È un appuntamento da prendere sul serio, questo. Immergersi nella natura intatta dà nuova linfa alla mente e allo spirito, soddisfa i sensi per le meraviglie che offre, allarga i polmoni per la purezza dell’aria. Non a caso la Foresta è l’orgoglio dei polacchi
?Logudoro, Marchesato, Maremma, Cilento, Montefeltro, Langhe, Pratomagno ecc.; sono alcuni dei fascinosi ‘nomi’ di aree geografiche italiane originate dagli avvenimenti della storia. In Polonia, è la stessa cosa. Esistono i Voivodati (Województwo, dalla radice slava ‘vojn’ che indica ‘tutto ciò che dipende, deriva, è connesso a…’) e ciascun Voivodato ha il proprio nome affascinante, in questo caso ‘italianizzato’: Varmía-Masura, Pomerania, Podlachia, Masovia, Cuiavia, e così via. E’ una prima riflessione fatta a bordo dell’aereo di fabbricazione brasiliana (!) targato LOT (Linee Aeree Polacche) che da Malpensa conduce a Varsavia: piccolo, compatto, nuovo e quindi comodo. Un’occhiata superficiale ma curiosa alla capitale a bordo taxi, per raggiungere la Stazione Ferroviaria: grandi arterie, bei palazzi, molto verde e gli immancabili grattacieli a marcare lo stacco definitivo dalla vita precedente, quella che si svolgeva sotto la sfera d’influenza del regime sovietico. Altri anni: vicini nel tempo, ma lontanissimi dai pensieri moderni dei moderni polacchi. D’altra parte, la vitalità del traffico non si discosta molto da quella delle altre città europee; solo che – ma può essere un’impressione tutta da verificare – gli abitanti sembrano meno esuberanti e disinvolti; attivi e determinati si, ma quasi timorosi (e la loro riservatezza starebbe a confermarlo) di apparire del tutto liberi dagli antichi pensieri e dalle esperienze non sempre felici che la storia ha riserbato loro. Sarà solo questione di tempo, dopotutto, per far si che anche le generazioni più anziane si aprano al vivere moderno; i giovani, questo è certo, lo fanno con grande naturalezza e col piglio sfacciato tipico della loro età. Il taxista, attempato e per niente chiacchierone, ci scarica alla Stazione Centrale; da qui un intercity comodo e luminoso percorre un lunghissimo binario tra il verde della campagna per lasciarci a Bia?ystok, capoluogo del Województwo Podlaskie (Voivodato della Podlachia) il cui nome, nell’antico polacco, starebbe a indicare un “pendio bianco” o un “ruscello limpido”.
Bia?ystok, città ‘privata’
Infatti Bia?ystok è costruita su dolcissimi pendii, rigata da limpidi ruscelli e laghetti ed è capoluogo di questa regione orientale della Polonia, confinante con Lituania e Bielorussia. Città sorprendente, Bia?ystok. Non piccola, ma nemmeno troppo estesa; tutto è costruito con garbo e attenzione al valore primo della ‘vivibilità’; persino le vecchie case vengono ristrutturate e rinfrescate nel rispetto della sobria eleganza generale, cui non sfuggono anche le abitazioni nuove, edificate nel segno della ‘gradevolezza’ di fondo che caratterizza l’ambiente. E poi il centro storico. Piacevole com’è, ulteriormente impreziosito da una vastissima area pedonale, esprime architettonicamente la curiosità della propria origine di ‘città privata’, il cui nome sarebbe stato dato dal Granduca di Lituania Gediminas nei primi decenni dell’anno 1300. Ma lo sviluppo edilizio più significativo Bia?ystok lo deve a Jan Klemens Branicki, pretendente al trono di Polonia, che nel XVIII secolo trasforma i vecchi edifici in splendide residenze nobiliari, frequentate da numerosi uomini di cultura, qui attirati dal suo mecenatismo. Nel 1749 Bia?ystok assume lo status di città e percorrerne oggi gli antichi sentieri divenuti vie moderne e spaziose, non ne cancella il ricordo e la preziosità storica. Molti i luoghi e gli edifici interessanti; fra i più importanti: piazza Ko?ciuszko, chiesa ortodossa di Maria Maddalena, Municipio nella originale piazza triangolare, Archivio Nazionale, monumento al Maresciallo Pi?sudski, palazzo e parco Branicki, Museo Storico e Centro Zamenhof, dedicato all’inventore dell’Esperanto, qui nato. I dintorni di Bia?ystok, verdi e rilassanti, conducono ora verso la zona di Bia?owie?a; prima di arrivarvi, merita una visita la curiosa struttura esterna, pareti e ‘coni’ violacei sovrapposti, della chiesa ortodossa di Hajnówka, a una ventina di chilometri dalla zona della Foresta.
Nascita e traversie di Bia?owie?a
Le ‘tracce biografiche’ della Foresta, dalle origini ai nostri giorni, testimoniano quanto quest’area perennemente di confine abbia dovuto affrontare e soffrire i capricci, i soprusi e persino le nefandezze dell’uomo, indipendentemente dal ‘colore’ della casacca indossata nel corso dei secoli. Queste le tappe essenziali della ‘vita’ della celebre Foresta di Bia?owie?a, ultimo rifugio del bisonte europeo. Nel XIV secolo è una riserva di caccia, mentre nel secolo successivo re Ladislao II di Polonia ne diviene proprietario. La quercia di Jagiello, ancor oggi in ottima salute, pare sia stata il luogo di riposo del re. Il primo atto legislativo a protezione di Bia?owie?a è del 1538 e si deve a re Sigismondo il Vecchio: pena di morte per i bracconieri; peccato che due anni dopo il territorio diventi una riserva di caccia. Un altro re (Ladislao IV Vasa) nel 1639, libera dalla schiavitù i contadini della zona; in cambio proteggeranno la foresta e cacceranno i bisonti per conto del sovrano. Dopo le Spartizioni della Polonia, lo zar Paolo I riporta gli abitanti di Bia?owie?a alle condizioni di servi della gleba e lascia nelle mani degli aristocratici e degli ufficiali militari il territorio; risultato: popolazione di bisonti decimata per i troppi cacciatori. Cerca di ‘rimediare’ lo zar Alessandro I, che reintroduce la riserva di caccia dichiarando che ‘solo lo zar può uccidere i bisonti’; di fatto il numero di animali selvatici ritorna a livelli accettabili. Esagera un po’ lo zar successivo (Alessandro II) che ordina agli abitanti della zona di uccidere indiscriminatamente tutti i predatori presenti; conseguenza logica, scompaiono lupi, orsi e linci. Mentre i lupi e le linci riappaiono nel territorio, risale al 1872 l’uccisione dell’ultimo orso, mai più rivisto in seguito.
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