Il “dilettevole” Giuoco dell’Oca

Il Gioco dell'Oca

Il più gigantesco ‘Giuoco’ lo abbiamo avuto sotto gli occhi durante l’intero periodo dell’Expo, grazie all’enorme numero di persone che hanno ‘partecipato’, in ogni senso, all’Esposizione Universale. Le varie ‘caselle’: i siti da visitare; le ‘penalità’: i chilometri in più da percorrere quando si supera il padiglione che si voleva vedere (code a parte). Partecipazione al gioco: c’è il padiglione della Russia, ad esempio, la cui lunga pedana in legno che conduce all’ingresso è sovrastata da una pensilina a specchio che svetta verso il cielo e dà la visione convessa della folla che in basso si accalca per accedere all’interno. Altro gioco dell’oca moderno è quello che circonda la piscina circolare dell’Albero della Vita. Un continuo serpente compatto di gente ne percorre i bordi,  per godere come bambini dei giochi d’acqua e, quando è buio, esplodere in ‘Ooooh!’ d’ammirazione per gli stessi giochi, però illuminati da luci multicolore. In fondo, la vita è davvero un gioco, un dejà vu, un ripetersi di situazioni favorevoli o meno. Appunto, come nel ‘Giuoco dell’Oca’ con la sua brava ‘u’ rafforzativa, ora non più in uso. A proposito di questo antico dittongo sul quale scivolano con grande entusiasmo i napoletani (vedi ‘fuoco’, ‘fuosso’ ecc.) si può scoprire che deriva dal termine latino iocus, che al tempo dei romani stava per ‘scherzo’ e solo in seguito ha assunto anche il significato di ‘tenzone sportiva, passatempo’. Scopriamo allora le ‘curiosità’ dell’antico e ormai decaduto ‘Gioco dell’Oca’, al quale si avvicinano altri giochi praticamente scomparsi (Il mercante in Fiera, Monopoli, eccetera) soppiantati dai moderni e onnipresenti ‘giochini’ elettronici, figli del nostro tempo.

Giovan Battista  Fagiuoli, fiorentino, autore di commedie pubblicate a Venezia nell’anno 1753 e di un’opera intitolata in modo significativo ‘La Fagiuolaia o Rime Facete’ (Amsterdam, 1739) così si esprime in versi, con riferimento al celeberrimo Giuoco dell’Oca’ : ‘…bel giuoco dove sono dipinti: misteri per cui l’uomo al ben si sveglia / guardate come da due dadi spinti / passano i giuocator secondo i punti / ponti, pozzi, prigion e labirinti / e quando ad ogni ben si credon giunti / dan nella morte ohimè che vien lor porta / ogni speranza nel restar defunti’. Che tipo di gioco era, quello che aveva indotto l’autore a descriverlo in versi tutto sommato ‘impegnati’, per la conoscenza dei posteri? Era un gioco definito ‘dilettevole’, citato per la prima volta nelle Memoirs di Héroard nel 1612, nato ufficialmente  verso la fine del 1600 e prosperato nei secoli immediatamente successivi – per ragioni storiche e sociali – in maniera del tutto eccezionale e, verrebbe da dire, ‘universale’ per i periodi di tempo che ha attraversato.

Le Civiche Raccolte Milanesi donate da Achille Bertarelli e conservate nelle sale del Castello Sforzesco di Milano, raccolgono una notevole quantità di stampe, silografie e documenti di svariata provenienza, tra le quali quelle riferibili a esemplari di notevole pregio relativi al Gioco dell’Oca, che per lunghissimi anni ha rappresentato, in differenti contesti sociali, uno dei passatempi preferiti di Corti, circoli borghesi, comunità varie. Un’esperta in proposito, Clelia Alberici, per lunghi anni direttrice delle raccolte milanesi, così ne tracciava la minuta storia: ‘…le tavole più antiche del Giuoco dell’Oca risalgono al ‘600, in silografie (ossia stampate da matrice lignea): nei secoli successivi venivano incise su rame secondo le varie tecniche e nell’ ’800 avanzato la stampa si affida alla litografia, procedimento che ha avuto avvio attorno al 1810. Con l’inizio del ‘900 i fogli dei giochi vengono stampati con sistemi fotomeccanici, entrati in uso con l’avvento della fotografia’. La cosa curiosa, ricordava la Alberici, era che spesso le stampe, una volta usate per i giochi di società, venivano buttate via o distrutte; non degne d’essere conservate, dunque. Per fortuna i giochi più antichi, provenienti da matrici del Settecento o primo Ottocento, sono arrivati sino ai nostri giorni grazie alle raccolte speciali tipo quelle della ‘Bertarelli’. Ad ogni modo, sempre di un gioco d’azzardo, si trattava. Tant’è che a Milano un tempo si diceva: ‘giuntàgh l’occa cunt i pènn’ (rimetterci l’oca e le penne). Vale a dire: scapitarci in fatica e denaro.

 

del ‘Columnist’ Federico Formignani | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

 

Caro lettore,

Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.

Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.