Isole Ionie – Cantami o Musa l’uomo dal multiforme ingegno

di Elena Brunello

La Grecia delle gesta epiche omeriche, viaggio tra l’Itaca di Ulisse e la Zante di Ugo Foscolo.

C’è un quadro, conservato al Kunstmuseum di Basilea, che ritrae una spiaggia rocciosa e desolata abitata da una conturbante femmina in stile Art Nouveau che osserva il profilo nero e longilineo di una misteriosa figura maschile il cui sguardo ci si figura sospeso tra l’anelito disperato a un orizzonte lontano e un faticoso ripiegamento su se stesso. Il quadro, dipinto dall’artista tedesco Arnold Boklin nel 1883, trasuda nostalgia. Le due figure che popolano questa immagine sono rispettivamente la ninfa Calipso e l’eroe omerico Ulisse. I due sono ritratti in uno dei momenti più struggenti della letteratura epica occidentale. Calipso, dopo aver tenuto nascosto ( Calipso viene dal greco kalupto, nascondere) Ulisse per sette lunghi anni, gli promette l’immortalità in cambio del suo rimanere sull’isola di Ogigia. Ulisse tuttavia brama in quel momento la sua “petrosa Itaca” e, da uno scoglio, perde lo sguardo all’orizzonte pensando alla patria lontana. Questo è il momento più acuto del nostos, la parola greca da cui deriva il termine italiano nostalgia, e che viene dall’unione di nostos (il desiderio ardente di tornare a casa) e algos (dolore). Un richiamo doloroso ma ammaliante, struggente e dolce insieme: “ma nella grotta il generoso Ulisse non era: mesto sul deserto lido, cui spesso si rendea, sedeasi; ed ivi con dolori, con gemiti, con pianti, struggeasi l’alma, e l’infecondo mare sempre agguardava, lagrime stillando”.

Architettura delle Ionie

Le isole Ionie, un arcipelago di sette isole montuose, fertili, verdi e molto lontane dai paesaggi lunari e brulli di Rodi, di Creta e della Grecia arsa dal sole, sono i luoghi che due giganti della letteratura hanno cantato e reso immortali coi loro versi, entrambi votati alla celebrazione del tema del “ritorno”: Omero, padre della mitologia occidentale, con la figura di Ulisse e, mille anni più tardi, Ugo Foscolo, araldo del Romanticismo, con il suo poema A Zacinto, in cui lamenta l’esilio dall’amata terra natia, l’odierna isola di Zante. E’ qui, tra la roccia e la pietra di queste isole, nel colore che assume un mare profondo quanto la mitologia, nel profumo di mirto, di resina e di olivo, è qui che prende forma la grandezza epica del mar Mediterraneo. Sette isole, conosciute anche come Eptaneso, che alternano la potenza dei versi letterari e la grandezza delle gesta degli eroi nostalgici, all’intimità dei paesaggi naturali e del ricordo di casa, sentimento che avevano saputo addolcire il cuore di giganti come Foscolo e Odisseo. Le scene grandiose dell’epica e della letteratura si perdono nelle immagini della “petrosa Itaca” di Ulisse; immagini struggenti come quella dell’anziano Laerte, padre di Ulisse e vecchio re di Itaca, che ara il campo con la schiena ricurva, di Euriclea, la vecchia nutrice che lava amorevolmente i piedi del suo signore, di Penelope che attende paziente il ritorno dello sposo amato filando la tela e infine di Argo, il fedele cane di Ulisse che, dopo averlo a lungo aspettato, muore di crepacuore alla vista del padrone che fa ritorno a casa: l’unico, insieme alla nutrice, ad averlo riconosciuto nelle vesti camuffate da viandante. Le Ionie delle “sacre sponde” della Zacinto di Foscolo che le rivolgeva parole dolcissime: “ che te specchi nell’onde del greco mar da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l’inclito verso di colui che l’acque cantò fatali”. “Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura”, concludeva il poeta amareggiato e devastato da un esilio crudele che lo teneva lontano dalla sua terra natale, Zante, e che lo costringeva a morire in solitudine nella fredda Inghilterra.

Itaca

Corfù, Paxos, Lefkàda, Cefalonia, Cerigo e le tanto cantate Itaca e Zacinto. La natura selvaggia e stridente dell’arsura greca si stempera nelle isole Ionie all’ombra di querce, ginestre, ulivi ed eucalipti. La terra dell’Eptaneso respira fresca e feconda. Queste furono le uniche isole della Grecia a riuscire a sottrarsi al dominio ottomano. Plasmate più dall’influenza veneziana che da quella greca o ottomana, rimasero sotto il dominio della potente Repubblica di Venezia fino al 1797, quando, col Trattato di Campoformio, Napoleone Bonaparte cancellò per sempre la potente repubblica marinara facendo passare le isole sotto il controllo francese. L’influenza che lasciò Venezia alle isole Ionie si respira ancora nelle architetture di Corfù, sotto i portici sulle strade, passando tra giardini all’inglese e quartieri ebraici. Se Itaca e Zacinto sono le isole più selvagge, dove si nascondo colonie di tartarughe marine e baie d’acqua cristallina, a Cefalonia e Corfù si trovano invece le città più grosse. Argostoli è una grossa cittadina moderna, ricostruita dopo il terribile terremoto del 1953. Al di fuori delle mura cittadine si trovano le bellissime spiagge di Myrtos e Lourdata o le grotte di Melissani e Drogarati, un anello di roccia al cui centro brilla fulgido il mare e una spelonca da cui pendono lunghe stalattiti rosso fuoco. Queste sette isole disposte tra l’Italia e la Grecia sono il cuore della letteratura nostalgica, delle bellezza intima e avvolgente dei poemi omerici e del ricordo dolcissimo dei versi romantici dei primi anni del XIX secolo. ? eb

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