Guardando le lande ghiacciate e selvagge del Grande Nord, l’occhio del viaggiatore e dello scrittore resta innegabilmente affascinato: la natura è incontaminata, il silenzio rigenerante, la solitudine completa. L’occhio dell’antropologo, invece, ci rimanda una visione diversa. Una visione dotata di profondità storica e geografica e, anche per questo, caratterizzata da tinte cupe e vagamente inquietanti.
Tra realtà e fantasia
È sicuramente questo lo sguardo di Matteo Meschiari, classe 1968, professore di antropologia e geografia all’Università di Palermo e autore di “Artico nero – La lunga notte dei popoli dei ghiacci” (Exòrma 2016). Il libro è composto da sette storie distinte che, come in un romanzo corale, sono in realtà sfaccettature diverse dello stesso racconto. È un’opera che sfugge a una definizione univoca: l’editore la presenta come “antropofiction” e in effetti le narrazioni, a metà strada tra la fiction e il saggio breve, sono frutto di fantasia, eppure i temi politici, sociali, antropologici e ambientali affrontati sono assolutamente veri.
Popoli dimenticati
Le brevi storie sono tutte ambientate nell’estremo nord del pianta: Siberia, Norvegia settentrionale, Groenlandia, isole artiche. Con una scrittura tagliante e appassionante, Meschiari racconta queste terre settentrionali in modo inedito, svelandone lati sconosciuti ai più. Ci parla del riscaldamento globale che sta inesorabilmente sciogliendo ghiacci che credevamo perenni, riportando alla luce resti di civiltà che credevano spariti per sempre: mammut, renne, cadaveri e anche, come in un film horror, batteri e virus ormai dimenticati. Ci racconta anche degli uomini che hanno calpestato queste lande, contaminandole irrimediabilmente. Ci racconta dei Čukči che iniziano a vendere carne di balena ai russi (contravvenendo all’antica regola del proprio popolo, che prevedeva invece un’equa distribuzione) in cambio di inebrianti alcolici. Dei cacciatori che smembrano i vecchi sommergibili nucleari e i camion dell’esercito russo abbandonati nelle baie per ricavarne armi e arpioni e che spesso sterminano gli ultimi esemplari degli animali artici. Degli Inuit avvelenati dall’uranio americano; degli Inupiat trasferiti in case di lamiera, contrariamente alle proprie abitudini e alla propria cultura; degli Jakuti divenuti loro malgrado commercianti di avorio. “Artico nero” non fatica a conquistare il lettore appassionato: la sua atmosfera ricorda a tratti quella di un romanzo noir, in cui la realtà, purtroppo, ha saputo superare di gran lunga l’immaginazione.
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Testo di Cecilia Basile |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Artico Nero – La lunga notte dei popoli dei ghiacci
Di Matteo Meschiari
Exòrma edizioni, 2016
168 pagine
14,50 euro
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