Thailandia. Esperienze e conoscenze

L’aereo che atterra a Phuket passa rombando sulle teste dei vacanzieri stesi al sole nella bellissima spiaggia di Nay Yang. Il rumore assordante viene probabilmente sopportato con buona grazia dai turisti, ma forse costituisce motivo di notevole disturbo per i molti animali del vicino parco nazionale di Sirinat, adagiato fra le colline dell’isola e il mare. Phuket è una delle più grandi isole della Thailandia e le isole sono moltissime lungo l’istmo che condivide con il Myanmar (Birmania) che darà poi forma, allargandosi, alla penisola malacca. Ogni isola (Koh, in lingua Thai) che punteggia questa porzione del Mar delle Andamane è ‘incantevole’, pur se diversa una dall’altra. Lo sono le Surin e le Similan, a nord ovest dell’isola maggiore, entrambe parchi nazionali. Lo sono il gruppetto delle Phi Phi Don e Phi Phi Le, nello specchio di mare a meridione di Phuket e di Krabi; numerose e circondate da un’acqua limpida, profonda e ricca di pesci di tutti i colori che hanno dimestichezza con l’uomo, al punto che arrivano a titillare braccia e gambe di chi nuota; un vero paradiso sommerso, per i sub. Così come deliziosa è l’isola di Rang Yai nella quale si coltivano le perle o, profondamente diversa e famosissima, l’isoletta di Tapu, nella parte nord dell’ampio golfo interno, nella quale è stato ambientato uno dei film cult dell’Agente 007, alias Sean Connery, qui alle prese con un cattivissimo Christopher Lee, a sua volta legato al personaggio cinematografico di Dracula. Isole, quelle di James Bond, che appaiono irreali, tanto sono belle; quasi un capriccio estetico di chi le ha create. Enormi concrezioni di roccia che emergono dal mare simili a pinnacoli verdi dalla base più sottile rispetto alla sommità – grazie al lavorio costante delle onde – che coprono, con le forme più diverse, un’ampia superficie marina. Le spiagge, spesso minuscole, sembrano pennellate di giallo messe lì per ravvivare i colori intensi della roccia e del verde.

Phuket è anche vita e divertimento. Il cielo è quasi scuro quando il pullman scala i tornanti della piccola montagna che separa Phuket da Patong. All’inizio della discesa, il buio sembra dileguarsi mano a mano che il bus scivola fra le mille luci di Patong. Cittadina zeppa di alberghi, famosa per le scuole di sub, con una spiaggia frequentatissima, Patong di giorno è come una qualsiasi località balneare. Ma la musica cambia quando scende la sera. Cambia perché Patong si trasforma in una città “aperta”. Aperti infatti, sin quasi all’alba, sono la miriade di negozi, bar, ristoranti, showroom, uffici di cambio, gelaterie, pizzerie, cibi pronti, uffici postali, discoteche, centri di massaggio e mille altri ancora, che bordano la Thawiwong Road e le arterie che a perpendicolo la tagliano verso l’interno. Tutto è metaforicamente in piazza, a Patong: il regno del taroccato, dell’occasionissima, della contrattazione senza rete; uno dei più famosi del mondo.
Gioielli, orologi, computer tascabili o meno; radio, dischi, borse, borsoni, valigie, scarpe, vestiti, oggetti regalo, attrezzature sportive, da spiaggia e da sub. E ancora: negozi di fiori a fianco di sexy-shop, piccoli antri di cibi pronti prossimi alle “boutique” di Armani, Gucci, Fendi, Vuitton che, tra un modello e l’altro, offrono le immancabili cascate luccicanti di orologi di tutti i tipi e tutti indistintamente muniti di garanzia d’autenticità. In questo paradiso dell’irreale, i turisti si perdono e spendono allegramente, anche se il gioco al ribasso è un rito ripetuto ogni volta. Si sa bene che con quella cifra che ci ostiniamo a ridurre a ogni rilancio, non si paga nemmeno l’idea del prodotto dal nome altisonante che vogliamo acquistare. Ma il rituale è consolidato e qui sta il divertimento. Ad acquisto concluso o escluso o rimandato, i turisti sciamano nel giardino (finto) all’aperto di un ristorante specializzato in pesce o si proiettano fra i tavoli (in strada) di una improbabile birreria bavarese, con le furbe camerierine in tenuta rossa e minigonna, che schizzano veloci sui pattini a rotelle reggendo grossi boccali di birra. Patong, paradiso delle ‘bufale’ a buon mercato, regno dell’oggetto di grido e di quello firmato (contraffatti) per la gioia dei vari Signor Rossi, Smith, Dupont, Schwarz. Alzi la mano, fra chi c’è stato, che non abbia sacrificato qualche baht a questo gigantesco mercatino delle pulci d’oriente.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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