Le capre di Nizwa e le rose di Ayn
Ogni mercoledì a Nizwa si tiene un grande mercato che comincia all’alba con quello delle capre. Chi vende sfila tra una folla di acquirenti. I compratori toccano i loro futuri acquisti con la stessa attenzione che riserviamo a un abito. È una bolgia infernale, ma davvero ipnotica, di urla e abiti bianchi, braccia tese, mani che palpano le sventurate bestie, belati, odori forti, macchine fotografiche e telefonini (dei turisti). Anche le donne partecipano attivamente preservando le finanze familiari dalla troppa impulsività dei mariti innamorati della prima capra che passa. Poi tocca ai bovini, un po’ più impegnativi quando si imbizzarriscono, e il rischio che travolgano gli spettatori assiepati non è remoto. Più tranquillo il mercato della frutta e del pesce la cui specialità sono i tonni crudi o già arrostiti, interi. Profumi più gradevoli si possono annusare al villaggio di Al Ayn, nella zona di Al Jabal Al Akhdar, famoso per le sue coltivazioni di profumatissime rose. Il piccolo centro emerge da una vegetazione fitta. Una splendida vista di ripidissimi terrazzamenti si ha guardando la città di Ash Fayadiyyah dalla parte opposta del costone roccioso. 200 gradini portano a As Sab e Al Bilad villaggi spettrali che sorgono in mezzo al wadi – e forse proprio per questo abbandonati – circondati da fitta vegetazione che nasconde il corso d’acqua. Nella stessa zona c’è As Sawjrah, un pugno di case incastonate nella parete rocciosa, per raggiungere le quali si deve scendere in fondo a una gola e risalire dalla parte opposta. Le merci possono viaggiare in teleferica gli umani no. Fino a poco tempo fa ci abitava un patriarca, i cui figli si sono spostati in abitazioni più agevoli. Ora è morto e ci abitano solo le sue capre cui ogni pomeriggio i bambini portano il fieno.
I forti
Oltre un migliaio di forti punteggia il Paese, testimoni della sua storia millenaria. Troppi per chi non è uno studioso. Ma il Nizwa Fort, tutto merlato costruito in mattoni di argilla, vale lo sforzo della faticosa salita alla torre da cui si gode una bella vista sulla città. Molte stanze, quasi tutte vuote e una esposizione di abiti e manufatti antichi. Accurate le descrizioni dei trucchi per impedire l’accesso ai nemici: trappole, botole e getti di olio di dattero bollente attraverso alcune feritoie (la preferita). Datteri che si raccoglievano nell’immenso palmeto a fianco. L’Oman è il terzo Paese al mondo per numero di palme dopo Arabia Saudita ed Irak, ma è molto più piccolo. Altro forte notevole il Nakhal Fort, costruito inglobando una roccia. Pare davvero un castello di sabbia incantato che si staglia contro il cielo blu nella luce accecante, circondato da fitti palmeti. All’interno il solito labirinto di stanze vuote e semibuie, che contrastano con l’abbacinante calore di fuori. Vicino ci sono le Nakal Spring ad alta temperatura, e un wadi dove le famigliole fanno picnic cercando refrigerio.
Sabbie, oasi e wadi
In Oman l’acqua c’è. Negli scarsi periodi di pioggia l’acqua riempie gli wadi a volte con rovinose piene istantanee che spazzano quanto trovano sulla loro strada. In altri l’acqua fluisce perennemente, alimentata dall’umidità notturna raccolta sulle montagne. Dove proprio non arriva, provvedono le stazioni di pompaggio e le antiche canalizzazioni che inviano acqua dissalata dal mare fino al deserto, permettendo una serie di coltivazioni: palme, manghi, banane soprattutto. Wadi Bani Khalid è un bellissimo corso d’acqua verde che si snoda tra palmeti e rocce chiare. Ci si può fare il bagno e scivolare sugli scogli coperte di alghe. È un posto delizioso che si affolla nel weekend. Oltre agli omaniti nell’acqua qualche pescetto e molte libellule. Assolutamente spettacolare il Wadi Ghul che scorre in fondo a un precipizio di mille metri ai piedi di Jebel Shams, con i suoi 3.000 m. la vetta più alta dell’Oman, creando quello conosciuto come il Grand Canyon d’Arabia. Una tipica oasi è Al Hamra, bella cittadina rossa, dalle case in mattoni di adobe aggrappata alla roccia, schiacciata tra le montagne e il palmeto e percorsa da canali di irrigazione, dove si trova anche una piscina scavata nella pietra. Vi vengono coltivati molti alberi da frutto e, nei terrazzamenti, diversi ortaggi. Particolari sono le porte dai colori brillanti e finemente incise. Il vero deserto si palesa a Wahiba Sands (o Sharqiya Sand) una zona lunga 180 km per 80 di alte dune ramate, rifugio per accampamenti beduini ma palestra per gli scatenati guidatori di 4WD, che lasciano le tracce dei loro fuoristrada fin sulla sommità. Tanto sarà il vento serale a cancellarle: domani è un altro giorno e saranno di nuovo intatte.
Curiosità
Dromedari da corsa – Un dromedario costa sui 2000 €. Uno da corsa, molto più esile e agile, bisognoso di una particolare alimentazione anche 700.000/1 milione. Si tengono una ventina di corse all’anno, più vari concorsi di bellezza e bravura, dotati di premi importanti, anche automobili. Un tempo gli animali erano cavalcati da bambini, più leggeri, che però spesso cadendo si ferivano o peggio. Ora non è più consentito. Ci hanno pensato i giapponesi a risolvere il problema costruendo degli speciali robot telecomandati che si fissano in sella. Il proprietario del dromedario, insegue il proprio animale in auto lungo il percorso, imprimendo con un telecomando il ritmo delle frustate. I cammelli da corsa non si possono trasportare sui camion come i cavalli, perché si agitano e si feriscono. Occorre una procedura particolare: si fanno accomodare su un tappeto e una volta accomodati si legano e si caricano con una gru, tappeto incluso. Si scaricano allo stesso modo.
Testo e foto di Federico Klausner RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM
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