di Elisa Bosco
Pura, trasparente, giovane e decisa, oppure ambrata, avvolgente ed ammiccantemente âgée. Tecnicamente si ottiene dalle vinacce d’uva, ma nella pratica si tratta di un mondo a parte, fatto di profumi, sapori e tradizione, indissolubilmente legati al territorio e alle persone che la producono, ed è solo per un caso che viene chiamata Grappa. Credere che la vita del chicco d’uva finisca una volta che il suo succo inizia a fermentare in attesa di diventare vino, è sbagliato. Tutta un’altra e interessantissima storia nasce proprio da ciò che resta di quel chicco spremuto.
La grappa ha una sua identità ben precisa, una sua storia, e nei casi più blasonati anche una sua geografia che la contraddistingue e la certifica. Oggi la Grappa Trentina a denominazione certificata, è infatti un distillato principalmente monovitigno, ottenuto dalle vinacce freschissime di uve rigorosamente locali, come il Teroldego, il Muller Thurgau, la Nosiola, la Schiava, il Moscato e lo Chardonnay. Fondamentale risulta essere il procedimento di distillazione, che qui in Trentino è quasi esclusivamente quello discontinuo a “bagnomaria”, sperimentato a metà novecento da Tullio Zadra. La lavorazione delle vinacce viene quindi effettuata con alambicchi provvisti di un’intercapedine tra caldaia e fonte di calore, nella quale viene immesso vapore o acqua bollente in modo che il calore distribuito uniformemente consenta alle vinacce di liberare le esalazioni alcoliche e gli aromi. Questo metodo, seppur più laborioso e costoso di altri, è quello che maggiormente consente di mantenere nel distillato tutta la ricchezza di aromi e sapori derivanti dalle vinacce, con una gradazione alcolica che si aggira solitamente tra i 40 e i 45 gradi.
L’Istituto di Tutela Grappa del trentino nasce nel 1969, sullo sfondo di un territorio bellissimo e caratterizzato da una notevole diversità climatico paesaggistica che lo rende ideale per la coltivazione della vite. Ad oggi conta circa una trentina di produttori, tra cui alcuni molto grandi, ma per la maggior parte piccole aziende storiche a conduzione familiare che portano avanti con passione ed orgoglio questa tradizione, pur con le notevoli difficoltà che burocrazia ottusa e leggi assurde hanno creato, e non certo solo per loro, negli ultimi anni. La grappa è per certi versi uno dei distillati più interessanti ma purtroppo anche più fraintesi al mondo. L’idea infatti che ne ha il consumatore medio è purtroppo tutt’oggi troppo spesso falsata da prodotti di scarso livello che niente hanno a che vedere con il prodotto di estrema qualità e purezza, frutto di una tradizione antica che pur rimanendo fedele a se stessa, si è evoluta e affinata nel tempo per venire incontro al gusto di un pubblico che è oggi sempre più esigente e raffinato. La grappa andrebbe degustata nei piccoli tulipani di cristallo che ne consentono un’ossigenazione ottimale pur mantenendo concentrati gli aromi, e gustata a piccoli sorsi da lasciar delicatamente trasformare in bocca in nuvole impalpabili di calore e morbidezza.
Abbiamo degustato: Di BERTAGNOLLI, una Grappa di Teroldego Trentino, molto fresca ed erbacea al naso, ma dolce e leggerissima in bocca, dove non nasconde anche una nota di sapida mineralità. Di POLI, distilleria in Santa Massenza, piccolo e caratteristico paese di 150 abitanti a pochi km da Trento, una Grappa di Nosiola – Profumatissima, fine ed elegante, con chiari sentori di vola ed altri piccoli fiori, molto leggera ed evanescente. Davvero particolare poi la grappa di Riserva di Vino Santo (da non confondere con il Vinsanto toscano), sempre di Poli, prodotto esclusivamente con uve Nosiola appassita sui graticci sfruttando il vento (Ora) che proviene dal lago di Garda e che consente di asciugare le uve mantenendole sane. In questo procedimento è particolarmente importante la fase finale, quando gli acini passano dal freddo dell’inverno al tepore della primavera conferendo al vino caratteristiche mielate.
Foto di Elisa Bosco | RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM