Viaggio in Alto Adige, sapori di frontiera

Alto Adige e Sud Tirol, una terra di frontiera fatta di influssi culturali molto diversi tra loro. Anche l’eno-gastronomia sembra parlare di confini e frontiere tra stati. Vini e ricette che fondono il meglio dell’Italia con la cultura d’oltralpe.

Da  queste valli sono passati un po’ tutti. Reti, Etruschi, Romani. Poi Goti, Svevi, Unni, Visigoti e Ostrogoti. E successivamente teste coronate con ill oro seguito, dirette a Roma per ricevere l’investitura papale, pellegrini,commercianti e militari. Animati da nobili,religiose o bellicose intenzioni tutti hanno transitato dall’Alto Adige/Südtirol, terra caratterizzata da un’ampia varietà di paesaggi, che a distanza di secoli conserva splendide testimonianze di quel movimentato passato, da sempre indissolubilmente legato alla coltivazione dell’uva e alla produzione vinicola.

Un contadino dell'Alto Adige

Ecco il palcoscenico che ospita la Strada del Vino dell’Alto Adige/Südtirol,la zona vitata più settentrionale d’Italia, in cui i filari ammantano lecolline quasi fino a sfiorare le montagne. Uno scenario spettacolare  e bucolico, frutto del laborioso impegno di tante e tante generazioni diviticoltori. E’ storia che nell’Era Cristiana la coltivazione  della vitevenne incentivata dai legionari romani e poi, nel Medioevo,cominciarono i primi scambi internazionali verso i monasteri teutonici quando l’Alto Adige/Südtirol divenne il punto d’incrocio fra il mondo germanico e quello latino. Durante l’Impero di Carlo Magno molti Vescovati e oltre cinquanta conventi della Germania meridionale scelsero il Sudtirol per rifornirsi di vino, favorendone così l’evoluzione, con grande anticipo rispetto al resto del Paese. Fu poi all’inizio  del XX secolo che la viticoltura raggiunse la sua maggiore estensione con una superficie coltivata di oltre 10.000 ettari, di cui il 60% della produzione di rossi, leggeri e a buon prezzo, valicava il confine  verso l’Austria, la Germania e la Svizzera.

Oggi la superficie vitata è ridotta alla metà, per l’urbanizzazione e l’espansione della frutticoltura. Le principali zone di produzione si trovano nella valle dell’Adige, tra Merano/Meran e Salorno/Salurn, e nella valle dell’Isarco, tra Bressanone/ Brixen e Bolzano/Bozen.  Alla varietà del paesaggio, reso affascinante dai dolci profili collinari, dai pergolati e dai terrazzamenti scoscesi sullo sfondo delle pareti di roccia delle Dolomiti, corrisponde una grande varietà di uve dovuta alle favorevoli condizioni climatiche, alla diversità dei terreni e all’articolata esposizione dei vigneti.

La vendemmia

I vitigni autoctoni dell’Alto Adige sono il Lagrein, recente rivelazione, da sempre utilizzato come uva da taglio, la Schiava (o vernatsch) e il Traminer aromatico, da cui si ottiene un bianco dal gusto speziato conosciuto in tutto il mondo. Da oltre un secolo, però, vengono coltivati anche quelli di origini bordolesi, della Borgogna e della Renania ( tra i rossi: Pinot Nero, Merlot e Cabernet  Sauvignon e tra i bianchi: Pinot bianco, quello grigio, Chardonnay, Riesling, Sauvignon, Sylvaner, Veltliner, Müller Thurgau e i moscati giallo e rosa). Nonostante la percentuale di produzione dei rossi (66%) sia assai maggiore di quella dei bianchi (34%), proprio la varietà di questi ultimi rappresenta la grandezza vinicola della regione e il suo atout per il futuro.

La gastronomia di questa regione racconta storie di tradizione ma anche di creatività. Affianco ai sapori più classici come lo speck, i canederli in brodo o col formaggio, la minestra d’orzo, lo stinco al forno accompagnato dalle immancabili patate e il carré di maiale lessato e servito con crauti, senape e rafano grattugiato, si trovano le minestre di fieno, fatte con le erbe profumate dei campi, i formaggi di malga, che vengono proposti anche in deliziose creme, i canederli di ricotta fritti e serviti con salse di mirtilli rossi o di prugne e lo strudel di uva. Uno tra i miglioriinterpreti emergenti della cucina altoatesina è Herbert Hintner, del ristorante Zur Rose di San Michele. Da quando a 14 anni si cucinava l’omelette e il riso al latte a oggi è passato molto tempo. E soprattutto il suo stile si è affinato al punto da osare sfiziosi e inconsueti abbinamenti che lo hanno fatto diventare il presidente dei Jeunes Restaurateur d’Europe italiani, dal 1996 al 2002. Dalle sue mani escono dei piatti dai gusti classici ma elegantemente stemperati. La millefoglie di testina di vitello è ingentilita da sottili fettine di patate e qualche foglia di insalata, i canederli di ricotta si rinnovano nel connubio con gli asparagi, i pomodori  e i carciofi dell’orto accompagnano il capretto mentre il piccione sposa il sedanorapa e i funghi. E tra i dessert, la tartare di frutta, un trionfo di fragole tagliate a minuscoli dadetti che si fonde in un letto di rabarbaro finemente tagliato. Una rivisitazione di antichi sapori che valorizza  il nuovo panorama ecologico altoatesino.

Testo di Marco Santini e Ornella d’Alessio | Foto di Marco Santini RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM

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