Roma che non smette di stupire. Il Ghetto ebraico

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Per chi ama passeggiare assaporando il gusto della storia, Roma offre numerosi itinerari. Tra i più caratteristici vi è la suggestiva passeggiata all’interno del ghetto ebraico.

Tutto ebbe inizio nel 1555, quando papa Paolo IV Carafa decise di istituire a Roma un ghetto in cui “rinchiudere” tutti gli ebrei presenti in città. Fece costruire così, tutto intorno alla zona prescelta, posta tra il Tevere e via del Portico d’Ottavia – proprio di fronte all’Isola Tiberina – un possente muro contenitivo, il serraglio, dotato di portoni che venivano chiusi al tramonto e aperti all’alba. Il ghetto rimase in uso fino all’epoca moderna e anzi, durante il corso dei secoli, fu addirittura ampliato, raggiungendo nella sua parte più interna la graziosa piazza Mattei. Fu solo verso la fine dell’Ottocento, che si decise per l’apertura dei cancelli e la demolizione del serraglio. Storia insegna però che per la comunità ebraica la pace non era ancora stata raggiunta, poiché con Mussolini più di 2.000 ebrei furono radunati il 16 Ottobre 1943 davanti al Portico d’Ottavia per essere poi deportati ad Auschwitz. Passeggiando nel quartiere tutta la carica emotiva di questo feroce capitolo della nostra storia emerge da ogni edificio, chiesa e pietra. Nonostante questo però, i pochi ebrei sopravvissuti allo sterminio, decisero di tornare a Roma per ripopolare il proprio quartiere, facendolo rinascere a nuova vita.

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Ciò che oggi colpisce principalmente per imponenza, è certamente la grande Sinagoga, il tempio ebraico più grande di tutta Europa, costruito nei primi anni del 1900 sul Lungotevere, in perfetto stile Liberty con reminiscenze di sapore orientale.

Poco distante si trova invece l’antico Portico d’Ottavia, l’edificio che l’imperatore Augusto fece edificare in onore dell’amata sorella, come luogo sacro e di cultura. Incorniciata tra le antiche colonne del portico, si nota la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, con l’annesso Oratorio dell’Università dei Pescivendoli, i cui nomi sono un chiaro riferimento all’importante mercato del pesce che qui si organizzava già dal Medioevo.

Lungo Via del Portico d’Ottavia, oggi come ieri strada principale del quartiere, si possono trovare numerosi ristoranti di cucina tradizionale khoser, insieme al particolare Tempietto del Carmelo, una piccola edicola settecentesca, usata in epoca papale – come anche la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria – per le prediche coatte a cui erano sottoposti gli ebrei. Addentrandosi nei vicoli, si possono poi ammirare piazza delle Cinque Scole e alcune vie in grado di far rivivere le atmosfere di una volta, come vicolo di Sant’Ambrogio e vicolo della Reginella. Ultima tappa è piazza Mattei, antico confine del ghetto: qui infatti si affacciano i palazzi appartenuti alle ricche famiglie cristiane dei Mattei e dei Costaguti, che in passato avevano il compito di gestire l’apertura e la chiusura dei portoni del serraglio. Al centro della piazza, in tutta la sua eleganza, si presenta la graziosa fontana cinquecentesca delle Tartarughe, opera di Giacomo della Porta e Taddeo Landini, che divenne però celebre grazie all’aggiunta successiva delle famose tartarughe bronzee di Gian Lorenzo Bernini!

A cura de L’Asino d’Oro Associazione Culturale  |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

 

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