Donne viaggiatrici della storia: 8 marzo dedicato a noi


Una per tutte Annemarie Schwarzenbach: viaggiatrice, scrittrice, donna dalla bellezza androgina desiderata dal popolo maschile quanto dal genere femminile. Fiero e inquieto simbolo di un sesso che gentile non è per niente; piuttosto ribelle, forte, guerriero. Esuberante quanto lo sanno essere le donne che afferrano il brivido dell’intraprendenza per votarsi a un’esistenza da vivere in ogni palpitante secondo, esplorando il mondo che ci circonda come impeto per conoscere se stesse. Per disegnare cuciture nuove all’abito di una quotidianità che opprime e stringe.

Come ogni anno, l’8 marzo celebra le donne: nel frattempo le statistiche continuano a dipingere un quadro drammaticamente difficile per le bambine, e non solo in luoghi tristemente noti alle vicende storiche dell’ultimo periodo quali Afghanistan o Siria, ma tragicamente vicine a noi, negli abissi di silenziosa disperazione fra le mura di casa.
Esiste un sentimento che ci salva e perseguita: è l’inquieta fedeltà al cuore, capace di spingerci verso confini pericolosi, per consegnare il passaporto di noi stesse alla libertà con l’orgoglio e l’abnegazione di chi sa conservare nello sguardo a volte stanco l’inestinguibile fiamma di vita. Da secoli esistono donne che si battono per la cultura, i diritti di chi non ha voce: la conquista di una propria camera da chiudere a chiave, come scrisse Virginia Woolf.

Nei primi anni del Novecento la nobildonna ingese Louisa Jebb esplora la Turchia a cavallo, mascherata da uomo, con un’amica. Nel 1936 Beryl Markham attraversa, prima donna al mondo a farlo, l’Atlantico da est a ovest, in 21 ore e 25 minuti. Donne in viaggio nonostante le difficoltà del tempo, viaggiatrici che non si arrendono e si appassionano della cultura dell’Altro tanto da farne la loro causa: a metà dell’Ottocento Amelia Edwards, giornalista, dopo l’arrivo nella terra dei Faraoni, diventerà un’esperta egittologa, sostenendo fino al termine dell’esistenza la necessità di salvaguardare l’immenso patrimonio culturale di questo Paese.
Spericolate aviatrici o in corsa nella polvere della strada, è l’ignoto a guidarle; viaggiatrici del passato o del presente, come Robyn Davidson, che alla fine degli anni Settanta attraversa il deserto di Gibson per 1700 miglia, con il suo cane e tre cammelli.
Annemarie Schwarzenbach con la sua automobile solcò territori inesplorati, fino a raggiungere Iran e Afghanistan: morirà, per una banale caduta, dopo essere stata internata in un ospedale psichiatrico.
Donne amareggiate, oltraggiate e uccise. Picchiate, violentate, offese, incomprese.
Donne che non si arrendono. E continuano, imperterrite e fiere, la loro strada attraverso un mondo da ridisegnare.

Maddalena De Bernardi © RIPRODUZIONE RISERVATA | Foto web

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