
Cammino dunque sono. Molto, molto di più del semplice resoconto di viaggio, il testo si snoda sui percorsi che l’animo sovrappone ai sentieri battuti a piedi dall’autore in ogni parte del mondo. Benché ciascun capitolo meravigli di paesaggi amorevolmente descritti – Ebridi desolate di tempeste, lande di Scozia e Inghilterra ancora imbevute di storia, nobili campagne palestinesi ridotte a pattumiere, vette himalayane spaventosamente ammalianti –, e il lettore venga incantato dalla lentezza idilliaca con cui ogni frase sa raccogliere sia le immense prospettive panoramiche sia i microcosmi sul ciglio della via invisibili all’occhio distratto, tuttavia qui il pregio risiede nell’andare oltre la mera descrizione odeporica.
Appassionato al limite del maniacale del seguire tracciati umani antichi quanto spesso quasi scomparsi, esperto di faune e flore selvatiche, alpinista, marinaio, docente di storia e letteratura, Macfarlane incarna l’archetipo più puro del trekker, infarcendo i suoi racconti di esperienze intellettuali, sensoriali e poetiche capaci di donare una linfa potente e originalissima all’atto del camminare lungo i sentieri. Troppo intelligente per scadere nelle banalità di pseudo-mistici New Age intrappolati in inutili sandali ed esaltazioni, Macfarlane propone invece un diverso modo di vivere le vie pedestri nate da stratificazioni infinite di passi perduti nei secoli. Con lui – faticando sui ghiacciai, scendendo fra i campi e le brughiere, avventurandosi nelle basse maree, dormendo all’addiaccio nei boschi – si scoprono dettagli inaspettati del territorio, e si colgono nel profondo i mutamenti dello spirito a contatto col paesaggio.
Il cammino si fa pensiero, meditazione, sensibilizzazione: esperienza comune nelle culture non occidentali – il passo come conoscenza – ma ricchezza, ahimè, ormai perduta nella nostra sedentaria civiltà da social network. Leggere una mappa, meglio se antica, diventa un lavorio da iniziati; le scoperte di luoghi insoliti, in particolari momenti emotivi, fanno lambire situazioni di confine immaginarie, spartiacque fra realtà e fantasia; lo scenario incontrato plasma la memoria e dà forma alla mente, offrendoci la rappresentazione di noi stessi; specularmente, il nostro vissuto influenza il paesaggio cercato, ambito, ritrovato.
Altrettanto affascinante è l’assurdo repertorio umano incontrato per via o narrato dal passato, non dimenticando che il vagabondaggio raccoglie da un lato girovaghi romantici e dall’altro vite esiliate. Camminatori filosofi, artisti, eremiti, collezionisti compulsivi, esploratori, scrittori visionari, depressi cronici, poeti e pellegrini.
Alla fine rimane la consapevolezza che la vita di un uomo arriva sempre a un punto in cui la scelta implacabile è fra il radicamento e lo spostamento, fra la mobilità e il senso di appartenenza. Fra la partenza e la nostalgia. A volte, invecchiando, seduti in poltrona, sentiamo la tristezza di non essere più capaci a scegliere.
Dopo aver letto questo libro, non si potrà più affrontare un sentiero come prima.
Le antiche vie – Un elogio del camminare, di Robert Macfarlane, Einaudi – Frontiere, 2013, pp. 408, euro 22,00.
Testo di Andrea B. Nardi © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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