di Luigi Alfieri
Culla della civiltà occidentale, famosa per il suo marmo bianco, oggi Paros, insieme ad Antiparos e Siros è un’isola molto amata per il sole, il cielo color cobalto, le spiagge, i sentieri e la buona cucina.
Il paesaggio di Paros, lo ha disegnato il vento. L’aria gelida che scende veloce dal Nord regola da sempre la vita di questa isola bianca, petrosa e senza alberi. Nessuna pianta resiste alla forza di Eolo e in tutta l’isola si trovano solo gli ulivi, bassi e piegati verso Meridione, e pochi cipressi ad ornamento dei cimiteri. In compenso abbonda la macchia mediterranea. Rosmarino, salvia, agave, euforbia e menta mescolano i loro profumi con l’aroma dolce e inebriante del pitosforo che cresce protetto dai muri delle case. Anche la vite viene coltivata bassa e libera, in forma di cespuglio per proteggersi dalla tormenta. E dà un vino straordinario, che insieme al marmo ha fatto la ricchezza di quest’isola ai tempi della Grecia classica. Dal traghetto ancora lontano, Paros sembra un morto osso di seppia ed è difficile immaginare che la civiltà occidentale sia nata qui tremila anni avanti Cristo.
Qui i sacerdoti, ispirati dalla densità dei cieli, dalla fecondità della terra e dalla magia della donna, hanno creato i primi dei, qui gli artigiani della pietra hanno inventato la scultura. Il piccolissimo museo di Parikià, piccolo ma con pezzi da fare invidia a colossi come il British o il Louvre, custodisce la statuetta di una Dea Madre unica al mondo, di bellezza straordinaria, forse la prima rappresentazione plastica di un divinità che si conosca. Vedendo questa terra prosciugata non viene da pensare che abbia ospitato una polis tra le più potenti di Grecia, uno stato-città con colonie in Croazia, Turchia e Peloponneso. Una potenza militare capace di sconfiggere la flotta ateniese guidata da Milziade, reduce dal trionfo di Salamina. Un potenza che basava tutta la sua esuberanza economica sulla produzione del più bel marmo bianco mai visto da occhio umano, il marmo utilizzato da Fidia e da Prassitele, da Scopas, da Ammonio, da Policleto per scolpire i loro capolavori immortali. Il marmo che sembra di un colore unico invece è la somma di tutti i colori, nasconde infinite gradazioni e venature, cristalli brillanti e macchie più cupe, sa essere, a seconda della luce, rosa, cenere, ocra, azzurro se raccoglie il riverbero del mare, il marmo con cui sono stati costruiti i grandi santuari di Apollo e di Artemide che rendevano unico il volto della Grecia antica.
Paros è stata grande, fino a che la vena non si è estinta. Poi sono venuti le umilianti dominazioni straniere: macedoni, turchi e veneziani. Oggi la ricchezza dell’isola viene da 130mila turisti che in agosto invadono i suoi 130 alberghi e le 500 camere in affitto, sfruttano le sue 15 spiagge per rinfrescarsi, i suoi 35 di chilometri di sentieri odorosi per rilassarsi, che godono della sua cucina ricca di sapori e impastata di erbe e profumi, di un vino (bianco, rosso e passito) considerato il migliore dell’Egeo, dei due liquori locali, la souma e l’ouzo, che si riempiono gli occhi della vista dei conventi, delle chiese ortodosse, dei mulini a vento, che possono frequentare le scuole di windsurfing e kite-surfing, i campi da calcio, pallacanestro e beach volley, le ben nascoste piste da moto-cross, i centri per immersione, tanti paesini pittoreschi e due piccole città, che garantiscono shopping senza fine e una vita notturna intensa, ma senza eccessi: Naoussa, più marinara e sportiva, Parikià, più elegante e colta. Per conoscere il fascino vero di Paros bisogna venire in novembre; quando il turismo più rumoroso se ne è andato, ogni girono è una festa: si comincia con la stagione della pigiatura, poi c’è la spremitura dell’olio e poi la distillazione del mosto. Ogni famiglia ha un campicello, un orto o un giardino con qualche vite e un po’ ulivi. E allora è obbligatorio ritrovarsi tutti per lavorare un po’, bere e mangiare insieme, raccontarsi storie e anche il viaggiatore straniero è bene accetto attorno al torchio e alla tavola.
Se Paros è stata disegnata dal vento la sua gemella minore Antiparos, che si trova a due minuti di traghetto, è stata disegnata dalla paura dei pirati. La sua unica cittadina, è stata costruita attorno al forte veneziano e fatta di un labirinto di stradine tortuose capaci di frenare l’impeto dei bucanieri. Ora tra queste viuzze che ospitavano la violenza e la paura domina l’allegria dei bar e dei ristoranti, delle discoteche discrete, ma alla parola pirati i cuori dei locali reagiscono ancora con un battito inquieto. Se Paros è l’isola degli alberghi la sua gemella è l’isola delle case: si comprano o si affittano residenze intere, dalle più spartane alle più lussuose, e il vanto dei locali è quella dell’attore holliwoodiano Tom Hanks, che da sempre, per passare le sue vacanze, ha scelto Antiparos.

Se Paros e Antiparos rappresentano la storia antica, Siros, l’isola più popolata delle Cicladi e la loro capitale, racconta un’avventura moderna che la dice lunga sulla caducità delle umane sorti e sulla bizzaria del destino. Poverissima fino al 1821, allo scoppio della guerra di indipendenza della Grecia oppressa dalla Turchia, ha ospitato la maggior parte dei ricchi mercanti e industriali ellenici sparsi per l’Impero ottomano. In poco tempo sono nate fabbriche e cantieri, si è sviluppato un forte commercio con l’estero. Sono sorti meravigliosi edifici pubblici, palazzi, un teatro, giardini lussureggianti, un cimitero monumentale. Poi, all’improvviso, rapidi come erano arrivati, i ricchi se ne sono andati. Al Pireo. Il porto di Atene. Al turista, che qui trova gli stessi doni che tutte le cicladi offrono a chi le ama – mare, sole, un cielo color cobalto, spiagge, sentieri, buona cucina – resta in dono un’architettura neoclassica di stampo ottocentesco, unica nel mediterraneo insulare. E resta anche un museo archeologico, piccolo ma ricco, che canta la gloria antica delle isole dell’Egeo. Se queste sono oggi le isole più amate dai vacanzieri del Nord, lo si deve al mare tiepido, ai cieli blu, alla natura incontaminata, ai profumi della macchia, alla storia e alla cultura ma anche alla interminabile crisi economica della Grecia, che rende i prezzi invitanti: un cocktail nel porto di Naoussa, pochi anni fa costava dai 12 ai 15 euro, ora si beve a 7. E tutto è cambiato in proporzione. ? la
Foto Sergio Pitamiz | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Sfoglia il magazine – Vai alle info utili