che stanno affrontando. La Oetztal mi sfila fra ripide discese e vento contro, in un zig zag fra le ciclabili e l’asfalto della statale, fra ingiurie agli dei e momenti in cui mi parlo addosso… finchè lo stomaco, stanco di barrette, mi segnala inequivocabilmente che sarebbe ora di mangiare qualcosa di consistente. Nella gasthaus l’anziana signora mi serve un caffè lungo e una ottima fetta di apfelstrudel che sbafo in un lampo. Chiedo quanto manca per Innsbruck perchè, nonostante il buon senso dell’orientamento ho perso l’entità delle distanze. Invece le mie percezioni sono ancora ben attive, sono a pochi km dalla valle dell’Inn, il fiume che attraversa Innsbruck e che le da il nome (Innsbruck = Ponte sull’Inn).
Ok, svolto a destra alla rotonda e dirigo la punta del naso alla meta. La strada è tutta diritta ma piuttosto noiosa. Salto da una via agricola all’altra che in questo caso fungono da vie ciclabili, con in mezzo la statale che cerco di evitare il più possibile. Stranamente il paesaggio è meno alpino, abbastanza lontano dall’idea delle montagne di Heidi; la valle è larga, le strade corrono al centro e i monti sono distanti. Poco più di 50 km a Innsbruck. Fatico a riconoscere i posti attorno, visti il mese precedente quando ero venuto da queste parti con famiglia in camper… il che vuol dire che sono ancora abbastanza distante dalla città ma è pomeriggio presto ed ho tutto il tempo per arrivare. Quando riconosco i luoghi comincio a rilassarmi. Mi butto nel traffico della circonvallazione mandando affanculo una delle rare auto che mi hanno fatto il pelo: targa italiana. Con un senso animale di cui mi compiaccio trovo la via per il centro e da lì tutti i miei riferimenti. Raggiungo il quartiere popolare del Pradl e suono al campanello dei conoscenti ai quali avevo fatto l’assurda promessa. Così cammuffato da ciclista stentano a riconoscermi.
Intanto contatto Doris, la cugina di mia moglie, e così rimedio un rifugio per i giorni successivi. Eh si, avevo già i miei punti di appoggio in questo giro; è bastato unirli. Ritrovare qualcuno perso di vista da anni o contattare un nuovo amico o un parente diventano presto nella mia “geografica mente” l’opportunità di un viaggio, corto o lungo che sia. Il giorno seguente girovago per Innsbruck a piedi; in un negozio sportivo acquisto un paio di guantini da bike poichè il paio in dotazione li ho dimenticati sul Timmelsjoch. Mi infilo nella via caratteristica che conduce al Tettuccio d’oro per potermi beare del vocio italico, delle candenze venete, lombarde, romane. Quando qualche anno fa rappresentavano una novità erano una parentesi piacevole, ora i mimi che simulano le statue si intervallano ogni 10 mt tantè che spesso diventano parte della via come veri monumenti spaventando i passanti ad ogni movimento. Ora sono una bella rottura di maroni. Fuggo dal caos.
Nel mio vagare in città vengo sedotto dai vivi colori degli edfici, dalle differenti architetture che convivono armonicamente in alcuni angoli del centro e osservo, come un alieno, il via vai di gente…tanto per meravigliarmi un po, tanto per passare un po il tempo, per assaporare il fatto di essere lontano dal mio quotidiano …in bici ancor più lontano. Le previsioni meteo su internet intimano di rimettersi in sella quanto prima per evitare il maltempo che potrebbe colpirmi sul prossimo valico verso l’Italia. Così il mattino seguente di buon’ora rimonto baracca e burattini sulla bici e mi guardo bene dal prendere la strada per il ritorno… mi fiondo in stazione. Durante la notte ha piovuto ed anche al mattino il cielo è grigio e mi aspetterebbero almeno 80 km ancora sulla statale che avevo già percorso all’andata; troppo noiosa e troppo poco tempo per evitare i temporali. Mi siedo di fronte alla bici legata nella carrozza e guardo fuori dal finestrino ripercorrendo a ritroso la strada calcata due giorni prima, cercando di ricordare particolari e luoghi a mò di gioco della memoria; oltre l’incrocio con la Oetztal il panorama si stringe fra le montagne e sembra diventare più interessante.
Per un attimo rimpiango di non essere fuori a pedalare… se non fosse per il meteo ritornato plumbeo. Mi convinco che la scelta del treno è stata quella giusta anche perchè, per stupido orgoglio, non sopporto “farmi aiutare” dai mezzi in questi viaggi. Scendo a Landeck proprio di fronte al bar/forno/pasticceria della stazione; solito caffè lungo e fettona di torta. Metto le chiappe sulla sella non prima di aver indossato il kway e a nulla, proprio a nulla serve irritarsi e maledire a destra e a manca. Riesco, bene o male, a sopportare tutte le condizioni meteo in bici ma ho ancora notevoli resistenze alla pioggia. Passo il centro di Landeck e seguo le indicazioni della ciclabile che risale la valle dell’Inn fino al Passo Resia (Reschenpass). Il fiume Inn nasce in Svizzera, in quella porzione elvetica che è l’Engadina ma il suo corso è tirolese finchè non si tuffa nel Danubio. La salita è leggera e distesa anche in previsione di un passaggio non particolarmente alto (1500 mt slm) però è abbastanza lunga. Io e due cicloturisti alemanni ci incrociamo più volte, ora fermi loro per visionare la mappa, ora fermo io per aver sbagliato strada… e così via. Al paesino di Ried ci fermiamo tutti e tre così approfitto finalmente per scambiare quattro chiacchiere, dare un’occhiata alla loro mappa poichè la mia è infame e non riesco a valutare le distanze. Di fronte a noi la via scavalca una collinetta. I fritz sono in bici da corsa e zainetto leggero e mi staccano facilmente; ci salutiamo “to the next stop!”.
E’ uscito il sole , mi sono alleggerito il vestiario e sono incredibilmente tranquillo. La via ciclabile ora corre alta rispetto la trafficata statale sottostante; vedo lontano un paesotto, immagino sia Nauders, l’ultimo paese austriaco. Invece è Pfunds l’ultimo paese del fondovalle, il che vuol dire che fra un po si salirà seriamente. Arrivo al bivio dove a destra la strada segue il corso del fiume ed entra in Svizzera mentre a sinistra l’asfalto sale per raggiungere Nauters e successivamente il passo. Un segnale rosso circolare con bici all’interno e Verboten scritto sotto, assieme ad altre cose per me illeggibili mi lascia comprendere che la salita sarebbe interdetta alle biciclette. Vedo però alcuni ciclisti salire ed altri scendere; bhè, allora…