Alcuni grandiosi ambienti naturali europei sorgono là dove i fiumi maggiori si incontrano col mare: il Guadalquivir con l’Oceano Atlantico, il Reno col Mare del Nord, il Po con l’Adriatico, il Danubio col Mar Nero, il Rodano col Mediterraneo. I parchi che sono stati creati negli estesi delta di alcuni di tali fiumi, costituiscono importanti isole di sosta e di riproduzione per tantissime specie di uccelli – stanziali, migratori – e formano l’habitat ideale per altri animali tra loro diversissimi. L’estesa realtà geografica di tali parchi si frammenta spesso in un interessante mosaico di zone naturali specifiche, non di rado differenti le une dalle altre, pur se incluse nell’area madre. È il caso della Camargue francese, che trae vita dalle acque del Rodano: ricca di paludi, di pascoli, di aree coltivate e di altre aride e geologicamente importanti (Réserve Naturelle des Coussouls de Crau), conserva porzioni di terreno di particolare bellezza e interesse sia botanico che naturalistico. Sono le Marais (paludi) del Vigueirat. È un’area di poco inferiore ai mille ettari che dista una ventina di chilometri da Arles ed è ‘protetta’ dall’ente di stato Conservatoire du Littoral della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Con Eric Didner, un giovane alsaziano che ha preferito per il suo lavoro e la sua vita i caldi climi del sud della Francia, visito a bordo di un fuoristrada (e per molti tratti a piedi) questa bellissima zona protetta. Anzitutto Eric tiene a sottolineare che gli elementi naturali e caratterizzanti della Camargue, quindi anche del Vigueirat, sono ‘il clima mediterraneo, l’acqua, il vento, il sale’. Mi ricorda un termine provenzale (sansouiro) impiegato per descrivere un paesaggio composto di terre basse e salate, con poca vegetazione, ricoperte di acque salmastre in inverno ma secche e screpolate in estate. A Vigueirat, spiega il naturalista alsaziano, oltre ad alcune zone controllate e utilizzate per scopi agricoli, vi sono terreni che, secondo le stagioni, possono essere allagati o meno con un ingegnoso sistema di piccole canalizzazioni: la Trincanière, l’Etang redon, La Baisse des Oies; le due paludi permanenti si trovano a sud del parco: Marais nord e Marais sud. Verso il canale che proviene da Arles (canal d’Arles à Bouc) vaste estensioni rappresentano il regno dei cavalli camarghesi: grandi, bianco-grigi, con larghi dorsi sui quali non è infrequente si posino alcuni volatili e dei neri tori di Camargue che qui vivono e si riproducono in piena libertà. Gli stessi tori che Prosper Mérimée, ispettore generale dei Monumenti Storici di Francia, aveva descritto nel 1835 come boeufs noirs (buoi neri).
Eric riconosce a vista ogni tipo di uccello che sonnecchia sui tronchi emergenti di alberi morti o compie pigri voli di ricognizione tra i canneti delle rive. Il Vigueirat ospita circa 260 specie di uccelli, pressappoco la metà di quelli recensiti in Francia. Come numero totale, sempre variabile, si ipotizzano oltre centomila volatili; le sole anatre superano le 25.000 unità! Molte sono le specie che ‘frequentano’ il Marais: svassi, aironi, tarabusi, cicogne bianche e nere, ibis, uccelli spatola dal becco a ciabatta; poi i delicatissimi e straordinari fenicotteri rosa, che i francesi chiamano flamant rose e gli spagnoli flamingo. Alla voce canard (anatra) segue un lungo elenco di secondi nomi: ecco allora che il canard siffleur è il fischione; quello pilet identifica il codone mentre il canard souchet si riferisce al mestolone. La vasta famiglia dell’avifauna delle Marais si arricchisce di altri uccelli ancora: marzaiole, alzavole, nibbi bruni e reali, albanelle, sparvieri e una discreta varietà di aquile e falconi. Non mancano quaglie, pernici, fagiani, gallinelle d’acqua, avocette, beccacce e beccaccini e un’altra buona scelta di differenti tipi di uccelli cavaliere, due dei quali sono del tipo à pattes jaunes (a zampe gialle) e a cul blanc.
Per completare il quadro, ecco un ultimo (e incompleto) elenco di abitanti della palude: sterne, gruccioni, rondini e rondoni, tordi, cutrettole, gufi, tortore, picchi, allodole, merli, usignoli, capinere, gazze, cornacchie, verdoni, eccetera. Sulla via del ritorno, Eric mi fa notare le caratteristiche ‘negative’ di una giuncacea (juncus acutus) molto appetita dai tori che ne mangiano le piantine novelle. Quando la pianta cresce e si indurisce, diviene micidiale per i poveri tori che vi infilano il muso e rischiano la cecità per la pericolosità degli aghi vegetali. Il senso di pena si esaurisce però in breve. La corsa del fuoristrada è fiancheggiata dal galoppo sfrenato di centinaia di tori neri e lucidi per il sudore; è un attimo: un cucciolo rimane travolto dalla mole imponente di mamma e papà (300 chili di peso!). Per fortuna si rialza subito e riprende a correre più veloce di prima, per non perdere la sicurezza del branco.
Info: www.france.fr
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Caro lettore,
Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.
Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.