Chopin all’Expo con Joanna Rozewska

L’apice e il ridicolo delle mostruose ‘attese’ Expo cui ho assistito è stata una ‘coda’ che partiva dal piccolo edificio espositivo di una famosa marca di cioccolato, per arrivare trasversalmente quasi a metà del Decumano; fantastico serpentone di gente a fendere la compatta avanzata nei due sensi della ‘folla’ variopinta, eccitata e vociante dei visitatori. La grande Esposizione Universale volge al termine e sono pochi coloro che non sono rimasti affascinati dall’imponenza e dall’originalità architettonica delle strutture realizzate (sarebbe riduttivo definirle semplici padiglioni) e dai pirotecnici successi delle molte iniziative presentate: gastronomiche, ludiche, culturali, umanitarie; Expo dunque, come immenso palcoscenico mondiale delle ‘buone’ azioni e intenzioni dell’umanità. Cercando quindi di destreggiarmi al meglio per non essere fagocitato dai gorghi delle code, ho trovato il momento giusto, complice l’indispensabile pausa-pranzo che ha rallentato i movimenti della ‘marmellata’ umana, per infilarmi nel padiglione della Polonia, caratterizzato all’esterno da migliaia di finte ‘cassette’ per le mele incastrate a comporre l’enorme struttura esterna.

Già sulla piazza antistante il padiglione creato dall’architetto Piotr Musiałowski si è invitati a ‘scoprire’ il Mercato polacco con le numerose attrattive contenute nel grande padiglione. Si percorre un labirinto simbolico e un giardino magico ricco di alberi di mele e di vegetazione diffusa. Una mela gigante, poi, racchiude al proprio interno una piccola Polonia, coi prodotti della terra, le specialità gastronomiche, i pannelli interattivi che mostrano le varie fasi della lavorazione dei campi e di ciò che i terreni producono. Al piano superiore, la sorpresa. Una saletta con diverse sedie sistemate a semicerchio, le vetrate che danno sulla folla dei visitatori, un pianoforte bianco su una pedana. Mi accomodo in una delle poche sedie ancora libere della prima fila, pregustando la pausa di ‘riposo’ dopo un’intera mattinata di cavalcata Expo! Debbono aver pensato la stessa cosa le numerose persone che poco per volta riempiono la saletta. Alla fine arriva lei: Joanna Różewska; abito nero, leggero e vaporoso, chioma fulva e fluente, mani (ah! le mani dei pianisti) lunghe e delicate.

Joanna RozewskaÈ una mezz’ora di grande relax fisico e intensa partecipazione spirituale, quella che segue. Le dita di Joanna ondeggiano, si accavallano, vibrano, si rincorrono sulla tastiera. Le espressioni del viso accompagnano il suono che si sprigiona dal piano bianco e la musica del grande Fryderyk Chopin invade la saletta del primo piano sistemata sopra le mele di Polonia. Una decina di ‘studi, preludi, ballate’ occupano il piccolo ambiente, deliziando i presenti. Alla fine, viene naturale, dopo i complimenti di rito (sempre calorosi da parte di un pubblico in genere non molto esperto, me compreso) le chiedo qualcosa della sua ancor giovane carriera artistica. Joanna ha 27 anni e ha cominciato a suonare, meglio sarebbe dire ‘studiare’, quando ne aveva 8, di anni. La laurea con lode le è stata riconosciuta nel 2012 dall’Università di Musica di Varsavia intitolata – naturalmente! – a Chopin, laurea conseguita sotto la guida della professoressa Elżbieta Tarnawska. Ha suonato e tiene concerti in tutto il mondo, Joanna. Singolarmente o con orchestre; su invito o per partecipare a gare a premio. Ovvio che nel corso della sua ancor giovane carriera abbia suonato per ospiti illustri: capi di stato, principi, regine. I viaggi, passione comune della quale molto abbiamo parlato, sono una costante della sua vita; ma la musica, conclude Joanna, supera ogni altra passione. Sposata, vive a Zurigo, ma è cittadina del mondo. Le chiedo che impressione abbia avuto di Expo, di Milano. Decisamente positiva, è la risposta, anche se i suoi giorni sono stati scanditi dai concerti-Expo per i visitatori, dal profumo delle mele di Polonia e (per fortuna, aggiunge) dal fascino dello shopping milanese. Come darle torto, dopotutto. Anche Chopin, ai tempi dei suoi amori con George Sand, era un dandy elegante,  raffinato, che sognava di abbandonare l’esilio di Maiorca per tornare fra le luci e le mollezze di Parigi.

 

del ‘Columnist’ Federico Formignani | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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