Nei primi mesi di quest’anno il cielo in Norvegia si accenderà di colori surreali. E l’aurora boreale cucirà nastri iridescenti sul velluto della notte. E’ il momento in cui i cacciatori di aurore si preparano agli avvistamenti.
Luci effimere dipingono il cielo, danzando senza meta da un capo all’altro della volta celeste. Come per magia compaiono e volteggiano, si materializzano, fino a fondersi in un caleidoscopio di colori. I primi Inuit, i Nenet ma soprattutto i Sami, ne furono così sorpresi che fra leggende e mitologia disegnarono strani simboli sui loro tamburi sciamanistici.
Molto più a sud invece, nella lontana Roma del 1600, fu proprio Galileo Galilei il primo ad osservare e a rimanere incantato dal fascino di queste luci rossastre provenienti dal nord e a battezzarle, erroneamente, con il nome di aurore boreali. Già proprio così, il nostro Galileo almeno in questa occasione si sbagliò, perché la luce del nord non ha niente a che vedere con l’aurora, tanto che Ander Celsius (astronomo svedese, il padre dei gradi) mise in discussione questa sua definizione, affermando che se la luce del nord doveva avere un nome latino questo sarebbe stato lumina borealis.
Morfologia a parte, cosa sono le aurore boreali? In pratica rappresentano un fenomeno ottico dell’atmosfera e generato dal sole che, ad un’altezza variabile fra i 100 ed i 500 chilometri, immette particelle cariche di energia, protoni ma soprattutto elettroni. Queste particelle colpiscono gli atomi dell’atmosfera che diseccitandosi in seguito emettono luce, dando vita così ad uno degli spettacoli più belli che si possono ammirare in natura. E a seconda di quali gas le particelle cariche di energia e spinte dal vento solare vanno a colpire, le aurore assumono colorazioni differenti; il verde ad esempio è generato dall’ossigeno atomico, l’azoto causa il blu e le rarissime aurore di colore rosso prendono vita dall’ossigeno molecolare. Il fatto che siano soprattutto visibili nelle regioni artiche e antartiche, ma in alcuni rari casi anche molto più a sud come in Olanda o in Italia appunto, è dovuto al magnetismo terrestre che, essendo più intenso in prossimità dei poli, provoca una certa attrazione verso questo flusso solare carico elettricamente, creando una specie di ovale aurorale attorno ai due emisferi. Non a caso le zone migliori per osservare questo fenomeno in maniera più intensa sono situate fra il 60° e il 70° parallelo per cui, rimanendo nella nostra vecchia Europa, parliamo di Islanda, Svalbard, Norvegia, Svezia, Finlandia e Siberia mentre, spostandosi ad ovest, l’Alaska e il Canada del nord sono altri due ottimi punti di osservazione.
Quale sia il periodo migliore per osservarle ce lo spiega il professor Asgeir Brekke, docente di fisica all’università di Tromsø, fra i massimi esperti in materia: “Strettamente dipendenti dall’attività solare, le aurore boreali sono teoricamente visibili tutto l’anno, ma nei paesi del sole a mezzanotte è la troppa luminosità del cielo a nasconderle durante i mesi estivi, per cui i periodi migliori restano negli equinozi di autunno e primavera, attorno a ottobre/novembre e febbraio/marzo”. Rifacendosi a quanto dicono gli astronomi il 2013 dovrebbero essere due anni in cui l’attività solare sarà molto intensa, per cui possiamo attenderci una stagione di aurore particolarmente attiva sebbene il picco, stando a quanto ci dice Brekke, avviene sempre un paio di anni dopo le eruzioni più forti.
Ma le aurore sono già esplose come turismo di massa e sempre più persone si recano ogni anno oltre il circolo polare artico ad osservare questo straordinario fenomeno. Non a caso è nato anche un nuovo mestiere, una piccola e privilegiata comunità lavorativa: i cacciatori di aurore boreali! Proprio così, basta essere un po’ intraprendenti, conoscere i luoghi e disporre di un pc con connessione internet che con facilità si guadagna qualcosa come 1.500 € al giorno, andando in giro per fiordi o foreste con una manciata di turisti per 4 ore o poco più. Il tutto investendo 10 euro per un po’ di carburante e qualche tazza di cioccolato caldo. C’è però chi lo fa in maniera più stanziale, ed è il caso di Rob Stammes e di sua moglie Theresa, olandesi di origini e studiosi di aurore che da sette anni si sono trasferiti a Laukvik, nelle Lofoten, in Norvegia mettendo su il Polarlightcenter. “Sono queste isole il punto migliore per gli avvistamenti – sostiene con orgoglio Rob – per la grande variabilità delle condizioni meteo ed un cielo che può diventare improvvisamente chiaro anche in mezzo ad una tempesta di neve”. Rob e Theresa sono autonomi e ben organizzati pur non avendo una automobile. In compenso hanno delle comode stanze per accogliere i turisti (che mandano dai vicini di casa quanto sono troppi…) e sono circondati da computer e magnetometri per analizzare in tempo
reale le condizioni meteo, stilando delle previsioni piuttosto accurate sull’arrivo delle aurore che possono infiammare il cielo attorno alle 19 di sera, anche se è più probabile che ciò accada dalle 21 fino alle 2 di notte. E allora per i turisti più pigri c’è la classica sveglia bussando alla porta, i più tecnologici vengono invece avvisati in tempo reale da un servizio sms che segnala la presenza di aurora nel cielo e l’intensità magnetica. Poi, per i più maniaci come il sottoscritto, c’è sia un link che alcune App rilasciate dalla Unis, l’università norvegese alle isole Svalbard, sia per Android che per iphone (UAF institute), con la mappa dell’ovale aurorale e del segnale, aggiornata quasi in tempo reale. Impossibile fallire!
Come affascinarono Galilei quattro secoli fa, le aurore sono uno spettacolo che almeno una volta nella vita bisogna gustare e persino chi, come il professor Brekke, le studia da 46 anni, non ne resta indifferente. “Oltre ad un fenomeno puramente fisico, vivo le aurore ben al di là dell’osservazione scientifica. Per me rappresentano una fonte di ispirazione artistica ed un simbolo di misticismo, in un certo senso molto spirituale”. Un po’ come le antiche leggende narrate dai Sami.
NONSOLOZOO
Non pensate che il Polar Zoo sia il classico e noiosissimo zoo con animali dagli sguardi intristiti che osservano dietro le sbarre avidi turisti a caccia di immagini. Tutto il contrario. Siamo noi visitatori a sentirci in gabbia e giustamente, come dovrebbe essere in ogni zoo che si rispetti, gli ospiti del Polar Zoo vivono in un immenso areale circondato da montagne e ruscelli ed in mezzo da una miriade di alberi. Alci, volpi artiche, lupi e il ghiottone vivono indisturbati nella loro quiete artica. Il wolf-camp è un’esperienza unica nella vita, avvicinare un branco di lupi nel loro habitat naturale ed in pieno rispetto della loro gerarchia sociale è un’emozione da non perdere.
Testo e foto di Luca Bracali
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