di Federico Formignani
Dopo le abbondanti piogge di novembre che hanno intristito non poco l’avvicinamento alle feste di Natale, prima o poi arriverà anche il freddo canaglia e magari la neve, elemento indispensabile per dare la stura ai vari revival musicali, partendo dal mieloso ‘I’m Dreaming of a White Christmas’ di Bing Crosby, per finire con lo scampanellante ‘I wish You a Merry Christmas’. Comunque, sia che arrivino sottoforma di bigliettini e cartoline (pochi) o attraverso telefono, computer, televisione o addirittura dallo spazio (scommettiamo che Samantha Cristoforetti ci ha già pensato?) la valanga di ‘auguri’ incombe, puntuale e determinata. C’è solo l’imbarazzo della scelta.
Cominciamo col rendere omaggio al vecchio, caro latino: Natale hilare et Annum Faustum; dove ‘hilare’ non autorizza a ridere sgangheratamente, ma piuttosto, come la lingua di Roma antica insegna, incita a vivere la festa in modo gioviale e soprattutto sereno. Al latino segue l’esperanto (Gajan Kristnaskon) del medico e linguista polacco Ludwik Lejzer Zamenhof, che non ha avuto molta fortuna nel proporre una lingua universale, ruolo al momento ricoperto dall’inglese col suo inflazionatissimo Merry Christmas, al quale si accompagnano il gioioso (appunto!) Joyeux Noel dei francesi, il solare Feliz Navidad degli spagnoli, che contrasta non poco col gutturale Fröhe Weihnachten dei tedeschi. Aggiungiamoci pure il portoghese Feliz Natal, che a sua volta si discosta un po’ dal portoghese (oramai ‘brasileiro’) del grande paese sudamericano (Boas Festas) e avremo così completato la panoramica degli auguri più noti. È ora il momento degli auguri ‘shock’! Un salto al polo nord, per ricevere la mitragliata beneaugurante in lingua Inupik degli eschimesi: Jutdlime pivdluarit ukiortame pivdluaritlo.
Ogni luogo e lingua hanno i loro auguri, naturalmente; limitiamoci quindi ai più importanti e a quelli più ‘esotici’ o curiosi. Partiamo dai climi freddi del nord d’Europa; God Jul è comune a svedesi e norvegesi, mentre i finlandesi dicono Hyvaa joulua. Molto diversi e anche un po’ ‘misteriosi’ sono gli auguri in Ungheria: Kellemes Karacsonyi unnepeket; i rumeni augurano Sarbatori vesele (reminiscenze latine) mentre la formula greca recita così: Kala Christouyenna. Leggermente prolissi sono gli auguri dei turchi (Noeliniz Ve Yeni Yiliniz Kutlu Olsun) e quelli dei russi: Pozdrevlyayu s prazdnikom Rozhdestva. Passando in Asia, ecco la formula augurale in lingua Hindi: Shub Naya Baras. In Thailandia dicono Sawadee Pee Mai e in Viet Nam gli auguri paiono scaturire da un tamburo metallico (Chung Mung Giang Sinh). Diverso ancora è lo scambio augurale delle Filippine, con l’impiego della lingua Tagalog: Maligayan Pasko. Con l’arrivo in estremo oriente troviamo anzitutto l’immensa Cina con le sue due lingue più diffuse: il Mandarino (Kung His Hsin Nien bing Chu Shen Tan) e il Cantonese (Gun Tso Sun Tan’Gung Haw Sun). Poi c’è il sillabato coreano (Sung Tan Chuk Haù) comune alle due Coree, per concludere con il musicale giapponese: Shinnen omedeto, Kurisumasu omedeto.
Già che siamo nel Pacifico, e qui entriamo nel reparto ‘auguri curiosi’, ecco quelli degli Hawaiani (USA): Mele Kalikimaka; gradevoli all’udito sono gli auguri dell’isola di Pasqua (Cile) del popolo Rapa-Nui: Mata-Ki-Te-Rangi e altrettanto cadenzati risultano essere quelli Maori della Nuova Zelanda: Meri Kirihimete. Salendo nei mari caldi di Papua Nuova Guinea, troviamo una lunga frase articolata che sembra una dichiarazione d’intenti d’amicizia e voti per il nuovo anno, espressi in lingua locale, contenente chiare tracce di “pidgin” anglo-papuano! Suona così: Bikpela hamamas blong dispela Krismas na Nupela yia i go long yu. Come terminare? con gli auguri in lingua araba (Idah Saidan Wa Sanah Jadidah) comune per chi pratica la fede musulmana. Con la speranza che possano raggiungere la mente e i cuori dei vari califfi del medio oriente. ? ff
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