Fino al 1970 chiuso al mondo, l’Oman sta vivendo un rapido rinascimento che investe ogni aspetto della società. Merito soprattutto dell’illuminato sultano Qaboos e dell’Islam tollerante applicato.
Incastrato nella penisola arabica, schiacciato sul mare dal deserto saudita, dal turbolento Yemen e dai floridi Emirati Arabi Uniti, fino al 1970 l’Oman è rimasto un buco nero sulla carta geografica, isolato dal resto del mondo dallo strenuo rifiuto del sultano Said Bin Taimur a qualunque modernizzazione. Fu dopo la sua deposizione ad opera dell’attuale sultano Qaboos Bin Said, suo figlio, che questo antichissimo Paese di 4 milioni di musulmani, persi in un territorio di 309.000 kmq (circa quanto l’Italia), si riaffacciò alla ribalta internazionale.
Un sultano illuminato
Qaboos, amatissimo dai sudditi, incrementò gradualmente la produzione di petrolio fino agli attuali 800.000 barili al giorno, reinvestendo il ricavato innanzitutto in sanità e istruzione. Le 3 scuole esistenti in tutto il Paese sono diventate 2500, con scuolabus gratuiti che prelevano gli alunni anche nel deserto, i 9 centri medici sono ora centinaia distribuiti equamente su tutto il territorio ei 10 km di strade asfaltate del 1970 sono passati a 13.000 in gran parte illuminati.
Le tasse? Un paradiso!
Lo stipendio medio omanita è di 350 Omani Rials (OMR) pari a circa 700 €, che consentono a una famiglia di vivere. Le tasse sulla persona non esistono, come quelle sui generi di prima necessità. Sugli altri è il 3%. Sono gratuite l’istruzione e la sanità. In occasione del compimento della maggior età, a ogni omanita il sultano regala un appezzamento di terreno pari circa a 600 mq. vicino al luogo natale, dove poter costruire la propria casa, cui è portata gratuitamente acqua, elettricità e una strada. Solo se è costruita secondo i canoni islamici però: bassa, con il tetto piatto, dipinta in bianco o colore chiaro, oppure costruita con materiale tradizionale, come pietra o argilla. Altrimenti i costi di urbanizzazione sono a carico del proprietario e i tempi per i lavori si allungano. La presenza degli wadi, torrenti temporanei e impetuosi è un pericolo costante. In caso di danni il sultano assegna un altro terreno e il denaro per ricostruire la casa. Anche il welfare non teme rivali: gli invalidi e le vedove ricevono una casa e un sussidio. Un altro sussidio è versato agli artigiani che svolgono lavori non amati – la terracotta o la costruzione dei dhow, antiche e pesanti imbarcazioni a vela imbarcazioni in disuso – perché non vada persa la loro professionalità.
Tradizione e modernità
ln Oman gli uomini vestono il dishdasha un abito lungo fino ai piedi, il più delle volte bianco o di colori chiari con rare estrosità, ornato dal furakha una specie di fiocchetto che esce dal colletto, a volte intinto nel profumo, che lascia nell’aria una traccia del loro passaggio. Dalla cintura pende il khanjar un pugnale ricurvo custodito in splendidi foderi e la testa è coperta dall’immancabile kummah . Le donne portano l’abaya un abito nero ampio che le avvolge completamente dai capelli ai piedi lasciando scoperto il viso, al contrario delle donne beduine che indossano abiti coloratissimi e sul viso una specie di maschera. Le donne sono tradizionalmente ancora sottomesse all’uomo, cui devono chiedere permesso anche per uscire di casa, ma hanno molti più diritti, per esempio, delle donne saudite. Possono lavorare, guidare, votare, possedere proprietà e gestire un’attività, supportate dalla mentalità progressista del Sultano Qaboos . Nel 2002 è stato introdotto il suffragio universale e nel 2008 un decreto reale ha stabilito uguali diritti ereditari . L’Oman è lo Stato del Golfo che detiene il primato delle lavoratrici. Numerosi ambasciatori e alcuni ministri sono donne. L’islam in Oman è tollerante: sono rispettati gli altri culti, il cristiano soprattutto, e negli hotel vengono serviti alcolici. Agli stranieri è richiesta modestia nel vestire ma non di indossare l’abaya.
Muscat, Mascat o Mascate. Come si chiama la capitale?
Chiamata in tanti modi, la bianchissima capitale dell’Oman fa capolino in più punti tra i promontori rocciosi che raggiungono il mare. Il nucleo storico racchiuso da mura è sormontato da due forti Al Jalai e Al Mirani e occupato quasi interamente da Al Alam l’eclettico e colorato palazzo del Sultano. Le case della vecchia Medina sono state spazzate per far posto alle strade, che prima non esistevano, percorse da immensi SUV e gli abitanti trasferiti in nuovi quartieri vicini. Lungo le corniche, come si chiamano belle passeggiate lungo mare, gli omaniti si affollano la sera in cerca di refrigerio. Orgoglio di Muscat è la spettacolare Grande Moschea del Sultano Qaboos, costruita interamente a sue spese nel corso di 9 anni. Costruita per accogliere 20.000 fedeli, custodisce il tappeto persiano più grande del mondo (ben 4.434 mq. in 48 pezzi realizzati in Iran e annodati sul posto), illuminato da un gigantesco lampadario di cristallo da 1122 lampadine. Il resto dei 416.000 mq del complesso sono coperti da un marmo di una qualità particolare, che non diventa bollente neppure sotto l’infuocato sole dell’estate omanita. Altro vanto di Muscat è la sua meravigliosa Opera House in marmo bianco e legni preziosi intarsiati, che ha ospitato le migliori orchestre del mondo, tra cui anche quella della Scala. La vera anima del paese si ritrova però nei souq: quello di Mutrah trabocca di profumi di incenso e spezie, di colori e gioielli, attraversato dalle ombre delle donne che sciamano in gruppo tra i negozi. Meno profumato ma interessantissimo Il mercato del pesce, sui cui banchi sono allineati grandi tonni, barracuda, pesci vela appena sbarcati dai pescherecci. Il mare, già: le spiagge più belle vicino a Muscat si trovano nei pressi di Bandhar Khayran e del lussuoso Al Bustani hotel . Nelle intenzioni del sultano la spiaggia di Bahma tra 5 anni rivaleggerà con il Mar Rosso. I suoi terreni sono già stati messi a disposizione e delle grandi catene alberghiere che stanno investendo.
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