L’uomo è misura di tutte le cose, diceva Protagora. In Umbria l’uomo ritrova la sua dimensione, riscoprendo un modo di viaggiare più lento e di qualità. Tra i boschi e i colli percorsi da Hesse e da Goethe, chi esplora questa regione riscopre il contatto con la terra. Chi viaggia in Umbria sa che per capirla bisogna percorrerla lentamente, a cavallo, a piedi o in bicicletta. Il progetto Umbria&Bike traccia più di trenta itinerari ciclabili, con lo scopo di far conoscere quelle “atmosfere e sensazioni antiche di quando il viaggio era una cosa seria, un’avventura del corpo e dello spirito”. La bicicletta diventa allora una filosofia di viaggio, la sua velocità quella giusta. Il vento soffia fresco sul viso e libera la mente. Lo stesso vento accarezza le chiome argentate degli ulivi, giganti mitologici dal tronco nodoso, e porta in giro le storie della terra umbra. Viaggiando lentamente si ha la possibilità di fermarsi ad ascoltare le storie dei luoghi.
L’Umbria è una terra densa, spirituale e incontaminata. A nord, la terra gioviale degli etruschi. Al centro, gli umbri: il discreto e timido popolo dei boschi. A sud invece la Sabina, terra spirituale e patria di San Francesco di Assisi, San Benedetto di Norcia e Santa Rita da Cascia. Da Spoleto a Norcia si snoda un percorso ciclabile che segue la vecchia ferrovia tra faggi, colline e marcite verde brillante. La strada parte da Spoleto, la città dei duchi longobardi, degli affreschi di Pinturicchio, del Festival dei Due Mondi e delle leggende del bosco sacro di Monte Luco, dove si ritiravano gli eremiti siriani, i Padri del Deserto. A Norcia, patria di San Benedetto, si ascoltano invece le storie dei monaci benedettini che giungono qui da tutto il mondo, chi dall’Indonesia e chi dalla Scozia, e che fermentano la birra: UT LAETIFICET COR, per rallegrare il cuore. Questa è la terra del tartufo nero, la terra dei cavatori e dei loro fedelissimi cani. Terra di religione e superstizione: terra di crocefissi appesi sopra i macchinari per la spremitura delle olive a scacciare influssi maligni e terra delle processioni del nove dicembre, quando a Norcia i fedeli illuminano le strade con enormi torce ardenti e pire di fuoco per far luce agli angeli che scortano la Madonna a Loreto. Terra dell’olio, che in Umbria appena spremuto sa di erba fresca tagliata e di boschi, mentre al sud ha il profumo dei pomodori caldi maturati al sole.
Un altro itinerario è quello che percorre parte dei monti Sibillini, sull’Appennino umbro-marchigiano. Un percorso più spirituale, più esoterico. Lasciate le faggete si sale fino all’altipiano di Castelluccio di Norcia. Le groppe brulle e selvagge dei Sibillini circoscrivono un’infinita distesa d’erba. Le greggi e i cavalli pascolano bradi. Questo è l’altipiano più famoso per la fioritura primaverile: il giallo dei fiori della lenticchia, il verde dell’erba, il rosso dei papaveri, il bianco delle margherite, il blu dei fiordalisi. Si dice che tra queste montagne si nasconda la bellissima Sibilla, rivale della Vergine per la maternità di Cristo, rifugiatasi nella Grotta dopo la cristianizzazione dell’impero romano. Tra le gole spoglie delle montagne si celano i segreti dei riti di negromanti, demoni ed energie esoteriche. La notte si narra che le Sibille scendano alla piana per danzare al plenilunio, i lunghi capelli sciolti sui bianchi corpi statuari per nascondere gli zoccoli di capra. Si racconta la leggenda del lago di Pilato, che nasconde il corpo del procuratore romano, ritenuto indegno di sepoltura e inghiottito dalle viscere della montagna. L’Umbria è una terra da ascoltare, da scoprire lentamente. Spesso per capire un posto bisogna saper avere pazienza, saper ascoltare la gente che si ferma a chiacchierare, le leggende dei vecchi la sera e scoprire che basta fare davvero solo qualche miglio per scoprire un mondo nuovo e affascinante.
Testo di Elena Brunello | Foto di Elena Brunello e Umbria&Bike
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