del “columnist” Federico Formignani
Chissà in quale modo la maggior parte dei greci ricorda la data del 1° gennaio 2001. Forse come il giorno in cui la famosa e amatissima dracma ha lasciato il posto al nuovo e luccicante (di promesse) euro. Oppure come il giorno in cui sono cominciati i guai per il piccolo paese – dalle coste frastagliatissime, dalle innumerevoli isole sparpagliate un po’ ovunque nei due mari, lo Ionio e l’Egeo – a loro volta carichi di un fascino che ha attraversato la storia del mondo antico. Inutile nasconderlo: quel mondo che abbiamo imparato a conoscere sui banchi di scuola e ci ha accompagnato per l’intera esistenza – pronto ai richiami dei ricordi – ci appartiene intimamente. Ecco perché le traversie della Grecia, al di là di una concreta reciproca responsabilità (greca ed europea) ci procurano emozione e partecipazione; le stesse che abbiamo provato leggendo l’Iliade e l’Odissea o scoprendo l’universo mitologico delle divinità greche, così presenti nella vita dei comuni mortali, oggetto questi dei loro capricciosi favori o delle improvvise e totali crudeltà.Non si vive solo di ciò che è stato; è vero. Ma nel caso del popolo greco non è azzardato pensare che proprio dal loro passato (storico e recente, segnatamente quello precedente l’ingresso dell’euro) traggano lo stimolo e la forza per una nuova e risolutiva risalita.
È stato qualche anno prima del fatidico 1° gennaio 2001, ancora gli anni della dracma. Per avere contante da spendere si andava in banca e si cambiavano le lire; o i dollari. Il bancomat non era ancora ‘esploso’ e con lui tutte quelle diavolerie elettroniche che, è chiaro, hanno reso la vita più comoda, ma hanno anche minato l’essenza del vivere ‘semplice’ e la conseguente armonia generale. Chissà che fine hanno fatto (scavo nei ricordi personali) Makis Metaxas e sua noglie Hettie (tedesca!) che mi hanno accolto con estrema amicizia nella loro casa di Argostoli, capoluogo di Cefalonia, isola della quale assieme a Itaca, Makis era Prefetto. Mi aveva accompagnato, con genuino spirito di partecipazione, nel luogo dell’eccidio dei militari italiani nell’isola, nel secondo conflitto mondiale. Mi aveva mostrato il vecchio mulino della cittadina dal quale il fiume Melisani si inabissa nel sottosuolo per riemergere, dodici chilometri più a est, in una cavità naturale dando vita a un fantastico lago sotterraneo il cui blu dell’acqua cambia colore a seconda della quantità di luce che riceve dalla spaccatura della cima del colle. Makis, a Itaca, mi aveva indirizzato dal suo amico Telemaco Karavias, sindaco dell’isola d’Ulisse con il quale era stato possibile, girando da nord a sud, percorrere la ‘petrosa’ alla scoperta dei luoghi cantati da Omero e vissuti dall’eroe greco. Eroe sempre presente nel cuore della moderna Itaca, al punto che a suo figlio aveva dato lo stesso nome!
Chissà infine che destino avrà incontrato l’amico di Cefalonia Kostas Korakakis, che aveva una bellissima villa, con un grande parco zeppo di piante aromatiche una delle quali (la fragrante salvia) mi era stata donata e aveva trovato dimora sul terrazzo di casa mia. Scrivendoci in seguito (perché così dovrebbe succedere quando due persone si incontrano e scoprono di condividere pensieri e affinità) gli avevo espresso il gradimento da parte delle altre piante del terrazzo per la salvia arrivata da climi decisamente migliori; unico impiccio, quello della lingua. Kostas aveva risposto suggerendo di non preoccuparmi eccessivamente per la pianta greca: avrebbe imparato in breve tempo un ottimo italiano. Semmai la piantina greco-milanese aveva suscitato l’invidia di quelle di Cefalonia, aveva chiosato. Anch’esse avrebbero ambito salire al nord e per tale motivo, così come Kostas, attendevano un mio ritorno nell’isola. Che non è più avvenuto. Kostas passava i fine settimana a Cefalonia; la settimana lavorativa la trascorreva a Glifada, a sud di Atene, dove importava e vendeva giocattoli. Questo, prima dell’euro. ? ff
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