Highlands: l’anima selvaggia della Scozia



Solitario e remoto, vagamente inquietante, quasi una mappa geografica dell’anima nordica e celtica. Il paesaggio delle Highlands, le terre alte della Scozia, è all’opposto rispetto all’ideale di ordine e armonia della campagna inglese.

Una terra dove il vento soffia incessante, il clima cambia da un’ora all’altra e i paesaggi sono scenari shakespeariani, allestiti tra grifagni castelli in bilico su cliffs a strapiombo, coste polverizzate e frastagliate in miriadi di isole e arcipelaghi, villaggi ai margini di fiordi scavati tra laghi stretti e magri, fattorie isolate, montagne pietrose e arruffate che s’alzano direttamente dalla pianura come giganteschi monoliti. Il Ben Nevis, che svetta accanto a Fort Williams, è la più alta montagna inglese. Il Loch Lomond, che scintilla placido a qualche chilometro da Glasgow, è il più vasto lago d’Inghilterra. “Tutto – ribadiscono gli Scozzesi – qui da noi è più grande”. Tutto in Scozia diventa estremo, anche la natura.

Glasgow è la porta d’ingresso nella Scozia centrale e nelle Highlands, il punto di partenza per esplorare la regione. Lasciate alle spalle le ciminiere e i grigi condomini di periferia, ci si ritrova catapultati tra muretti a secco, mandrie e greggi al pascolo, villaggi sperduti e distillerie che spandono nell’aria un inconfondibile, ribollente profumo. Qui ha inizio la regione dei parchi naturali, il far west della Scozia. Il Trossachs è stato il primo parco nazionale del paese: 1.865 kmq di colline, montagne, fiumi e foreste in cui il Loch Lomond s’insinua come una striscia d’argento dai contorni sfumati dalla bruma. Dal moletto di Balmaha barche e battelli s’inoltrano tra le rive rocciose e i canneti dove strepitano, cinguettano e pigolano migliaia di uccelli. Nascosto tra i villaggi che sorgono lungo le sponde, Inchcailloch, l’isola delle suore, che nel Medioevo fu rifugio di tre missionarie venute dall’Irlanda, è lo scalo più singolare e suggestivo. Al termine di un’impervia salita, il contorno irregolare del Lomond si disegna tutt’intorno all’orizzonte, tra isolotti sperduti e macchie boscose a pelo d’acqua. Appena più a nord, vicino al Loch Earn, paradiso dei pescatori di trote, ha inizio la terra dei clan, degli eroi celtici: da quelli della realtà storica come Rob Roy, la cui tomba nel villaggio natale di Balquhidder è meta di un pellegrinaggio incessante, a quelli immaginari come Connor MacLeod, l’immortale highlander hollywoodiano. Persino un eroe dei nostri tempi, emblema dello stile british , l’agente 007, ha ambientato la sua casa natale del film Skyfall nella vallata di Glen Coe, una gola che s’allunga come una lama tra pareti di roccia a strapiombo nei pressi di Fort William.

L’A86 punta da Fort William verso il cuore verde delle Highlands, di cui il parco dei monti Cairngorms costituisce uno dei luoghi più suggestivi e incontaminati; nei pressi di Aviemore, il bosco di Rothiemurchus, ultimo lembo della foresta caledoniana che ricopriva il Nord Europa, e la riserva naturale del Loch Garten, paradiso dei birdwatchers a caccia di ospreys, i falchi pescatori tornati di recente a nidificare in Scozia, sono tra gli ecosistemi del parco più visitati da naturalisti e appassionati di trekking. Da Aviemore l’A9 scivola verso Pitlochry in una nebbiolina spettrale che la pioggia, incessante, sottile e tignosa, non riesce a diradare. Prima di arrivare in città è d’obbligo una visita al Blair Castle, antica residenza dei duchi di Atholl che con le sue hall in stile baronale scozzese, i suoi sontuosi saloni vittoriani, i suoi giardini georgiani e un parco che sembra uscire direttamente da un quadro di Turner, pare una scheggia di Old England incastonata nel paesaggio ruvido delle Highlands.

Pitlochry, con i suoi store e i suoi outlet è la meta dei fanatici del tartan e dei kilt pret à porter: infatti il costume tradizionale è più che mai in voga nei pub, nelle cerimonie ufficiali e nelle gare sportive locali. Da maggio a settembre, nei principali centri delle Highlands, squadroni di nerboruti in gonnellino e scarpe da ginnastica si sfidano, durante gli Highlands Games, in virili gare di lancio del tronco o di tiro alla fune. In un sussulto di orgoglio scottish, rinfocolato dall’istituzione del parlamento di Scozia, è tornato di moda tra i giovani persino il feileadh mhor, il kilt alla Braveheart che, drappeggiato tra spalle e fianchi, è stato prima simbolo del nazionalismo e è ora la metafora fashion dell’indipendenza. Un altro orgoglio locale, in città, è la minuscola distilleria di Edradour, la più piccola di Scozia, ma anche una delle più rinomate per l’eccellenza assoluta del suo single malt.

Da Fort William un’altra delle grandi arterie stradali di Scozia, l’A82, punta invece verso il Loch Ness; alle prime propaggini del lago, l’A87 si stacca verso ovest, in direzione della costa che fronteggia l’isola di Skye, inoltrandosi in paesaggi di struggente solitudine, tra castelli in rovina, case di pietra, pianure grasse di torba e brughiere spettinate. Qui l’eremitico Eilean Donan Castle si erge a simbolo dell’architettura nazionale. Incastrato sul profilo delle montagne, al punto d’incontro di tre laghi, il Long, l’Alsh e il Duich, il castello racconta, con il suo profilo minaccioso, le sue mura verdastre di muschio e la sua atmosfera magica e misteriosa, dell’epoca lontana in cui i potenti clan e le grandi famiglie dominavano e plasmavano la storia, la natura e il paesaggio della Scozia.

Testo e foto di Emanuela De Santis   ©LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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