Puglia: alla scoperta dei Monti degli antichi Dauni

di Licia Zuzzaro

La Puglia è nota per lo più per le belle spiagge del Salento, per il promontorio del Gargano, per le architetture di epoca imperiale. Per le località dichiarate patrimonio dell’Unesco.

Esiste una Puglia più nascosta, più intima, ma ugualmente di interesse naturalistico, storico e architettonico, che non può essere trascurata: il territorio dei Monti Dauni. Un’area geografica appartata rispetto alle direttrici del turismo di massa, nel nord ovest della Puglia, in provincia di Foggia: la più estesa del sud Italia.

Crocevia di pellegrini che nell’antichità percorrevano la Via Francigena del Sud (o Cammino per San Michele) – itinerario che da Mont Saint Michel conduceva fino al Santuario di San Michele Arcangelo – sul Gargano. Ma anche luogo di transumanza, dove passava il tratturo che da Pescasseroli portava a Candela, terzo per importanza dell’Italia meridionale.

Oggi gli appassionati di trekking trovano a disposizione duecento chilometri di sentieri, tra valli solcate da torrenti e aree di ristoro attrezzate in un territorio di mezza montagna, dove il primato di vetta più elevata di Puglia va al monte Cornacchia, con i suoi 1150 metri.  In quest’area, in generale poco antropizzata è presente una fauna ricchissima: dal lupo appenninico, ai cinghiali, dalle volpi ai caprioli, mentre è facile avvistare rapaci, sia diurni che notturni.

A punteggiare il paesaggio dei Monti Dauni decine e decine di borghi, ognuno con una propria specificità. Palazzi storici, castelli fortificati e chiese di squisita fattura testimoniano ancora oggi di un passato di splendori e opulenza. Basta recarsi a Lucera, antica colonia romana e tra le residenze più apprezzate da Federico II. Oggi si può ammirare la maestosa cinta muraria, che si sviluppa per 900 metri sulla collina, che abbracciava il castello svevo-angioino. L’anfiteatro romano è un’altra preziosa evidenza del passato di questa colonia. Oggi elegante e animata cittadina di circa trentacinquemila abitanti, affascina per la ricchezza decorativa di alcune facciate di edifici, per la sfarzosa corte del Palazzo vescovile, per la sua maestosa cattedrale in stile gotico – bizantino, edificata su una preesistente moschea (a Lucera Federico II aveva trasferito numerosi saraceni dalla Sicilia).

Procedendo a nord ovest da Lucera, delizioso è il nucleo medievale di Pietramontecorvino, con la sua Torre Normanna, il Palazzo Ducale e la Chiesa Madre, con un’imponente torre campanaria, la cui cupola in maioliche gialle e verdi, si ammira da lontano. Spostandosi a sud ovest, attraversando paesaggi spesso intatti, caratterizzati da foreste di querce e faggi si raggiunge Alberona, entrata nel circuito dei “borghi più belli d’Italia”, circondata da una florida vegetazione. Il borgo ha dato i natali ad alcuni poeti che ne hanno decantata la bellezza assorta e, ancora oggi, un Premio di Poesia internazionale attira, insieme all’aria limpida e fresca, centinaia di turisti ogni anno. Il suo edificio più caratteristico è la Torre del Gran Priore (proprietà privata) edificata nel XII secolo, che fu prima sede dei Templari e in seguito dei Cavalieri di Malta. Caratteristiche le numerose fontane monumentali, tra cui quella detta “Muta”.

Poco più a sud, attraversando campi coltivati a grano, a fave e altri ortaggi, si giunge a Roseto Valfortore. Qui vi sorprenderà l’aspetto schietto e sorridente dei residenti, quasi tutti ben disposti ad accogliere chi arriva da fuori. D’altra parte anche Roseto ha la consuetudine, insieme ad altri borghi dell’Appenino Dauno, di ospitare chi cerca riparo nelle assolate giornate estive, offrendo refrigerio, aria frizzante, ma anche buona cucina e il piacere della scoperta di tracce di un passato di cui si va orgogliosi. Di interesse la balaustra di ingresso della chiesa di Santa Maria Assunta, in pietra locale, che testimonia dell’abilità degli scalpellini rosetani mentre, poco fuori dall’abitato, una zona verde attrezzata, accanto ad un vecchio mulino ad acqua, visitabile, offre la possibilità di fare pic-nic all’aperto e fare un tuffo in piscina.

Faeto e Celle San Vito sono note per essere due oasi linguistiche franco-provenzali in Puglia. Va annotato che si tratta di un fenomeno linguistico presente in Italia solo in Valle d’Aosta e in Piemonte. Come si spiega questa presenza a distanza di centinaia di chilometri dalla Francia? Gli storici sono concordi nel sostenere che Carlo II d’Angiò, a metà del 1300, trasferì in quest’area un contingente di combattenti provenzali, contro Manfredi di Svevia, che decisero poi di stabilirsi definitivamente dopo l’assedio di Lucera. Oggi vi si parla ancora un dialetto che si è tramandato pressoché intatto, preservato probabilmente anche dal relativo isolamento dei due borghi.  A Faeto (Faìte, nella lingua locale) bisogna fare scorta di prosciutto e altri salumi prodotti dal maiale nero, tipico di questa zona, allevato allo stato semibrado e dal sapore inconfondibile.

Non si può dire tuttavia di aver visitato i Monti Dauni, senza prima aver fatto una sosta per ammirare quello spettacolare esempio di romanico pugliese che è la cattedrale di Troia, fondata nell’XI secolo. L’imponente struttura, originariamente a croce latina, vanta un superbo rosone a undici colonnine e due splendide porte bronzee realizzate da Oderisio da Benevento. Da notare sull’esterno elementi decorativi in stile islamico. Il museo della cattedrale raccoglie manufatti di grande pregio, tra cui i tre rotoli pergamenacei risalenti al XII secolo, noti come Exultet. Una sosta, in questo caso non spirituale ma “nutriente”, si deve fare alla pasticceria artigianale di fronte alla cattedrale, per assaggiare la passionata, dolce a base di mandorle e ricotta, invenzione di Lucia Casoli, apprezzata maestra nell’arte di rendere ancora più dolce la vita.

E il viaggio può proseguire verso altri borghi che sveleranno ognuno i loro piccoli e grandi tesori: Ascoli Satriano, Bovino, Castelnuovo della Daunia con le sue preziose acque termali, Orsara di Puglia, Celenza Valfortore, da cui si domina il lago di Occhito. Percorrendo in lungo e in largo quest’area, lo scenario che si apre alla vista ricorda a tratti il paesaggio toscano, se non fosse per le centinaia di pale eoliche disseminate a profusione sul territorio, come bianchi e possenti crocefissi roteanti. Si contano, infatti, trentotto parchi eolici (altrimenti detti wind farm) che rappresentano sicuramente una risorsa per questo territorio battuto costantemente dal vento, ma anche una presenza che connota fortemente il paesaggio. Paesaggio che, agli occhi di alcuni, appare futuristico e con una sua propria, nuova bellezza.

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