India. In Gir con il leone



Il re della giungla non si trova solo in Africa. Dopo aver rischiato l’estinzione, il suo fratello minore si aggira ancora per la savane dell’India


Il Gujarat, la grande casa del leone

Terra di commercio, antichi templi e natura selvaggia, il Gujarat è uno stato tra i più floridi e meno conosciuti dell’India, dove antiche tradizioni sono affiancate dall’avanzare impetuoso di una frenetica modernità. Patria del grande Mahatma Gandhi, questa regione al confine con il Pakistan, piccola penisola a ovest della penisola indiana, è un agglomerato di monumenti strepitosi che si stagliano in una ruralità pacata, un intreccio di villaggi dove convivono etnie tribali e nomadi, popolazioni di fede hindu e jainista, mussulmani e cristiani. Sulla costa, una manciata di porti commerciali ha accolto secoli di ricchezze, lavoro, e soprattutto popoli che hanno costruito una storia, da leggere in un lungo susseguirsi di siti d’interesse religioso e culturale.

Oltre ai simboli del passato e a bianche spiagge che guardano l’oceano, a rendere attraente questa regione ci sono le foreste e i parchi naturali, meta privilegiata per gli amanti del safari. Ciò che rende il Gujarat famoso in tutto il mondo, infatti, è il leone asiatico (Panthera leo persica), un affascinante quanto raro animale originario di questa regione, classificato tra le specie più minacciate del mondo, i cui ultimi esemplari si trovano nel Gir Forest National Park, una riserva naturale situata nella parte meridionale della regione. Con le sue colline rocciose, i tanti fiumi circondati da macchie di fitta vegetazione e le vaste praterie, il parco è una delle più importanti aree protette in Asia, e l’unico luogo dove si può ammirare il leone asiatico.

Tra gli altri animali che abitano questa oasi protetta, altri due sono registrati nel Libro Rosso dello IUCN delle specie in pericolo di estinzione. Si tratta del leopardo (Panthera pardus) e del coccodrillo di palude (Crocodylus palustris palustris), che sopravvive con alcuni esemplari nelle acque di un grande bacino presente nella zona centrale della riserva. Ma è il leone ad attirare nella foresta del Gir un turismo in continua crescita, con un indotto economico e occupazionale di grande interesse. Dai tanti hotel, dai lodge e dai campi tendati partono ogni giorno processioni di fuoristrada per addentrarsi lungo i sentieri del parco, tra foreste aride di teak e di acacie, laghi, corsi d’acqua, radure e savane, nella speranza di avvistare il padrone della foresta. Non basta una giornata per vederlo: occorre pazienza per ammirare questo nobile predatore, magari sorprendendolo mentre caccia un cervo pomellato, quando riposa all’ombra di un albero o quando beve intorno a una pozza, chissà dove nel parco.



Il leone asiatico, re del Gir

È uno degli animali più epici e leggendari della storia, basti pensare che la Bibbia lo cita ben 157 volte e nei bassorilievi babilonesi è sempre lui il bersaglio preferito delle lance scagliate dall’avido e temibile Nabucodonosor. Un tempo il suo vasto areale di estendeva dall’India fino all’Europa centrale, in Grecia e persino in Italia, dove pare abbia vissuto nel pleistocene superiore, circa 20.000 anni fa. Lui, sua maestà il leone asiatico, oggi è confinato in una piccola porzione di terra del Gujarat, una regione a nord-ovest dell’India, non troppo distante dai confini del Pakistan. Cacciato, braccato e perseguitato, il leone asiatico, nei primi anni del ‘900 vacillava sulla soglia dell’estinzione: solo 13 esemplari erano sfuggiti alla caccia spietata dell’uomo e fu così che il Nababbo di Junagadh, nel 1910 dichiarò la sua definitiva tutela. La munificenza di quest’uomo dette avvio a un costante processo di ripopolamento di tutta l’area, in quella che era stata per anni una riserva reale di caccia, e secondo l’ultimo censimento, quello del 2010, ad oggi si contano ben 411 di questi splendidi animali, ben 52 in più rispetto al controllo del 2005.

Sono le asciutte foreste di teak e di acacie il regno del leone asiatico recluso, ma non troppo, all’interno del  parco di Gir, un areale di 1.400 kmq, che sconfina nel villaggio di Sasam. Il leone asiatico è uno dei cinque grandi felini dell’India, ma è l’unico che vive e caccia in branco, mantenendo buone abitudini sociali, anche se ridotte alla presenza di due sole femmine, che si congiungono con gli altri membri solo per l’accoppiamento o per dividere una preda di grandi dimensioni. Rispetto al suo cugino africano, il leone asiatico è di poco più piccolo (circa 190 kg), ha la pelliccia di un colore più chiaro e sfoggia una criniera meno folta e più brunita.

Ma quali sono i punti deboli di questa specie così poco conosciuta, che un tempo divideva il suo territorio con tigri del Bengala, leopardi indiani e ghepardi asiatici? Il primo è un fattore genetico:  sembra proprio che l’attuale popolazione derivi da solo 13 esemplari, con evidenti rischi nell’accoppiamento legati alla consanguineità. Questo fattore può ovviamente rendere i leoni più vulnerabili a malattie, dovute all’indebolimento del sistema immunitario, e meno fertili. Più facile è invece intuire il secondo problema: l’uomo. Che, se dopo un secolo ha imparato a non sparare al leone per cacciarlo, non ha ancora capito come lasciarlo in vita. Il problema reale è che nel parco di Gir vi sono molti villaggi e il parco stesso in realtà non ha confini. Gli abitanti di Sasam, che siano santoni hindu o contadini, non hanno affatto paura dei leoni e hanno imparato a conviverci, tanto da muoversi in mezzo alla foresta da soli, a piedi o in motorino. Ma al tempo stesso sono costretti a proteggere il loro bestiame, mandrie di pecore, bufali e vacche, oltre a dover irrigare campi e piantagioni. Vasti recinti elettrificati e innumerevoli pozzi d’acqua a cielo aperto si trasformano così in trappole mortali per i leoni, le uniche due cause di numerosi decessi.

Come in una fiaba o in un film d’avventura, l’interazione fra animali, uomini e ambiente a Sasan è possibile e imprevedibile. L’ultima sera in cui ho realizzato questo servizio mi trovavo a cena con il mio operatore video e un collega di National Geographic in un piccolo hotel, a una manciata di chilometri dal parco. Alle 20.30 un branco di dieci leoni (sei maschi e quattro femmine) è sceso ai margini di quel fiume su cui, poche ore prima, stavamo scattando immagini a un gruppo di donne che asciugavano i loro sari sotto un sole cocente. E nella loro sacralità tre vacche sono state uccise e sbranate, lasciando i resti a un leopardo, che è arrivato poco dopo, illuminato dalle torce dei contadini. A noi non è stato detto niente. Solo al mattino, dopo che qualcuno ha spifferato la notizia, abbiamo potuto riprendere i resti delle carcasse. La sera stessa coincideva con la nostra partenza, ma siamo pronti a scommettere che se quei leoni fossero scesi di nuovo a Sasam, difficilmente avrebbero fatto ritorno a Gir…


Testo e foto di Luca Bracali  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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