È la Tanzania per veri intenditori, ancora lontana dai circuiti del turismo di massa: la verde Pemba è un’isola incontaminata, quasi sconosciuta, dove la brezza lieve spettina spiagge deserte, contese dalla foresta e accarezzate dalle maree. E una popolazione locale, fiera e gentile, rievoca l’Africa di molti anni fa.
Basta sorvolarla con il piccolo Cessna della ZanAir per capire che è diversa dalle altre, la sua natura selvaggia risulta subito evidente. Per i navigatori arabi era Al Jazeera Al Khadra, l’isola verde, perché coperta da foreste, vallate fertili e colline. Pemba si trova a soli 60 km da Unguja (a tutti nota come Zanzibar) ma la distanza che la separa dalla principale isola dell’arcipelago è ben maggiore. Di là una lunga teoria di alberghi e villaggi deturpa la costa, mentre qui gli alberghi sono una manciata. Uno in particolare, The Aiyana, vale il viaggio, tanto è inserito in maniera rispettosa in questa terra di ricchezza straordinaria, di natura incontaminata, di animali curiosi e di creature come non si trovavano in nessun altro luogo, dove enormi banchi di pesci popolano le barriere e stormi di uccelli marini affollano spiagge e lagune. Pemba è una meta per viaggiatori veri, non per turisti in cerca di solo mare ma per chi vuole assaporare l’Africa autentica di molti anni fa. Il 95% della popolazione non ha accesso all’elettricità, alla TV o alle notizie, non c’è stress e si vive con poco.
Gli abitanti, pescatori e contadini in maggioranza, vivono con quello che offre la natura, e sono un popolo dolce, lontano anni luce dai beach boys che a Zanzibar cercano di vendere di tutto agli ignari turisti dei resort. Le donne dei villaggi, eleganti, fasciate nei loro kanga, approfittano della bassa marea per raccogliere le alghe che verranno trattate e spedite in Cina ed estremo Oriente, materia prima per alimentari e cosmetici. Aiutano a far quadrare i magri bilanci familiari, mentre i pescatori sono intenti a riparare barche e reti. I ragazzi vanno a scuola con uniformi pulite e dignitose e dalla soglia di casa sguardi curiosi osservano i pochi occidentali attratti dalla vita locale.
Per raggiungere The Aiyana, situato all’estrema punta nord occidentale dell’isola, bisogna attraversare la Ngezi Rain Forest, l’ultimo tratto della foresta primaria che un tempo ricopriva tutta Pemba. È uno scrigno di biodiversità immerso in una vegetazione densa e intricata che ospita diverse specie endemiche, come la volpe volante e il cercopiteco verde. La strada sconnessa si snoda tra alberi immensi, le cui chiome si innalzano fino ai cinquanta metri di altezza e a fatica lasciano filtrare i raggi del sole. Qui sono ancora possibili incontri ravvicinati con una natura che troppo spesso è stata usata solo come riserva per parquet delle case di lusso.
Pemba cammina a piedi. Oppure sulle due ruote di una bici cinese o indiana, i più fortunati su una vespa. Poche auto sull’isola, pochissimi i camion, che qui usano come trasporto pubblico, e niente pubblicità ai lati della strada. Nemmeno l’onnipresente coca-cola, che ritrovi come murales sui muri sbrecciati di tutta l’Africa continentale. Fin qui non è mai arrivata, anche perché forse nessuno l’avrebbe comprata. Una sola arteria costellata di buche profonde taglia l’isola da nord a sud, scorre lungo due lati di foresta, la vegetazione tropicale più lussureggiante e verde che si possa immaginare; mango secolari, banani, piante di papaya, tamarindi. Dignitose casette in mattoni con un tocco di moderno si alternano alle abitazioni tradizionali in fango con il tipico tetto in Makuti (la palma intrecciata), anche se c’è poca differenza tra le due: in entrambe il fuoco si fa con la legna da ardere e la luce con le lanterne a olio. Sembra mancare tutto a Pemba invece ti accorgi che non manca niente. Quasi sempre l’edificio più alto è il minareto della moschea del villaggio. La popolazione è di fede islamica, non integralista, ma convinta, osservante in modo sincero e partecipato, le donne con le loro vesti colorate e gli uomini e i bambini con il tipico copricapo.
Per capire l’isola bisogna conoscere Chake Chake, il capoluogo, un agglomerato urbano caotico e disordinato. È un posto interessante dove spendere una mattina a girovagare tra le viuzze tortuose e sporche del centro, fino al mercato tra bancarelle di spezie, laboratori di ebanisti che piallano tronchi e fabbri che battono ferri arrugginiti, dalle cui mani nasce sempre qualcosa di speciale. Alcuni edifici conservano timidi bagliori di fasti gloriosi, quando le cronache portoghesi raccontano di ben cinque sultanati presenti sull’isola di Pemba. Più di mille anni fa era infatti un importante centro di traffico e commerci tra il Golfo Persico, l’oceano indiano e le coste africane. Pare che il sultano di Muscat rimase così affascinato da Pemba e Zanzibar che decise di stabilirsi su quest’ultima da dove continuò a governare il suo regno nel Golfo.
Pemba divenne famosa per le spezie in particolare per i chiodi di garofano che i mercanti arabi portavano in India riportando tessuti e oggetti pregiati indietro verso l’isola delle spezie. Dovrete poi proseguire con l’esplorazione dell’isola verso il Kigomasha Lighthouse, costruito nel ‘900 dalla compagnia britannica Chance Brothers. È il faro più alto dell’isola e con una piccola mancia Ali Juma, il custode, vi farà salire fin su ai 38 metri della torre. Il panorama che si gode da lassù, sferzati dal vento, è straordinario: il colore del mare sfuma nel verde della costa, tra piantagioni di palme e tamerici. La strada per raggiungere il faro scorre tra piccoli villaggi e piantagioni di tapioca, ogni tanto un grande baobab svetta nelle radure creando il vuoto attorno a sé. La strada passa accanto a Vumawimbi beach, la spiaggia più frequentata dai locali e questo è davvero un posto da non mancare. Una lunga striscia di sabbia bianca che spunta ai margini della foresta, con le barche dei pescatori che ciondolano nell’acqua bassa, alcune in secca quando la marea si ritrae.
Intorno non c’è quasi nessuno, solo durante il fine settimana la gente dei villaggi viene a trascorre qualche ora. Ma se volete un vero incontro con la gente del posto dovete andare a Tumbe. Il villaggio sorge lungo una baia sabbiosa orlata da mangrovie e lasciata scoperta dalle acque della marea due volte al giorno. Qui si svolge uno dei più importanti mercati del pesce dell’isola ed è un momento importante per comprendere lo stile di vita degli abitanti di Pemba. Le barche, piroghe in legno armate con la classica vela araba, giungono a terra e scaricano il pescato sulla riva in grandi ceste di palma intrecciata. La vista delle barche richiama una moltitudine di gente in cerca di acquisti, mendicanti o semplici curiosi. Mentre si cerca di avvicinare gli scafi, tra capannelli di chi compra e vende, gente che va e che viene, i piedi affondano nel terreno e la spiaggia presto si trasformata in una poltiglia maleodorante. Ma che ci volete fare, questa è l’Africa, l’acqua della marea presto laverà via tutto.
Testo e foto di Lucio Rossi |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
INFO UTILI
Informazioni: La Tanzania, cui Pemba appartiene, non ha rappresentanza in Italia. Per informazioni sul Paese ci si può rivolgere all’Ambasciata di Tanzania di Roma, via Cortina d’Ampezzo 185 Tel. 06/33485801. Al Consolato di Tanzania Milano,Via Santa Sofia 12 Tel. 02/58307126, info@consolatotanzania.it. Oppure sul sito www.tanzania-gov.it .
Come arrivare: con Qatar Airways, una delle migliori compagnie per volare in Africa. Da Roma e Milano si vola su Zanzibar, via Doha, da dove si prosegue per Pemba con un volo di 35 minuti operato da Zanair o da Coastal Air. Questi ultimi sono piccoli aereomobili da 8 o 10 posti, è quindi importante viaggiare con bagagli di dimensione ridotta. Qatar Airways consente di effettuare uno stop over di una o due notti a Doha e questa è un’opzione davvero consigliata perché consente di conoscere una delle capitali in più rapida espansione del Medio Oriente e di spezzare il volo di rientro rendendo più soft il ritorno a casa.
Quando andare: La stagione delle piogge è circoscritta ai mesi di aprile e maggio, con qualche propaggine di temporale a giugno. La nostra estate è il loro inverno. Quindi temperature fresche soprattutto la sera e possibilità di vento, ma anche cieli limpidi e poche zanzare. L’estate tanzaniana è il periodo migliore e va da dicembre a marzo.
Dove dormire: The Aiyana
Fuso orario: un’ora in più rispetto all’Italia nel periodo con ora legale e due ore con ora solare
Documenti: passaporto valido per almeno sei mesi dalla data di rientro. Necessario il visto che si può ottenere all’aeroporto internazionale di Zanzibar ed il costo è di 50 dollari americani per i cittadini italiani. Le tariffe sono soggette a frequenti oscillazioni. E’ prevista anche una tassa di uscita variabile da pagarsi sempre in dollari, circa 38. E anche una tassa di uscita da Pemba che però è di soli 2 o 3 dollari a seconda del cambio.
Vaccini: Nell’isola è presente la malaria – anche se in forma minore che nel continente. Chi non vuole farsi la profilassi deve proteggersi dal tramonto all’alba con abiti lunghi e lozioni repellenti. Per i viaggiatori in arrivo dall’Europa nessun vaccino è richiesto né per la Tanzania continentale né per Pemba. Se in arrivo da altri Paesi africani è invece obbligatorio il vaccino contro la febbre gialla.
Lingua: la lingua comunemente parlata dalla popolazione è lo Swahili (chiamato localmente Kiswahili) l’inglese è abbastanza diffuso e in albergo lo staff parla anche un po’ l’italiano.
Religione: La religione dominante è l’Islam, Cristianesimo e Induismo sono presenti. Anche se sono abbastanza tolleranti, è consigliabile il rispetto dei costumi locali. Sconsigliati per le donne abiti succinti e vivamente il nudismo e il topless. E’ vietato l’ingresso nelle moschee agli uomini non musulmani e a tutte le donne.
Valuta: la moneta ufficiale è lo Scellino Tanzaniano (TSH) il cui cambio è molto variabile, al momento di scrivere queste informazioni il cambio è di 1 euro/2434 TSH. A Pemba ci sono poche occasioni di cambiare denaro in moneta locale, consigliabile portare dollari in banconote di piccolo taglio. In hotel è possibile usare le carte di credito.
Elettricità: 220 – 240 V AC, 50 Hz. Gli impianti usati in genere sono quelli britannici e le spine triple sono quelle più frequenti. Consigliamo di portare con sé un adattatore. Spesso la corrente può subire interruzioni che potrebbero danneggiare gli apparecchi elettronici se non muniti di alternatore.
Telefono: +255 è il prefisso internazionale. Esiste una buona rete locale GSM e attivando il roaming il vostro cellulare funzionerà su quasi tutta l’isola. E’ possibile acquistare convenienti carte telefoniche Zanitel o di altro gestore per le chiamate internazionali, acquistabili negli hotel o nei mercati. Al The Aiyana c’è connessione Internet WiFi nelle camere e nell’area ristorante.
Abbigliamento: Pemba è un’isola tropicale quindi servono capi leggeri e qualcosa di antivento per le escursioni nell’interno o in barca. In un Paese musulmano uomini e donne dovrebbero vestire adeguatamente in città: gli uomini con pantaloni lunghi e le donne pantaloni o gonne fino al ginocchio. Potete scegliere di ignorare il codice di comportamento indicato ma in questo modo potreste non essere guardati con rispetto essendo voi i primi a non rispettare gli usi e costumi del paese visitato.
Shopping: nel negozio del The Ayana troverete molti gli oggetti di artigianato prodotti dalla comunità locale. I chiodi di garofano, che sono la principale produzione dell’isola; poi altre spezie, olii profumati, oggettistica in legno, e Kanga, i tipici teli colorati.
Escursioni: lo staff del The Ayana organizza diverse gite giornaliere: in motoscafo su una lingua di sabbia lasciata scoperta dalla marea con pranzo preparato dallo chef dell’albergo, alla Ngezi Forest, a Chake Chake o per godere il tramonto tra le mangrovie con la tipica galawa boat (quelle con il bilanciere).
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