
Il finis terrae, la regione estrema dell’ovest continentale europeo battuta dai venti e da un oceano imbizzarrito che svoltando a gomito verso Asturie e costa basca prende il nome di Mar Cantabrico. La terra è verde, le mucche pascolano libere, gli osti versano sidro a cascata, nell’aria risuonano cornamuse mentre il coro intona ballate celtiche. Questa è Galizia, la nave destinata all’Irlanda mai salpata e rimasta ancorata alla Penisola Iberica, ma circondata da onde e maree impetuose dove anche i più abili marinai combattono confusi dal canto delle sirene. Era inevitabile che proprio qui nei secoli sorgessero tanti fari, alcuni arrampicati su strapiombi impressionanti, a spargere luce e certezza di riparo per ogni navigante.
Percorrere le coste galiziane è un’esperienza da provare almeno una volta nella vita, facendo il pieno di scenari emozionanti tra falesie gigantesche e spiagge selvagge, porticcioli appisolati e cornucopie di pesce freschissimo. E, naturalmente, di fari. Un viaggio intenso che merita un racconto dettagliato, e dunque la cesura in due puntate.
Iniziando da est un primo tratto parte dalla graziosa cittadina di Ribadeo alla foce del fiume Eo, confine naturale con le Asturie, e conduce a Viveiro. Sono 90 kilometri battezzati dai due fari di Isla Pancha, uno di anni recenti l’altro di fine secolo XIX. Se non ci facciamo subito irretire dalle specialità marinare di Inlo, tra cui il famoso riso all’astice, ci attendono una serie di belle spiagge, dalla fascinosa playa de Os Castros fino a playa de Augas Santas con maestosi archi di roccia e grotte profonde, per poi arrivare alle panoramiche rovine del castello di Fazouro. Poco oltre si fabbricano le caratteristiche ceramiche di Sargadelos; ma teniamoci il tempo per i prossimi fari. A Cabo San Cibrao cercheremo di sfuggire ai richiami suadenti della sirena Maruxiana, che ogni tanto compare sui Farallóns, gli isolotti prospicienti. Al pari resisteremo al vento sferzante per raggiungere il faro di punta Roncadoira, un luogo dove il ruggito del mare si confonde con lo stormire delle fronde degli eucalipti ritorti e il panorama sulla costa cantabrica può dare le vertigini.
In cerca di posti emblematici si raggiunge la punta di Estaca de Bares, il punto più settentrionale di Spagna, dove l’oceano diventa mare. Spiagge e villaggio invitano a una sosta, anche per visitare diversi mulini tradizionali e l’immancabile faro. Di nuovo sulla costiera, e passata la selvaggia playa de Céltigos, che nel nome reca un lungo tratto di storia, ecco il castello di Punta dos Pratos e il paesino di Puerto Epasante, noto per i prelibati frutti di mare e la musica tradizionale suonata nelle taverne. E’ il momento di lucidare macchina fotografica e obiettivi: una serie di spiagge e pinete ci accompagnano al Cabo Ortegal, non prima di una calata nel villaggio di Cariño per testare la diceria circa una strepitosa zuppa di razza e uno stuzzicante pasticcio di uova strapazzate ai ricci e alghe. Terminata l’indagine appare la nostra meta: il faro sul capo è un’incredibile piattaforma sopra un altissimo sperone roccioso che domina un enorme tratto di mare. Puro godimento estetico. E se ancora non basta, proseguendo fino al mirador di Herbeira saremo sugli strapiombi più alti d’Europa.
Le guide locali ci consigliano ora di invertire la rotta, da ovest verso est. Chi siamo noi per contraddirle? E dunque El Ferrol, la città fortezza inespugnabile presidiata dal castello di San Felipe, dalle strette case tradizionali e le strade in pietra. Poco oltre non è solo natura a richiamare l’attenzione su playa de Doniños. Qui si svolse una grande battaglia tra spagnoli ed inglesi commemorata ogni 25 di agosto. Il prossimo faro è quello di cabo Prior, attivo dal 1853. Nei dintorni spiagge dalle acque cristalline, come As Fontes, Santa Comba, e poi le piccole Sartaña e Medote fino a playa Ponzos, bella, solitaria, apprezzata dai nudisti. Ancora oltre, verso Valdoviño, per incontrare il faro di Frouxeira. Lungo le rocce sottostanti percosse dai marosi si calano coraggiosamente i cercatori di percebes, crostacei orribili e deliziosi, ambiti da ogni gourmand.
La spiaggia successiva è un arenile di 3 Km con una laguna interna frequentata da uccelli acquatici stanziali e di passo. Non lontano si trova la playa de Pantín dove si svolgono i campionati mondiali di surf, e quindi le acque molto più tranquille di Villarube, posticino non male anche per un robusto aperitivo con i citati percebes, magari insieme a una coppa di aromatico Albariño. La carne è debole ma il richiamo dei fari ci spinge avanti, da Cedeira al terrazzo naturale di Santo Antón per una vista grandiosa sulle baie fino alla strada delle “10 curve” che conduce al fanale di Punta Candieira, ammirando un panorama agreste da tramonto romantico e inolvidable. Di ritorno verso Cedeira chi non si accontenta di nutrire soltanto l’anima potrà dedicarsi a qualche interessante specialità: cannolicchi, coda di rospo, tonnetti al pomodoro, empanadas di sfoglia ripiene di baccalà all’uvetta, di tonno o grongo in umido. Giusto comunque prendere forze, la fine del mondo ci chiama, l’ultimo lembo di terra emersa degli antichi romani. E’ il muro poderoso di rocce mastodontiche, intervallate da spiagge incantate, per secoli luogo di naufragio dal nome terrifico, la Costa de la Muerte. [continua]
Testo di Gianfranco Podestà |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com