La ‘toponomastica’ è una disciplina che si occupa dello studio dei nomi dei luoghi.
È estremamente interessante e curiosa e, non di rado, accende vivaci dispute fra i vari studiosi che la coltivano. Molte etimologie o derivazioni si sono rivelate, nel tempo, di pura ‘fantasia’, ma va detto che la stragrande maggioranza dei nomi indagati sono il risultato di studi linguistici condotti con la più accurata serietà. L’asta del Po è ricca di insediamenti umani grandi e piccoli; alcuni bagnati dal grande fiume, altri posti nelle immediate vicinanze. Cominciamo dunque dall’origine dei nomi dei centri maggiori. In seguito ci occuperemo anche delle cittadine e dei paesi minori, anch’essi meritevoli di essere conosciuti. La prima città è Saluzzo, in provincia di Cuneo. Deve il nome a sala, salucula; una ‘villa’, dunque; una piccola villa signorile. Eccoci a Torino, città di origine Ligure (una popolazione, questa, dell’Italia del nord precedente la discesa dei Celti) posta alla confluenza dei fiumi Stura e Dora Riparia col Po. Nel 218 a.C. la futura Torino oppone una tenace resistenza all’esercito di Annibale; divenuta Colonia romana, assume la denominazione di Julia Taurinorum alla quale viene aggiunta Augusta in omaggio all’imperatore Ottaviano. Il nome attuale proviene dalla forma contratta Taurinis, Taurinos; Taurus ed è nome appartenente alla serie totemistica: nomi di popoli collegati a quelli di animali.
Semplice l’origine del nome di Chivasso. È Clevasius nell’anno 843 ed è collegabile a clivus (località prossima alla collina, al suo declivio). Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, era detta secondo Plinio Bodincomagus, dall’antico nome del Po unito al termine gallico mago (capo, luogo). In seguito Casale viene chiamata Sedula, dall’aggettivo sedulus (solerte, industrioso); il Casalis finale sta ad indicare un ‘casolare’ attorno al quale si sarebbe sviluppato con gli anni il borgo. Siamo a Pavia: sul Ticino, è vero, ma molto vicina al Po. Un tempo chiamata Ticinum, già dal VII secolo viene detta Papia, nome forse ancora più antico di Ticinum, distrutta dai Goti nell’anno 476. Sul fiume, al confine con la Lombardia, si trova Piacenza: abitata dagli Etruschi e poi dai Celti, nel 218 a.C. diviene Colonia romana. È un toponimo augurale, dal latino Placentia, originato dal verbo placēre (piacere). Eccoci di nuovo in Lombardia, con Cremona. Virgilio la chiama Cremōna nei suoi scritti, ma l’etimo è antico e di incerta derivazione; potrebbe trovare agganci col termine pre latino carra (sasso) nella variante carm (roccia) poi mutato in cram-crem col sufficco –ōna, frequente nei toponimi pre latini. Altro capoluogo emiliano: Parma. Abitata dagli Etruschi quindi dai Galli Boi, diviene in seguito Colonia romana. Parma è con tutta probabilità voce di origine ligure; in lingua celta parma significa ‘scudo rotondo’; alcuni infine collegano il nome della città ai cognomi etruschi di Parmi, Parmnial.
Reggio Emilia, sul torrente Crostolo tributario del Po, è la Regium Lepidi romana, dal nome del proconsole romano Marco Emilio Lepido. Nella Tabula Peutingeriana (IV secolo d.C.) è detta Lepidoregio. Restiamo in Emilia, con Modena e Ferrara.Il primo centro, situato tra i fiumi Secchia e Panaro, è detto all’epoca di Livio Mutina. Il nome cambia in seguito in Mòtina, Mòdana, Mutena per stabilizzarsi nel IV secolo in Modena. È parola d’origine etrusca: mutna, mutana significava ‘tomba’; potrebbe tuttavia essere collegato ad una base pre romana mut(t), mot(t) che stava per ‘collina, rialzo del terreno’. Ferrara proviene dalla voce latina ferraria (fucina, ferriera) o potrebbe anche voler indicare una ferraria terra, ovvero un terreno coltivato a farro. Infine Rovigo, cittadina veneta che si trova tra Adige e Po. Il nome proviene da quello personale germanico Hrodico. Sino all’anno 855 è Rodigo, per mutare poi verso l’anno Mille in Rudi, Ruvigo. Vale la pena ricordare che alcuni eruditi nell’Ottocento avevano ipotizzato un’eredità etimologica (di pura fantasia) dalla voce greca rhodon (rosa), pur se i terreni circostanti non si prestano granché, per la qualità del suolo, alla coltivazione di questo bellissimo fiore.
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com