Sicilia. Il «mare più mare» di Capo Calavà. Di Matteo Collura

PICCOLEITALIE

Per chi un po’conosce, Matteo Collura lo ritroverà con gioia e per intero in questo specchio di trasparente scrittura su Capo Calavà. Può sembrare “solo” un pezzo di bravura su un tratto di costa sicula. Ma così non è. A legger tra le righe, appare infatti in controluce – tra le rocce, il paesaggio e il mare – un ritratto d’artista che attraverso i luoghi si racconta. Era proprio questa l’idea di Piccole Italie che il mese prossimo festeggia due anni: lasciare agli scrittori l’arbitrio e la felicità di raccontare il proprio hortus conclusus, dove amano rifugiarsi o perdersi o ritrovarsi. Perché la scrittura è soprattutto un luogo – mentale o reale – dove tornare in solitudine per tirar fuori “dall’imo del proprio essere” per parafrasare Italo Svevo, quel che si è o si vorrebbe essere. In prossima uscita, segnaliamo qui il terzo libro che lo scrittore dedica alla: Sicilia, fabbrica del mito. Un florilegio di figure e personaggi – arcani o reali – che l’hanno abitata e resa unica al mondo, intessuti tra loro in una rapsodica danza che trasforma il labirinto in cui perdersi in ricciolo barocco grazie a cui mostrarsi, e viceversa. Perché la Sicilia questo è, finzione e realtà; essenza, bugia e teatralità, in sintesi: letteratura viva, appena un frammento di tempo prima di farsi scrittura.

Manuela La Ferla


Il «mare più mare» di Capo Calavà


Capo Calavà. Si chiama così uno dei luoghi che più mi stanno a cuore; e – inutile dirlo per chi un po’ mi conosce – si trova, questo luogo, in Sicilia, lungo la costa che da Messina corre verso Palermo, in lontananza, ben visibile e invitante, la spruzzata delle Eolie. Capo Calavà è un roccione color carne cui il Tirreno sembra rendere omaggio, sia che lo bagni gentile quando è calma di mare, sia che lo spruzzi furioso quando è burrasca. Vi sono tornato da poco, durante le festività del Natale, quest’angolo di spiaggia finalmente deserto, l’ideale per goderselo, passeggiandovi o stendendosi sulla ghiaia che, lambita dalle onde, manda un murmure tra il rauco e l’argentino, impossibile da udire nei lidi sabbiosi. È un sito rupestre, Capo Calavà, anche se luogo di mare; lo è come, lungo questo litorale e massimamente sulla costa palermitana e trapanese, ve ne sono tanti (Gioiosa Marea, Capo d’Orlando, Cefalù, San Vito Lo Capo). Roccia e mare: l’ideale per chi ama entrambi, il caso mio. E la roccia, in questi luoghi, ha il colore e la selvatichezza di quelle che al cinema siamo abituati a vedere nei film di John Ford. Basta voltare la spalle al mare, a Capo Calavà, per trovarsi immersi in un tipico paesaggio western. È “mare più mare”, per dirla con Stefano D’Arrigo, quello di Capo Calavà, già profondo appena messovi piede; l’ideale dunque per chi ama il nuoto, il roccione scenograficamente invogliante per girarci intorno o immergersi in un paio di sue grotte che hanno il colore dello smeraldo. Bellezza a parte, ha a un vantaggio questo luogo, quello di essere vicino a centri turisticamente importanti.
Uno di questi è Cefalù, dove le rocce della Caldura, anch’esse color carne, assicurano una continuità paesaggistica provvidenziale per chi ama i siti rupestri. È qui che Ruggero II d’Altavilla, primo re di Sicilia, volle fosse eretto il grandioso Duomo in sua memoria; ed è qui che si può visitare il piccolo, prezioso Museo Mandralisca, in cui si conserva l’enigmatico Ritratto d’ignoto di Antonello da Messina. Prossimo a Capo Calavà è anche Capo d’Orlando, su cui si affaccia quella che fu la residenza dei Piccolo di Calanovella, straordinaria famiglia di aristocratici artisti. Resta nel ricordo la visita alla villa. Fu abitata dai cugini di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo: Lucio, sublime poeta (suoi i preziosi Canti barocchi scoperti da Montale); Casimiro, pittore dalla vena esoterica e favolistica, nonché grande fotografo, attivo in un tempo che potremmo definire eroico in campo propriamente fotografico, vale a dire negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso; e Agata Giovanna, appassionata di botanica, le cui “creazioni” vegetali si possono ancora ammirare nel parco. Non andate però in agosto, a Capo Calavà. Non trovereste un angolino di spiaggia dove stendere il telo da bagno…

Matteo Collura

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