di Jessica Bordoni
Live Wine, ovvero il vino in (linea) diretta dal produttore al consumatore. Lo scorso fine settimana il Palazzo del Ghiaccio di Milano ha ospitato la prima edizione del Salone internazionale del vino artigianale, l’appuntamento che riunisce i cosiddetti vignaioli consapevoli, che lavorano cioè nel rispetto dell’ambiente, senza usare prodotti chimici o di sintesi, limitando i solfiti ed evitando di aggiungere additivi non dichiarati in etichetta. Meno attenzione al marketing e più cura verso la biodiversità, insomma. Qui la logica delle grandi Cantine lascia il posto alla ricerca appassionata delle piccole realtà familiari, votate alla “genuinità” dentro ogni bottiglia. Per il piacere dei sempre più numerosi wine-lover attenti al green.
All’evento milanese, di scena dal 20 al 23 febbraio, c’erano oltre 100 produttori provenienti da tutte le regioni d’Italia, con una buona rappresentanza anche da Austria, Francia, Georgia, Spagna e Slovenia. In tutto circa 700 etichette in libera degustazione acquistando il biglietto giornaliero di 15 euro. Gli organizzatori parlano di oltre 4000 visitatori paganti: decisamente un bel risultato per una manifestazione al suo debutto. Ecco allora un “assaggio” delle proposte di questi artigiani del vino, tra chicche e curiosità enologiche, Case vinicole di culto e giovani vignaioli alle prime vendemmie.
Il viaggio stand by stand comincia da Aquila del Torre, una bella realtà biologica di Savorgnano di Povoletto, in provincia di Udine. Siamo a 350 metri d’altezza, là dove volano le aquile che danno il nome alla Cantina; mentre Torre è il torrente che scorre ai piedi del paese. Quasi 20 ettari di vigna, completamente circondata dai boschi, e una produzione che spazia dai bianchi ai rossi, soprattutto autoctoni friulani vinificati in purezza. Su tutti si distingue il Picolit, un’uva assai pregiata da cui si ricava uno straordinario vino dolce. Aquila del Torre però, caso più unico che raro, ha scelto di vinificare il Picolit anche in versione secca ferma. Abbiamo provato l’annata 2009: floreale, con toni balsamici, minerali e agrumati, di grande freschezza.
Rimaniamo in Friuli per degustare i vini Radikon di Oslavia, una frazione di Gorizia lungo il costone che dal ponte dell’Isonzo sale verso San Floriano, nel cuore del Collio. Alla guida ci sono Stanislao, detto Stanko, Radikon, sua moglie Suzana e il figlio Saša, che hanno deciso di puntare tutto sulle lunghe macerazioni, anche per i vini bianchi. L’uva viene cioè diraspata e fatta fermentare spontaneamente con le proprie bucce, dando così al vino una colorazione particolarmente intensa e aumentando la presenza di antiossidanti naturali. Precursore dei vini naturali in Italia, Radikon è famoso soprattutto per la sua Ribolla Gialla, ma al Palazzo del Ghiaccio c’erano anche il blend Oslavia, a base Pinot grigio, Sauvignon e Chardonnay, e Jakot, da Tocai friulano, tutti targati 2007.
Chi l’ha detto che la viticoltura è un mestieri da uomini? Elisabetta Foradori è un grande esempio di passione enologica declinata al femminile. Al centro della sua ricerca c’è soprattutto il vitigno Teroldego, che cresce secondo i dettami della biodinamica nei suoli alluvionali del Campo Rotaliano, non lontano da Trento. Oltre all’etichetta di punta Foradori, si fanno ricordare anche i Teroldego Granato, Sgarzon e Morei, quattro espressioni diverse e affascinanti di quest’uva rossa caratteristica delle Dolomiti.
Ci spostiamo a Monticelli Brusati, in Franciacorta, per incontrare l’eclettico Michele Loda della Cantina Il Pendio. Solo tre ettari di vigneti terrazzati su terra scura mista a roccia calcarea; l’età media delle piante supera i 25 anni, tutte allevate con il sistema del doppio Guyot. A Live Wine c’era la punta di diamante Il Contestatore, una bollicina di grande freschezza ed eleganza da Chardonnay in purezza, rigorosamente Pas Dosé (con un dosaggio minimo di zuccheri). All’opposto, sorprende anche il Blanc de noir Metodo Classico, da uve Pinot nero. Due spumanti per un unico stile: essenziale e “senza vaniglioni”, come precisa il produttore.
Dalla Lombardia all’Emilia Romagna, ospiti del banco d’assaggio di Vigna Cunial, con sede a Traversetolo, tra i colli parmensi. La parola d’ordine qui è ricchezza: oltre alla vite si coltivano infatti anche cereali, ortaggi, ulivi e ben 60 frutti antichi. Gian Maria Cunial, veneto di origine, emiliano di adozione, ci racconta la sua storia personale e professionale: dopo l’Università a Piacenza, ha aperto di un laboratorio di analisi a Casalmaggiore insieme alla moglie Chiara Mina e, finalmente, nel 2002 ha realizzato il sogno di fondare una Casa vinicola tutta sua, dedicandosi a tempo pieno alla viticoltura. Qui a Milano ci ha convinto in particolare l’etichetta Valle di Sivizzano 2012, una Malvasia antica di Parma secca, piacevolmente aromatica e dalla bella acidità.
Chiudiamo il nostro tour con due Cantine delle isole. Da Sennori, nelle campagne di Sassari, arrivano le proposte di Dettori, un’azienda votata alla tradizione e alla valorizzazione del terroir dove tutte le operazioni avvengono manualmente, compresa la fase finale dell’imbottigliamento. Dettori produce soprattutto vini cru, ovvero da un singolo vigneto. è il caso del Tenores un Cannonau di grande personalità. Dulcis in fundo, la Malvasia delle Lipari firmata Lantieri (http://malvasialantieri.jimdo.com), una limited edition di 6 mila bottiglie all’anno dall’isola di Vulcano. Come ci racconta Daria, la figlia della proprietaria Paola Lantieri, le uve vengono lasciate appassire una decina di giorni prima in pianta e poi nei cannizzi, le tradizionali cassette di legno, per poi essere trasportate via mare a Salina e trasformate in un intrigante vino da meditazione.
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