Puntuale come un orologio svizzero, il direttore Kurt arrivava alle 8 di ogni mattina dall’altra sponda del Chao Phraya river, rigorosamente in camicia bianca e cravatta. Lo attendeva ferma e paziente come un cagnolino fedele, la splendida ragazza in tipico vestito thai a mani giunte, col sorriso eternamente stampato sul volto seppur sempre fresco e mai finto. Sulla deliziosa ed esclusiva terrazza del Mandarin Oriental Hotel di Bangkok, tutto era perfettamente in regola; il breakfast mattutino inaugurava il quotidiano sfoggio di classe, di ospitalità, di leggenda e savoir faire , ottimamente servito in dolce salsa orientale. Mentre mister Kurt si sedeva al suo solito tavolo, i clienti ben sistemati osservavano l’acqua sporca grigio-verde del fiume, incessantemente solcato da barche, chiatte e barchette. Il tutto nel mezzo di un frastuono leggero, come un sottofondo musicale sommesso e continuo, soltanto di rado interrotto dal suono improvviso di una piccola nave.
Ai lati del famoso albergo, lo Sheraton e lo Shangri-la molto imponenti e “stellati”, non potevano però vantare la sua grande storia, lo stile, lo charme, e i suoi famosi visitatori. L’Oriental era il regno indiscusso del servizio perfetto e dell’epoca coloniale nell’antico ed esotico Siam. Ogni cosa risplendeva nell’ordine, nella pulizia, nell’efficienza a buon mercato, senza scadere nella ricercatezza eccessiva e nello snobismo. Nelle ampie camere e suites, impreziosite dal pregiato granito ed intitolate ad Hemingway, Conrad, Le Carrè, Maugham e Grisham, le orchidee sui bei letti rifatti davano quel tocco divino di tropicale atmosfera. Nella sontuosa hall ai lati della graziosa fontana, la sera ci dilettavano tre violinisti. mentre il forte odore di cera nel pavimento prendeva forte l’olfatto, regalando un profumo intenso quasi di bucato orientale. Tra gli aperitivi, gli ingressi continui, le richieste alla conciergie delle economiche taxi-limousine, signore e signori si dirigevano ai raffinati ristoranti dei piani sopraelevati, fra cui il Lord Jim ed il Normandie spiccavano per la “haute cuisine” internazionale.
Mr Sorn malgrado ne avesse ben poca, si sbarbava due volte al dì ed era mio amico di vecchia data; dirigeva i lavori della gentile reception come una grigia eminenza, con inchini del capo solerti e precisi. Ricche e mature signore adornate di preziosi gioielli, passeggiavano tronfie nella galleria sottostante, dove lo show-room di Vuitton la faceva da vero padrone. Ma il top di un luogo così confortevole sebbene non caro, s’ammirava nella bella piscina lussuosamente arredata, donde bastava un movimento leggero di mano o solo un colpo di tosse, perchè un ragazzo svelto e servile arrivasse all’istante. Poi di notte seduti in veranda, col placido fiume riverberato da migliaia di luci, con i tavoli pieni d’appetitose vivande, l’Oriental pareva un castello raro e incantato, riservato proprio ai figli di un dio. Il dio dollaro. Se ad una ragazza o un cordiale tassista della città thailandese, si confidava di dormir invero là, loro sgomenti ti guardavan come fossi il padrone del Colosseo o del Louvre.Quando ci si entra al Mandarin, sembra davvero che anche i divani sorridano.
Testo di Luigi Cardarelli | Foto web
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