Passano lenti i paesaggi ghiacciati oltre il vetro del Tramway du Mont Blanc. A bordo di questo nostalgico convoglio rosso da Le Fayet ci si inerpica fino al Col de Voza, in una scalata incantata. E “da quassù la Terra è bellissima”
Chamonix non ha bisogno di presentazioni: è una delle capitali mondiali dell’alpinismo e dello sci, cosmopolita quanto basta (la clientela straniera rappresenta oltre il 50% dei visitatori), con una ricca offerta culturale, ricettività per ogni genere di tasca e soste a tavola mai banali. Insomma, una cittadina di montagna dove si viene conquistati
dall’atmosfera charmante che si respira nei pomeriggi dell’après-ski, nelle vie dello shopping e nelle terrazze dei caffé sempre affollate. Girando fra le vie del centro, ci si ritrova sempre a passare sotto la famosa statua in riva all’Arve, che immortala la guida Jacques Balmat nell’atto di indicare allo scienziato ginevrino Horace Bénédict de Saussure la cima del Monte Bianco. E allora si capisce che tutto è iniziato da lì, da quella mitica cima che rappresenta il tetto d’Europa e che dalla fine del ‘700 ha affascinato e continua a far sognare generazioni di viaggiatori, alpinisti, escursionisti e semplici turisti. Oggi agli inglesi, comunque sempre legati a queste montagne dove molti connazionali hanno scritto le prime pagine dell’esplorazione naturalistica del massiccio, si sono aggiunti russi e orientali che fanno del Monte Bianco una delle tappe del loro moderno Grand Tour d’Europa.
Durante la stagione invernale 2012-2013 Chamonix ha festeggiato i 120 anni da quando, nel 1893 il primo paio di sci fece la sua apparizione nella valle. E non c’è modo migliore, per tuffarsi nelle atmosfere del turismo d’antan, che visitare le sale del rinnovato Musée Alpin. Dipinti, affiches, oggetti ci riportano alla frizzante vitalità della Belle Epoque. Altrettanto interessante la visita all’Espace Tairraz, un museo che comprende una sezione dedicata alla storia dell’alpinismo. L’Espace Alpinisme si caratterizza per un percorso ludico e interattivo che permette di scoprire, toccare, manipolare, tanto da consentire al visitatore di sentirsi un vero e proprio alpinista, almeno per il tempo della visita. E come non emozionarsi di fronte alle belle immagini di un grande fotografo come Mario Colonel e alle poetiche sculture di Paolo Albertelli che interpretano con la loro sensibilità l’universo della montagna e dell’ascesa verso le vette.
Ma Chamonix e dintorni offrono un modo tutto particolare per scoprire il massiccio del Monte Bianco, anche a chi alpinista non è. È il mondo magico dei trenini d’epoca che si arrampicano a duemila metri e più, anche in inverno, quando la neve aggiunge un tocco fatato a questi paesaggi di grandi montagne. Partiamo dall’escursione a Montenvers per ammirare la Mer de Glace. Il trenino rosso, con le panche di legno, si innalza lento nella foresta innevata: in inverno gli animali tendono a scendere a valle per cercare cibo ed è facile scorgere qualche coppia di timidi caprioli che si nasconde dietro gli alberi. Il viaggio è breve: solo una ventina di minuti, ma si sale di quasi mille metri e a quota 1913 si arriva alla stazione finale. Fuori ci attende uno dei più celebrati paesaggi delle Alpi: la Mer de Glace, il grande ghiacciaio che descrive il suo corso sinuoso fra pareti di granito che sono entrate nella storia dell’alpinismo, il Dru, l’Aiguille Verte, le Aiguilles de Chamonix, le Grandes Jorasses.
Se a Montervers tutto è verticalità, un altro percorso su un trenino di montagna ci offre un’immagine diversa del massiccio del Monte Bianco, quello di grandi calotte glaciali dalle forme arrotondate che si stagliano all’orizzonte, bordate da boschi e pascoli che scendono dolcemente verso valle. C’è tutto questo incorniciato nei finestrini del Tramway du Mont Blanc, il trenino centenario che sale da Le Fayet, 580 metri, fino al Col de Voza a 1660 metri di altitudine. D’estate si arriva fino ai 2372 metri del Nid d’Aigle, di fronte al ghiacciaio di Bionassey, ma d’inverno – per problemi di sicurezza – bisogna accontentarsi di rimanere un po’ più in basso. Ed è bello così, perché il percorso del Tramway, soprattutto nel tratto fra Saint Gervais e il colle, offre paesaggi da godersi con assoluta lentezza. La velocità non supera mai i 20 chilometri ora e, se si trova la giornata tranquilla, si avrà anche l’opportunità di entrare in cabina a seguite i gesti attenti e antichi del conducente. Su questa linea, all’occorrenza, anche gli scambi vengono manovrati a mano e i tre convogli che trasportano turisti e vettovaglie per gli alberghi situati a monte, hanno i nomi delle figlie del proprietario negli anni Cinquanta: Marie, Jeanne e Anne.
Tutto rimanda a un modo di viaggiare fatto di tempi lenti e rilassati. Anche per questo, arrivati in alto al Col de Voza, piuttosto che infilarsi un paio di sci e scivolare veloci sulle piste battute, è meglio calzare un paio di racchette da neve e avventurarsi con passi cadenzati nel folto del bosco, fra alberi carichi di neve scesa nella notte. E uscire poi in pieno sole in una radura appartata: l’azzurro del cielo, il bianco della neve, il verde degli abeti e la certezza che nessuno prima di noi ha lasciato tracce sul manto candido.
Testo e foto di Dario Bragaglia © RIPRODUZIONE RISERVATA
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