La Cina dei contrasti

Comunicazione

Qui è un’esperienza. Se uno non ha esperienze non potrà capire la propria vita e, allo stesso modo, se non ci si lancia e si misura non saprà mai se è capace a farlo. Ma scrivere, leggere e parlare in cinese credetemi è difficile quanto affascinante. In Cina la calligrafia è da sempre ritenuta la più alta forma di arte visiva, tanto che un tempo il carattere delle persone veniva giudicato dall’eleganza della loro scrittura. L’ideogramma è un arte, un composto architettonico, un gioiello per la vista, e ovunque nel paese si vedono esempi di calligrafia a scopo decorativo, dai templi alle pareti delle grotte, dai fianchi delle montagne ai monumenti. I grandi racconti di mercanti o filosofi, di viaggiatori o esploratori ti portano via, e richiamano il fascino di antichi splendori, di incantevoli città e civiltà che hanno fatto grande questo paese e che, tra un grattacielo e l’altro, hanno ancora qualcosa da raccontare. In Cina si parla una grande varietà di lingue, a causa dei numerosi gruppi etnici inglobati nel popolo cinese: ne sono state calcolate 292. Queste lingue sono di solito distinte tra le varianti Han (il cinese propriamente detto) e quelle non-Han (parlate da minoranze linguistiche), a loro volta suddivise in altri gruppi. Per fortuna che un giorno qualcuno si preoccupò a tal punto da “romanizzare” questi segni: si parla di circa 40000 ideogrammi, dove ti basta saperne 2000 per non esser analfabeta, e 415 sillabe che possono essere pronunciate applicando quattro toni diversi. Il mandarino è la lingua più parlata al mondo come madrelingua (837 milioni contro 550 milioni dell’inglese) e non tutti sanno che, anche se la lingua inglese è attualmente parlata da circa un miliardo di persone nel mondo, se è considerata la lingua franca per eccellenza, quella che tutti circa dovrebbero sapere, in Cina, escluse le ex-colonie britanniche, la sa un cinese su dieci. Auguri.

Contrasto

Quella della Cina moderna è enorme. È come se nello stesso teatro vadano in scena una commedia e una tragedia, dove gli attori sono espressione vivente di yin e yang, negativo e positivo, buio e luce, femminile e maschile, ossia dell’eterna dualità che governa l’universo. È una contraddizione continua dove mentre il piacere scorre come il vino, le mura della società vanno in rovina. Le città s’espandono come macchia d’olio. Nessuna regola urbanistica: palazzi con un minimo di dieci piani sorgono sparsi, come se qualcuno dall’alto si sia divertito come coi mattoncini Lego. L’altezza fa da contrasto con la vastità a perdita d’occhio delle periferie, centri brulicanti di produzione industriale. La foschia, segno di un sempre maggiore inquinamento atmosferico fa da filtro per i raggi del sole, che a stento si vede. La Cina è un luogo di forti contrasti e di grandi bellezze nel quale, una volta imparato a farvi largo tra la folla e a evitare di farvi travolgere, troverete molte cose da vedere. Il governo per esempio ha recentemente smesso di distruggere i templi e ora si dedica all’abbattimento delle montagne e all’avvelenamento dei fiumi, d’altronde quando bisogna gestire un territorio con più di un miliardo di abitanti è inevitabile dover rinunciare a qualcosa. Anche le relazioni personali sono in contrasto e possono subire una rivoluzione da un momento all’altro. E chi oggi è soltanto distante domani può diventare un nemico di classe.

Ritmo

Le giornate in Cina scorrono molto velocemente e tutto è scandito da movimenti precisi, già scritti, programmati, quasi robotici. La metropolitana, emblema del trasporto pubblico veloce, è vitale. D’altronde spostare una tale quantità di persone in altro modo sarebbe distruttivo per qualsiasi concezione di traffico o di rispetto per il genere umano. Ci provano alcuni autobus, ma il risultato è un insieme di cinesi sottovuoto in lamiere di acciaio su ruote. Le stazioni metropolitane sono delle giungle dove regnano regole di sopravvivenza ferree: se non segui il fiume di persone vieni calpestato, se in un qualche modo intralci il flusso vieni travolto e, se a volte ti capita di muoverti ma di non sentire più il pavimento sotto i piedi, non temere, è la forza della corrente che ti trascina alla banchina del treno. Il traffico veicolare non ha bisogno di descrizioni, dal momento che ai miei occhi non ha eguali. Le strade sono addirittura su tre piani per garantire un traffico fluido senza intoppi. Difficilmente si vedono ingorghi o incidenti. Il cinese medio ha un suo personale codice stradale che rispetta di tutto punto. Nessuno chiede scusa, ma perché nessuno si arrabbia, il che è sorprendente. Le gente cammina e si muove continuamente: le soste sono concesse per un frappè dal colore inverosimile, uno spuntino di spiedini di carne dubbia nei soliti cioschetti oppure per accendersi una sigaretta. I pasti vengono fatti ad orari improponibili per un occidentale e in tempistiche da record: la durata media di un pasto per un cinese si aggira tra i 10 e i 15 minuti. La pace, lontano dal chiasso del traffico, dei clacson e dall’olio che sfrigola in padelle, si trova solo nelle case da tè di antichi giardini, dove il tempo sembra essersi fermato, oppure nelle pratiche marziali come il tai-chi, praticato ovunque, come all’ingresso di un centro commerciale. Se si potesse trovare un’analogia a questo ritmo, questo movimento, si potrebbe paragonarlo alla frenetica vita delle formiche, sempre in moto, discontinue e instancabili lavoratrici. Giorno e notte.

Regola

Non lasciatevi trarre in inganno dalla vecchia retorica comunista: qui oggi la regola più diffusa è lavorare per fare soldi. La regola del dio denaro vale per tutti e per tutto. Poche cose hanno un prezzo preciso, credo si salvino i Big Mac o i Frappuccini di Starbucks: per tutto il resto se ne può parlare. Secoli fa si poteva barattare una capretta per un sacco di farina, potevi comprarti un otre di vino pagando con l’argenteria o oggettistica dorata che trovavi in soffitta; oggi invece basta una calcolatrice, sulla quale tu digiti quanto massimo vuoi spendere, poi se ne può parlare. Hai bisogno di andare in un posto? Non trovi la banchina dell’autobus 306 perché l’autostazione equivale ad un alveare impazzito? Nessun problema, sicuramente un giovane cinese ti offrirà un passaggio sul suo mezzo fino a destinazione. Magari in quel momento stava andando in banca, ma pur di riempire il portafoglio e garantire a te turista un buon soggiorno questo ed altro. Nonostante ne esitano di taxi, eccome. Del resto per i cinesi un no equivale ad un insulto, quindi basta trovar un accordo su tutto e nessuno si farà del male o si offenderà. La regola è questa, non esiste un no, se ne può parlare. Il semaforo rosso? La regola vuole che il taxi occupato non lo rispetti, perché il cliente ha bisogno di raggiungere la destinazione. Non sorprendetevi di trovare per terra nulla che non sia saliva o peggio altro. La regola vuole che se butti per terra qualcosa, da dietro il cespuglio qualcuno armato di paletta e scopa è pronto per raccoglierlo; ma vuole anche che i cinesi, da parte loro, considerino disgustoso veder soffiare il naso (così spiegata la saliva) e inappropriato mostrare i piedi nudi, anche d’estate, indossando calzature aperte. La regola è: calzino bianco estate/inverno. La regola è nel mangiare: rigorosamente con bacchette, salvo qualche cucchiaio per i numerosi piatti brodosi. La regola è fumare ovunque, ma controllarsi nel bere. La regola è nelle stazioni ferroviarie, dove nessuno sosta disordinato sui binari e la sala d’attesa è realmente utilizzata per il nome che porta. Parliamo di simil terminal aeroportuali, neanche lontanamente cugine delle nostre care catapecchie sempre più simili a discariche. La regola era un figlio per famiglia perché “siamo troppi ragazzi”. La regola esiste, non è scritta, è invisibile ma vale per tutti e chi non la rispetta beh…è meglio che la rispetti.

Silenzio

Il mondo chiede chiarezza, ma il mondo non sa che è nella segretezza, nel silenzio e nella capacità di manovrare nell’ombra che risiede il vero potere di Pechino e soci. C’è silenzio quando ci si chiede come siano possibili i record sospetti polverizzati dagli atleti cinesi alle Olimpiadi; c’è silenzio quando un monaco tibetano, l’ennesimo, si da fuoco per protesta nei confronti di un governo scomodo che tenta di rivendicare un territorio non suo basandosi su cartine del vecchio impero di 1000 anni fa; c’è silenzio quando ci si chiede perché ai tempi di Mao quasi 40 milioni di persone morirono e nessuno accusò mai questi crimini; c’è silenzio quando siedi in metrò, perché anche se il treno è pieno, nessuno parla e si resta isolati nelle cuffie dei propri iPhone; c’è silenzio quando passano gli scooter elettrici, passano in massa come al Tour de France non li senti arrivare; c’è silenzio alla cassa del McDonalds quando ordini un panino col suo nome e l’inserviente, non conoscendo l’inglese, non ti capisce; c’è silenzio quando tu occidentale attraversi le loro strade perché qua il diverso sei tu. Il silenzio non diventa solo terribile per le nostre orecchie ma anche per i nostri occhi. In Cina il silenzio lo vedi, lo percepisci. A svegliarti da questo incantesimo ci pensano i clacson delle automobili che suonano in continuazione. Nelle autoscuole è la prima cosa che insegnano.

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