Polo Nord, un termometro per il mondo



Nel villaggio norvegese di Ny Alesund, tra i fiordi e i ghiacciai delle Isole Svalbard, i ricercatori di 12 nazioni studiano i cambiamenti climatici nella stazione di ricerca più a nord del pianeta.

Ny Alesund è l’insediamento più a nord del pianeta, un gruppo di casette in mezzo a infinite distese di ghiaccio e neve, orsi bianchi e fiordi: siamo a Spietsbergen, la più grande delle Isole Svalbard, un luogo difficilissimo da raggiungere situato al 78° parallelo di latitudine, in pieno Circolo Polare Artico. Da questo estremo nord della Norvegia partirono le due grandi spedizioni guidate dal comandante Umberto Nobile che hanno segnato la nostra epoca: la prima traversata transpolare, con Amundsen ed Ellsworth nel 1929, e l’avventura del Dirigibile Italia, che nel 1928 raggiunse il polo nord e nel viaggio di ritorno si schiantò tragicamente. Oggi, in questo avamposto storico irraggiungibile ai non addetti ai lavori, si trova oggi uno dei centri di ricerca più importanti al mondo, un villaggio-laboratorio che ospita 200 persone in estate e circa 38 in inverno, nelle basi di 12 nazioni, fra cui quella del Cnr italiano.

Inaugurata nel 1997, la Dirigibile Italia è una stazione permanente di circa 330 metri quadri, capace di ospitare 7 ricercatori. Documentare che fanno i nostri scienziati non è facile, ancora meno lo è capire le dinamiche che gravitano attorno alla ricerca. Ci accoglie Roberto Sparapani, veterano station-leader della base, e ci racconta qualcosa della vita all’estremità del pianeta. Sole di mezzanotte e aurore boreali, campionamenti tutto il giorno, pasti gioviali alla mensa comune, e tanta attenzione all’orso polare, che da queste parti costituisce la più grande minaccia. Il lavoro nella stazione del Cnr si basa su ricerche approfondite, dove lo studio dell’aria riveste un ruolo di grande importanza per capire le evoluzioni climatiche e quanto l’inquinamento industriale ne influenzi i processi. Ne parliamo con Fabio Giardi, il giovanissimo vice-station leader che, coordinato dall’università di Firenze, è impegnato nella ricerca e nell’analisi chimica dell’aerosol artico, cioè tutte quelle sostanze, solide o liquide, che sono presenti nell’aria a latitudini polari e riflettono le radiazioni provenienti dal sole. «Un’analisi della sua composizione può aiutarci a comprendere meglio se la sua origine sia umana o naturale, da dove provenga e quali siano i fattori che lo influenzano», spiega Giardi.

Dalla troposfera agli strati più profondi del ghiaccio, a Ny Alesund vengono fatti campionamenti incrociati, confrontando ciò che è presente nell’atmosfera con quanto si deposita nella neve. Andrea Spolaor, 29 anni, ricercatore del dipartimento scienze ambientali dell’università di Venezia, durante la sua permanenza alla Dirigibile Italia ha recuperato una carota di ghiaccio di 12 metri e scavato circa 50 trincee di neve per prelevare campioni da analizzare in laboratorio: lo studio del manto nevoso e della sua evoluzione è utilissimo per capire come si evolve in funzione delle variazioni climatiche e meteorologiche, oltre a fornire informazioni fondamentali per la previsione delle valanghe in zone alpine.

Le ricerche effettuate finora sembrano confermare la visibile diminuzione del ghiaccio marino convalidate anche dalle immagini satellitari. «La dinamica che porta al riscaldamento globale è generata da un ciclo a catena – spiega Spolaor – ad un cambio di correnti segue il riscaldamento delle acque oceaniche e quindi una riduzione della formazione di ghiaccio, che innesca una diminuzione dell’effetto albedo, cioè la capacità di riflettere la luce». Gli oceani assorbono più energia e la temperatura delle acque aumenta. Ecco perché dobbiamo sforzarci di far capire a tutti coloro che sono sensibili all’ambiente e amano il nostro pianeta, che il global warming non è frutto dell’immaginazione o di una mera operazione di marketing. Il riscaldamento globale è una realtà, un lento ma inarrestabile meccanismo che cambierà definitivamente il volto del nostro mondo. È molto probabile che la Terra stia entrando in una nuova fase geologica, ma è altresì vero che l’azione dell’uomo, autore di un eccessivo e mal regolato processo di industrializzazione, porterà a conseguenze fatali. Occorre fare qualcosa, se non vogliamo che il polo nord, i ghiacci artici e l’orso polare siano solo favole per i nostri pronipoti.

Testo e foto di Luca Bracali © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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