Per arrivare a Cadaqués, una delle ultime cittadine della Catalogna prima del confine francese, si attraversa un capriccio di pietra, sculture a falesie strappato al mare. È il Parco Naturale di Cap de Creus. Bisogna fare attenzione, perché il vento potrebbe portarci via. Gli arbusti si deformano, gli alberi invecchiano senza che passi il tempo, la schiuma ribolle allontanandosi da terra. Può darsi che il fotografo Sebastião Salgado sia passato di qui per raccogliere le sue immagini della Genesi. Di sicuro, la prodigiosa fantasia di Salvador Dalì si è nutrita proprio delle rocce di Cap de Creus e dei suoi prati che sono licheni sbocciati oltremisura, qui dove gli elementi si scontrano e la materia diventa docile come sughero. Non stupisce che il maestro del surrealismo abbia visto orologi liquefarsi e una bambina che sollevando il mare vi trova sotto un cane che dorme. L’unica cosa che manca in un ambiente tanto sofferto è il silenzio, proprio come nella vita dell’artista spagnolo, un’esistenza liquida e in ebollizione portata per sua natura a debordare.
Dalì trovava un po’ di pace nella sua casa di Port Lligat, la piccola baia accanto al paese di Cadaqués. Fermatevi a guardare gli alberi che il vento ha trasformato in mostri. Ci sono draghi e piovre di legno. Il buen retiro in Catalogna di Dalì si affaccia sulla spiaggia ed è riconoscibile per le sculture a forma di uova che ne decorano il tetto. Pare che il maestro le amasse molto. Date senz’altro un’occhiata al museo allestito nell’abitazione prima di tornare sulla spiaggia di Cadaqués. Se, come pensano alcuni, certi luoghi sono in grado di trattenere qualcosa degli uomini che li hanno amati, allora dedichiamo il tempo dovuto a questo angolo di costa su cui s’affaccia il bianco delle case. Qui le orme, le parole e i sogni di Dalì si sono incrociati con quelli dell’amico Federico García Lorca, autore del celebre Romancero gitano, che tanto emozionò il pittore spagnolo. Li accompagnava Luis Buñuel, che sarebbe diventato uno dei grandi registi del ‘900 e che con Dalì produsse il cortometraggio Un chien andalou (1929), onirico melting pot che oscilla tra il meraviglioso e l’aggressivo.
La spiaggia di Cadaqués, per certi versi, portò male al poeta Paul Eluard. Arrivato con la moglie Gala per visitare i luoghi di cui Dalì parlava sempre, si vede soffiare la moglie dal pittore. Gala sarebbe diventata musa, moglie e agente dell’artista. Non molto lontano da Cadaqués è possibile visitare il Castello di Púbol, che Dalì donò a Gala per farne una regina. Quasi tutto, all’interno del castello, è stato conservato com’era quando Gala e Salvador abitavano lì. Nel garage del castello è ancora parcheggiata la loro Cadillac, mentre la stessa Gala è sepolta in una cripta ricavata nelle cantine. Tappa fondamentale per immergersi nell’esperienza artistica di Dalì è la visita al Teatro-Museo Salvador Dalì di Figueres, la cittadina in cui il pittore nacque nel 1904. Naturalmente il museo non è stato realizzato da qualche Fondazione, Comune o Ente per onorare l’artista dopo la sua morte, ma lo stesso Dalì se l’è preparato su misura, acquistando il vecchio teatro di Figueres e ristrutturandolo. Riconoscerete il Museo da molto lontano grazie, anche in questo caso, alle gigantesche sculture a forma di uova sistemate sul tetto. L’interno è un bizzarro viaggio tra volumi e colori, e ospita la più grande collezione di opere dell’artista insieme a fotografie, sculture, mobili e oggettistica. Dalì è sepolto in una cripta nel basamento del museo. La penombra di questo luogo un po’ tetro, in netto contrasto con gli straordinari viaggi a più dimensioni compiuti dalla mente del pittore catalano, sa di giovinezza recisa di botto. Si esce con in bocca un velo di malinconia. Come svegliarsi al gelo dopo un sogno.
Testo e foto di Devis Bellucci RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM
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