Il Tevere fu una delle più importanti vie di comunicazione del passato: una grande strada lungo la quale transitavano uomini e merci a bordo di rudimentali zattere: ecco perché anche noi abbiamo voluto fare quest’esperienza singolare. Salpata l’ancora da Ponte Marconi a Roma, il comandante Ubaldo Ranucci, nel suo verace dialetto romano, ci spiega che sta andando volutamente controcorrente, per subito seguire quella a favore, provocando al battello una spinta simile a quella di 50 uomini, direzione mare. Si parte per raggiungere Ostia Antica a bordo dell’Invincibile. Saranno 37 chilometri di navigazione in poco più di due ore, circondati da una natura pressoché sconosciuta, con angoli suggestivi, sia dal punto di vista floreale che da quello faunistico e storico.
Il primo incontro è con la cooperativa di pescatori di anguille, che utilizzano reti dette bertovelli, a forma di cono, in cui esse entrano agevolmente, ma non riescono più a uscire. Tale tipo di pesca in passato veniva molto praticato, perché il Natale senza capitone non era Natale. Quando raggiungiamo le prime spiaggette, il comandante Ubaldo racconta che erano dette renelle, quando venivano usate dai romani per prenderci il sole e fare i bagni, sempre nudi. Ma tale usanza non durò a lungo: con un editto la Chiesa ordinò al popolo di continuare a praticare i bagni, ma separatamente: su una sponda c’erano le renelle per gli uomini e sull’altra quelle per le donne. È noto che, molto tempo prima, sulla riva sinistra del Tevere erano insediati gli Etruschi e su quella destra i Latini. Oggi lungo questo stesso percorso si possono osservare ancora tracce di quegli insediamenti, come ad esempio una bitta che sporge dall’acqua, dove venivano attraccate le barche. Ora quel traffico commerciale non esiste più e sulle rive del Tevere ci si viene per pescare o per dipingere.
Il Tevere, non avendo i margini protetti, è sempre stato soggetto a piene: quella del 1598 fece debordare il fiume, allagando completamente la città e le campagne circostanti, lasciando, al suo riassorbimento, numerose barche arenate. In memoria di quella funesta alluvione, il Bernini sembra abbia preso ispirazione per la realizzazione in pietra della “Barcaccia”, la magnifica opera che troneggia ai piedi della scalinata di Piazza di Spagna, rappresentando una di quelle tipiche imbarcazioni per il trasporto del vino. Superiamo il ponte della Magliana, così chiamato perché qui abitava la ricca famiglia Gens Maglia. Era un ponte apribile come altri, per permettere il trasporto fluviale di merci varie e oggetti molto pesanti e voluminosi, come ad esempio gli obelischi egiziani che svettano in alcune piazze di Roma. Superato il quartiere Eur Vallerano, parte una pista ciclabile che giunge ai ponti del Grande Raccordo Anulare. Ogni tanto lungo gli argini si vedono cocci di oggetti in terracotta, tra i quali anche resti di vecchie anfore che, essendo molto fragili, durante la navigazione fluviale spesso si danneggiavano irreparabilmente e quindi venivano abbandonati in acqua.
Passiamo poi sotto il ponte detto di “Brooklyn” vicino a via Portuense, opera dell’arch. Pier Luigi Nervi, dove un tempo, c’era il percorso dei pellegrini che andavano dalla Magliana alla chiesa di Santa Passera. L’ultimo restauro risale al XIV secolo. Una delle particolarità di questa gita fluviale è l’ottica completamente diversa che offre. Ogni giorno, infatti, si osserva distrattamente dalla strada la natura, magari andando al lavoro: da qui, invece, tutto ciò che ci circonda è pervaso da un silenzio incredibile, con una flora e una fauna impensabile. Durante tutta la navigazione, si osservano alberi e canneti lungo le rive popolati da numerosi uccelli: alcuni guardinghi, mimetizzati tra la vegetazione, attendono un fruscio, un guizzo, per avventarsi sulla preda, che può essere un pesciolino, un verme o qualsiasi invertebrato.
Poco oltre, ecco la cascatella dove saltano i cefali che vivono indifferentemente nel fiume o nel mare. Qui vivono Giorgina, Michelina e Asdrubale, una famigliola di nutrie molto affezionate ai naviganti che hanno l’abitudine di dare loro pezzi di pane. Alla vista del battello, si tuffano precipitosamente in acqua, raggiungendolo in un battibaleno. Improvvisamente appaiono tra i rami degli alberi alcuni caratteristici nidi di pendolini, graziosi uccellini, con l’aspetto insolito di un calzino appeso. Il pendolino maschio, prima prepara il nido col polline dei pioppi, poi invita la femmina a vedere se le aggrada, e se è per il sì, con…volano a nozze. Gli antichi Romani andavano alla ricerca di questi nidi per usarli proprio come calzini. Folaghe, anatre, germani reali, aironi bianchi e cenerini, gabbiani, papere, nutrie e tartarughe, si fanno osservare senza fuggire ed è un vero piacere.
Arriviamo in vista di Ficana, ora si chiama Mezzo Cammino. Questa era infatti una sosta abituale dei romani per i suoi gustosi fichi, durante il pellegrinaggio alla chiesa di Santa Passera e per questo nella zona sorsero numerose locande per ospitare i fedeli che venivano da lontano. Dopo due ore e mezza di navigazione giungiamo a Ostia Antica, dove incontriamo la biforcazione col Canale di Fiumicino, e dopo aver doppiato Capo due rami, i ruderi del Capitolium testimoniano l’arrivo nella città romana. Eccoci al porto di Traiano, alla necropoli, alle passeggiate intorno all’Isola Sacra, lambita sia dal fiume che dal “mare dei romani”. Sì, perché dal passato del glorioso impero all’attualità d’oggi c’è solo qualche chilometro: il Lido di Ostia. La meta preferita dei cittadini della capitale, che nelle belle giornate autunnali o primaverili, incominciano a tornare a passeggiare sul lungomare. Di giorno prendono il sole e la sera si ritrovano magari innanzi a due spaghetti alla marinara o a spiluccare un invitante fritto di pesce. Per poi concludere la serata in discoteca, a lume di candela, ascoltando ritmi sudamericani.
Info: Gite sul Tevere
Testo e foto di Giuseppe Barbieri
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